Tre cose sulla 16esima giornata di Serie A

Federico Chiesa, la sconfitta dell'Inter, l'esempio del Benevento.

Federico Chiesa ha spaccato Milan-Juventus

La sfida tra Milan e Juventus è stata divertente, combattuta, equilibrata fino a che non si è esaltato Federico Chiesa. L’ex Fiorentina è stato dirompente, azioni simili a quelle dei due (bellissimi) gol che hanno indirizzato la partita sono state frequenti nel corso della gara, e hanno creato uno squarcio, una distanza netta, tra le due squadre. Il duello con Theo Hernández era molto atteso, si pensava che avrebbe potuto determinare l’andamento della gara, ed è andata proprio così: il terzino del Milan è stato limitato in fase offensiva e non ha saputo reagire bene quando c’era da difendere, mentre Chiesa è stato il giocatore più vivace e decisivo nell’attacco di Pirlo, non solo nella pura fase conclusiva, ma anche per il numero di smarcamenti e corse sulla fascia, per la continuità della corsa, della progressione, per la varietà di soluzioni al tiro – da ricordare anche la traversa colpita nel primo tempo, con un drop dall’interno dell’area di rigore al termine di un’azione casuale. Certo, in occasione dei due gol il primo splendido assist di Dybala e poi il cambio di gioco dell’argentino sono stati decisivi per innescare Chiesa, ma poi servono talento e mentalità per indovinare la porta con il destro e con il sinistro, per trovare due conclusioni in grado di mettere fuori causa Donnarumma, e tutto questo è solo una parte di una partita giocata a un livello superiore in tutte le fasi, praticamente nella sua totalità, fino alla sostituzione con Kulusevski – un cambio fisico a mezz’ora dalla fine, perché Chiesa aveva dato tutto. Era quello che cercava, quello che voleva la Juventus quando ha deciso di acquistare Chiesa, finora la sua capacità di essere così dominante e così esplosivo si è vista solo a tratti, ma se dovesse manifestarsi con continuità, sarebbe difficile limitarlo, e contenere anche tutte le altre grandi risorse a disposizione di Pirlo. Ed è per questo che la vittoria con il Milan è un segnale importante per il campionato, da parte di Chiesa e della stessa Juve.

La sintesi di Milan-Juve

È una Serie A tosta, anche se vinci da otto partite di fila

Poteva essere la giornata delle fughe, dei sorpassi o dei ribaltoni in campionato: invece non è successo niente di tutto questo, con le due squadre di testa rimaste a secco e con una classifica che ai piani alti si accorcia ulteriormente. Più del ko del Milan, fa scalpore quello dell’Inter, che cade dopo otto vittorie consecutive sul terreno della Sampdoria: una sconfitta inattesa, ma anche una grande occasione persa per i nerazzurri per mettere la freccia sui cugini rossoneri e preparare i prossimi due incontri con Roma e Juventus in una situazione più confortevole. Le accuse del post-partita verso l’Inter vanno tutte lì, sulla Lukaku-dipendenza: il belga, non al meglio fisicamente, è entrato solo nella ripresa, con i nerazzurri già sotto di due reti. È fin troppo chiaro il peso specifico dell’ex United nei destini dell’attacco di Conte, evidente sia quando c’è sia quando manca; ma è pur vero che l’Inter di Marassi non è stata affatto condizionata, nel volume di gioco e nella pericolosità offensiva, dall’assenza del suo totem offensivo. Sbagliando con Sanchez il rigore che avrebbe portato i nerazzurri in vantaggio, incanalando il match nella sua direzione più gradita, semplicemente l’Inter si è complicata la vita e ha fatto i conti con un fatto: che in questo campionato non ci sono partite scontate, anche se si è di gran lunga superiori, sulla carta, all’avversario. È un merito di questa Serie A e di quelle realtà che, anche senza qualità diffusa all’interno del suo gruppo, partoriscono idee di gioco interessanti riuscendo a tenere in bilico anche i pronostici della vigilia più incerti. Come è riuscita a fare la Sampdoria: a volte bisogna andare anche oltre il severo scrutinio di chi perde e dare meriti a chi vince.

Sampdoria-Inter 2-1

L’esempio del Benevento

Per parlare del Benevento, è necessario andare oltre i punti in classifica accumulati dalla squadra di Inzaghi in 16 giornate – 21, stessa identica quota raggiunta nel 2017/18, però in 38 partite – e altri numeri bruti. Nel racconto della squadra giallorossa, la cosa più interessante è il cambio di modello rispetto a tre anni fa, alla prima esperienza in Serie A: allora la (doppia) promozione fu un po’ inattesa e quindi fu gestita sull’onda dell’entusiasmo più che della programmazione, sia nel mercato estivo che in quello invernale. La retrocessione con De Zerbi in panchina fu una doppia lezione: il massimo campionato doveva essere affrontato con una squadra di qualità, ma poteva essere anche un fertile giardino delle idee, un luogo in cui è necessario avere dei riferimenti tattici chiari, riconoscibili, per poter andare oltre il proprio livello. Ecco, il presidente Vigorito e il suo staff hanno compreso tutto questo e hanno messo a punto un progetto integrato – tra società, scouting e campo di allenamento – che sta dando dei frutti magnifici. La vittoria di Cagliari, la sesta in sedici partite, quarta in trasferta, è dunque una conseguenza di quanto fatto negli ultimi due anni: Inzaghi gestisce già dal 2019 una squadra già all’altezza della Serie A, a cui dopo la promozione sono serviti solo alcuni puntelli di livello (Glik, Ionita, Caprari, Lapadula) per poter confezionare un andamento tranquillo, per non dire lussuoso; anzi, altri acquisti che sembravano poter fare la differenza – Foulon, Iago Falque e Bryan Dabo – non si sono ancora imposti, fanno fatica a emergere in una squadra che pratica un gioco sempre propositivo, mai speculativo, che cerca di esaltare e non comprimere il talento. E che può contare su tantissime risorse: i sanniti hanno mandato in gol dieci giocatori diversi, in Sardegna è toccato a Sau e a Tuia, teoricamente due alternative, due reduci dalla grande cavalcata dello scorso anno che però – come molti loro compagni – stanno dimostrando di essere all’altezza della Serie A, di poter essere parte di un progetto che va oltre la semplice ricerca della sopravvivenza, piuttosto vuole creare valore – tecnico e finanziario – attraverso il gioco, attraverso l’ambizione. E che potrebbe rappresentare un esempio virtuoso per tutte le squadre che si affacceranno alla Serie A, nei prossimi anni.

La rimonta del Benevento a Cagliari