Le tensioni politiche in Bielorussia hanno avuto una prima, significativa ripercussione nel mondo dello sport: la Federazione Internazionale di Hockey su ghiaccio (IIFH) ha infatti deciso che il prossimo campionato mondiale, in calendario dal 21 maggio al 6 giugno 2021, non si svolgerà più a Minsk, designata come città ospitante della manifestazione insieme a Riga – capitale della Lettonia. Nel comunicato ufficiale diramato per spiegare questa decisione, vengono citate «le crescenti preoccupazioni in materia di sicurezza e protezione, legate sia ai crescenti disordini politici che alla pandemia da Coronavirus».
Si tratta di una notizia improvvisa, o meglio di una virata netta da parte della Federazione. Pochi giorni fa, infatti, il presidente IIFH, René Fasel, è stato ospite a Minsk, e in seguito ha speso speso parole positive nei confronti di Lukashenko, formalmente presidente della Bielorussia: «Personalmente, penso che molte persone stiano sottovalutando le capacità del governo di Minsk nel percorso di modernizzazione del Paese e nella costruzione di una nuova costituzione». In seguito, però, Fasel si è detto «imbarazzato» dal fatto che Lukashenko l’abbia accolto senza utilizzare alcun dispositivo di protezione individuale per evitare il contagio da Covid-19: nelle foto dell’incontro non c’è nessuno che porta la mascherina e il presidente Fasel viene abbracciato in maniera calorosa dallo stesso Lukashenko e da tutti i suoi collaboratori.
Evidentemente Fasel ha cambiato idea, o magari gli sono state fatte delle pressioni perché cominciasse ad andare in un’altra direzione: secondo quanto riportato dalla Zeit, infatti, alcuni sponsor storici della Federazione internazionale avrebbero minacciato di rompere i loro accordi commerciali se la Bielorussia fosse stata confermata come nazione co-ospitante. Uno di questi è il marchio automobilistico Skoda, che in un comunicato ufficiale ha spiegato come fosse «da 28 anni un partner orgoglioso dei Mondiali di hockey», ma anche «un’azienda che promuove e cerca di far rispettare i diritti umani». Il riferimento al clima di repressione imposto da Lukashenko è velato ma evidente: il 9 agosto scorso, il presidente bielorusso – al potere dal 1994 – è stato formalmente rieletto per un sesto mandato con il 79,23% dei voti; fin dalla presentazione dei candidati sono state organizzate delle manifestazioni di protesta a Minsk e in tutto il Paese, in seguito le elezioni sono state contestate dal popolo e anche da altre istituzioni internazionali (tra cui il Parlamento Europeo); durante le continue manifestazioni post-voto, sono state picchiate e arrestate moltissime persone (secondo questo articolo del Post, anche mille in un solo giorno), si sono contati cinque morti, 300 feriti e circa 80 dispersi tra i rivoltosi, e inoltre moltissimi leader dell’opposizione sono stati costretti a lasciare il Paese. In seguito alla decisione della Federazione Internazionale di hockey, uno di questi leader, Svetlana Tikhanovskaya, ha scritto su Twitter che «la scelta di cancellare i Mondiali in Bielorussia è molto saggia: bisogna sostenere i diritti umani e non cooperare con il regime in Bielorussia».