La partita del Milan contro la Juventus, al netto della sconfitta, certifica il valore di una rosa che nelle ultime settimane ha visto alternarsi quasi tutti gli elementi, e ha mantenuto una costanza di rendimento inattesa. Nella sfida ai bianconeri, Pioli ha mandato in campo giocatori come Conti, Colombo e Maldini nel tentativo di ribaltare il risultato, ed erano partiti titolari Dalot e Hauge, che teoricamente fanno parte delle seconde linee; è rientrato in formazione anche Simon Kjaer, sostituito nelle ultime settimane da Kalulu con buoni risultati.
Quest’anno il Milan ha già schierato 25 giocatori e quasi tutti rappresentano delle opzioni importanti per Pioli, anche perché la rosa è costruita per aderire alla proposta di gioco decisa dal club e messa in pratica dall’allenatore; inoltre la squadra è stata allestita anche con una spesa molto ridotta, soprattutto in rapporto ai risultati; ultimo punto da considerare è che la maggior parte dei giocatori rossoneri ha visto crescere il suo valore di mercato da settembre a oggi. Nel Milan il compito di individuare, analizzare e poi scegliere gli elementi migliori per rinforzare l’organico e mantenere una prospettiva di sostenibilità futura è affidato a Geoffrey Moncada, che guida il team di osservatori e che forse è anche l’uomo più rappresentativo delle recenti campagne acquisti rossonere. Non perché sia più importante di Paolo Maldini (direttore tecnico) o Frederic Massara (direttore sportivo), ma perché è il simbolo di un approccio nuovo del Milan alla costruzione della rosa.
Negli ultimi anni il Milan ha perso lo status di superpotenza del calcio, a livello economico e di risultati. Non a caso, esattamente dodici mesi fa il club rossonero è uscito dalla top 20 dei club con i ricavi più alti, i 206 milioni di euro del suo fatturato rappresentavano solo una frazione degli introiti generati da Juventus, Chelsea, Liverpool, Real Madrid, Barcellona. Lo stesso discorso vale per il monte ingaggi, oggi il quinto in Serie A. Per il Milan, dunque, non possono più andar bene i metodi di lavoro del passato, non possono bastare il blasone e il luccichio della bacheca dei trofei per attirare nuovi talenti. Questo cambiamento ha reso necessario una trasformazione radicale anche nella filosofia di mercato, nei metodi di lavoro. «Per questo Elliott ha chiesto di sviluppare l’area sportiva con lo scouting e le statistiche. Quindi abbiamo deciso di creare due aree apposite (che fanno capo rispettivamente a Moncada e Hendrik Almstadt, ndr), l’una lavora con l’altra ogni giorno. Quando uno scout vede un giocatore che gli piace, allora andiamo a vedere i numeri. Quando l’area dati ci riferisce che abbiamo un giocatore forte con i numeri, chiedo agli scout di andare a vederlo», ha spiegato Moncada in un’intervista concessa a Johann Crochet durante un episodio del podcast Prolongation.
Insomma, il Milan non può più recitare la parte del grande club che compra il miglior prospetto sudamericano come fece con Kakà, o un talento brillante del calcio europeo come con Shevchenko. Adesso ha bisogno di studiare il mercato in profondità, di cercare le caratteristiche più adatte alla sua idea di gioco, di mappare i calciatori disponibili – soprattutto quelli accessibili in termini economici – e poi incrociare i dati e individuare l’elemento teoricamente più adatto alle esigenze dell’area tecnica. «Abbiamo dovuto fare un lavoro importante con i giovani, per noi è la strada giusta. Il Milan non investiva così tanto nei giovani: abbiamo dovuto creare questa nuova dimensione», ha detto Moncada.
Quella concessa a Johann Crochet è una delle rare interviste di Geoffrey Moncada. Di lui sappiamo pochissimo: sappiamo che è arrivato al Milan nel dicembre 2018, a 31 anni, dopo sei stagioni al Monaco; in Francia ha iniziato come video analyst e poi è diventato capo della rete di osservatori del club, e prima ancora aveva lavorato per un’agenzia di scouting a Sophia-Antipolis, in Costa Azzurra. L’immagine che possiamo ricavare dalle informazioni a disposizione è quella stereotipata del geek affezionato a numeri, statistiche e dati che sono diventati il suo lavoro, e tanto per non cambiare si dice anche che ami abbinare valori più umani a quelle informazioni fredde: vuole interessarsi a tutti gli aspetti della vita di un calciatore che entra nel suo database, anche il rapporto con la famiglia, l’entourage, gli interessi fuori dal campo.
Si dice anche che Moncada non sia particolarmente propenso ad apparire in pubblico, e infatti non ci sono molte altre dichiarazioni alla stampa: oltre la già citata chiacchierata a Prolongation, durata un’ora e mezza, c’è una sua intervista a The Athletic, uscita in un articolo molto lungo pubblicato a settembre. Dunque non è facile restituire il suo metodo, se non citando alcune delle sue brevi uscite e/o raccontando alcune operazioni specifiche: quella che ha portato Theo Hernandez in rossonero, per esempio, è diventata l’espediente narrativo per definire la meticolosità delle ricerche prima dell’acquisto. «Theo è un giocatore che seguiamo fin da quando militava nelle giovanili dell’Atletico Madrid. Un lavoro durato quattro o cinque anni, considerando anche i prestiti all’Alavés e alla Real Sociedad. L’opportunità di comprarlo è arrivata quando il Real Madrid ha preso Ferland Mendy. Poi Maldini ha fatto un grande lavoro, parlando con i dirigenti del Real Madrid e con lo stesso giocatore».
Qualcosa del profilo di Moncada si ritrova in un articolo de L’Èquipe di settembre 2020, in cui si parla di una nuova generazione di osservatori francesi giovanissimi – oltre a lui c’è il 21enne Maxime Friio, che si occupa del mercato francese per il Brighton. Moncada viene descritto come «una persona con una grande conoscenza dei giocatori e una visione impressionante del calcio, e conosce tutti gli aspetti tecnici del gioco», ma soprattutto viene elogiata la sua capacità di generare profitti attraverso il player trading. «Con un budget limitato ha portato a Milano giocatori tre giovani difensori, tra cui il portoghese Tiago Djalo: acquistato per 500mila euro a gennaio 2019, è stato venduto a una cifra dieci volte più alta al Lille sei mesi dopo», si legge sul quotidiano francese. Generare valore muovendo pedine a tutti i livelli – dai titolari alle riserve e alle giovanili – deve essere il nuovo mantra del mercato rossonero. Da declinarsi anche secondo criteri di velocità: la ricerca dei migliori prospetti è anche una corsa contro il tempo per anticipare gli osservatori di Salisburgo, Dortmund, Lille, Porto, prima ancora dei club più ricchi con i quali non potrebbe esserci competizione.
Il lavoro di Moncada riguarda soprattutto la creazione di valore, sia sul campo – in termini di rendimento – sia economico, cercando in tutto il mondo nuovi asset per la società rossonera. È la nuova strada obbligata del Milan, descritta anche da Ivan Gazidis non più tardi dello scorso ottobre: «Dobbiamo avere una strategia che tenga sotto controllo i nostri costi, migliorando allo stesso tempo le nostre prestazioni in campo. Lo facciamo attraverso l’utilizzo di analisti di dati, scouting e con il nostro staff». Al momento il focus di Moncada sembra la Francia, come testimonia l’arrivo di Pierre Kalulu dalle giovanili del Lione, ma anche di Riad Tahar – anche lui scuola Lione – o Coli Saco, proveniente dal vivaio del Sochaux, entrambi aggregati alla Primavera. Il mercato francese è uno di quelli che negli ultimi anni ha creato i maggiori margini di profitto. Dal 2016 a oggi, tra i cinque maggiori campionati europei la Ligue 1 è quello con il mercato più povero, ma anche l’unico che conta un bilancio in attivo (quasi 200 milioni, secondo i dati di Transfermarkt): è la vera selling league dell’élite continentale – insieme al campionato portoghese e alla Eredivisie olandese, che però spendono circa un quinto della Ligue 1 in acquisti. Ed è lì che Moncada preferisce fare affari.
Nella sessione di trasferimenti appena aperta, il Milan cercherà ancora un acquisto low cost con il duplice obbiettivo di avere un impatto discreto nell’immediato e ambire a un ruolo importante in futuro – proprio come è stato fatto per Hauge o Kalulu. E i nomi che circolano attorno al club rossonero vengono quasi tutti dalla Francia: si parla di Florian Thauvin del Marsiglia (unico over 25), di Sven Botman e Boubakary Soumare del Lille, Imran Louza del Nantes, Mohamed Simakan dello Strasburgo. Ma anche due giocatori del Tolosa, club di Ligue 2: il centrocampista 19enne Kouadio Koné e l’attaccante 18enne Janis Antiste.
Le nuove rotte e le nuove strategie del Milan sono indicative di una squadra che, anche grazie a Moncada, ha saputo e voluto cambiare, ha avuto il coraggio di rinnovarsi nei metodi e nell’approccio. Questa strada non è necessariamente radicata nella cultura e nella tradizione del Milan, ma è sicuramente uno dei pilastri di un presente che guarda necessariamente anche al futuro: dei 13 collaboratori di Moncada, dieci lavorano per la prima squadra e tre sono addetti a cercare talenti giovanissimi, anche under-16. Non a caso nell’ultima sessione di mercato il Milan ha acquistato tre giocatori dalla Svezia: Emil Roback (classe 2003), Lukas Björklund e Wilgot Marshage (entrambi nati nel 2004). Loro rappresentano meglio di ogni altra cosa il lavoro di Moncada e il nuovo Milan, che sta costruendo la rosa con parametri nuovi, quindi con metodi nuovi, che per il momento sembrano funzionare davvero molto bene.