Tre cose sulla 20esima giornata di Serie A

La bellezza di questa Serie A, la nuova forza della Lazio, il ritorno di Destro.

Giocare ogni tre giorni, quest’anno, è un vantaggio

Un turno dove vincono tutte le prime sei in classifica dà l’idea di come il gruppo battistrada del campionato sia solido e competitivo; e ancora, di come, al di là di distanze e ritardi in fatto di punti, questo torneo sia realmente imprevedibile, e come tale aperto a ogni tipo di scenario da qui a maggio. È una condizione che deriva inevitabilmente da un gap che si è accorciato tra la Juventus, dominatrice della Serie A da quasi un decennio a questa parte, e le altre, Inter in primis; ma poi ci sono gli exploit, come quello del Milan, le conferme importanti e pure il fatto che questo campionato – con un suo calendario estremamente fitto, e la percezione che non ci sia stata un’autentica interruzione con la coda della stagione scorsa – non è uguale a tutti gli altri. E perciò la bellezza di questa Serie A sta anche in questo: nel fatto che può succedere di tutto perché nessuno ha più il tempo di esultare o abbattersi, non c’è occasione per metabolizzare quanto successo solo poche ore prima. Il fatto di giocare ogni tre giorni allontana tensioni, preoccupazioni o sopravvalutazioni varie per mettere solo il campo al centro dell’attenzione: così la forza delle squadre prende il sopravvento sul contorno, e il caso del Napoli – squassato da tensioni che Gattuso non ha avuto timore di esternare al termine del match vinto contro il Parma – lo racconta alla perfezione, con una squadra che appare sempre sull’orlo di una crisi di nervi e poi immancabilmente torna a fare le cose per bene. Lo stesso Milan capolista ha vissuto una settimana travagliata tra la debacle interna contro l’Atalanta e l’eliminazione in Coppa Italia contro l’Inter, con tutti gli strascichi della vicenda Ibra: quattro giorni dopo però non ha fallito la prova contro il Bologna. E che dire della Lazio? Eliminata dall’Atalanta appena tre giorni fa in Coppa, si ripresenta sullo stesso campo contro lo stesso avversario e la musica cambia completamente.

Per la Lazio era solo questione di tempo

A volte basta un confronto semplice per capire che sì, anche nel calcio possono cambiare tante cose nella stessa stagione. Un girone fa, primo turno di campionato, l’Atalanta passeggiò e vinse sul campo della Lazio mostrando una superiorità – fisica, tecnica, tattica – a tratti imbarazzante. Il 4-1 confezionato dagli uomini di Gasperini all’Olimpico fu il preludio a un inizio difficile per Inzaghi e la sua squadra, che nella prima parte di stagione alternarono infatti grandi prestazioni – soprattutto in Champions League – a partite giocate davvero male, e infatti sono stati smarriti dei punti contro Sampdoria, Udinese, Verona e Benevento. Poi, come detto, le cose sono cambiate: la riduzione degli impegni – anche se solo momentanea – e il rientro degli assenti hanno permesso a Inzaghi di trovare una nuova quadra, di concludere l’ennesima rivoluzione al suo progetto tattico. Siamo ai giorni nostri, alle due partite consecutive di Bergamo giocate ad armi pari contro una squadra in gran forma, al culmine di un filotto da quattro vittorie consecutive in campionato. È arrivata anche la quinta, grazie a un piano gara studiato nei minimi dettagli – come da storica abitudine di Inzaghi – e alla ricettività dei calciatori, quelli che c’erano e quelli che sono arrivati dopo, rispetto alle indicazioni del loro allenatore: l’Atalanta, ieri, è stata contenuta in maniera magistrale e poi è stata infilata una, due, tre e più volte con azioni studiate a tavolino e perfettamente attuate in campo. Non a caso, Immobile è stato utilizzato come uomo-sponda e rifinitore, non solo come terminale offensivo; Luis Alberto non ha lavorato solo come suggeritore-trequartista, ma (sempre più) come un vero regista a tutto campo; Milinkovic-Savic ha ritrovato brillantezza e tempismo negli inserimenti; e poi l’inserimento dei nuovi, di Reina (eccellente come prima fonte di gioco, oltre che come portiere) come dei subentranti Pereira e Muriqi, giocatori ormai perfettamente calati nei meccanismi di una squadra che da anni sembra giocare a memoria ma in realtà impara e fa vedere sempre qualcosa di nuovo. Magari non riesce a farlo subito, magari ha i suoi tempi, ma poi porta a termine questo adattamento e diventa difficilissima da affrontare e da battere, per tutti. Sta accadendo di nuovo, è accaduto di nuovo, evidentemente era solo questione di tempo.

Atalanta-Lazio 1-3

 

L’inatteso e formidabile ritorno di Mattia Destro

La carriera di Mattia Destro è stata formidabile, in senso positivo e in negativo: ha avuto un’ascesa fulminante e poi è finita nella polvere nello stesso modo, veloce e spettacolare; Destro era stato eletto attaccante del futuro per il calcio italiano e poi è diventato l’epitome della promessa non mantenuta, fino al punto da essere completamente dimenticato. Ora, però, questo cerchio che sembrava essersi definitivamente chiuso è stato riaperto: dal Genoa, da Ballardini, dallo stesso Destro, capace di ritrovarsi all’improvviso e di diventare il terzo miglior attaccante italiano di Serie A dopo Immobile e Belotti – che non a caso sono i titolari della Nazionale. Il punto è che anche questo ritorno è stato formidabile quanto inatteso: Destro ha realizzato i suoi nove gol dal 16 dicembre a oggi, grazie all’efficacia del tandem con Shomurodov, al nuovo assetto inventato da Ballardini, ma soprattutto grazie a lui, alle sue intuizioni in area di rigore, alla sua capacità di leggere in anticipo la direzione del pallone, di muoversi per poterlo stoppare/giocare/deviare e poi battere il portiere avversario. Sì, i trent’anni sono in arrivo (li compirà il prossimo 20 marzo) e quindi è difficile pensare a una resurrezione completa, a una conferma in extremis di tutte le premesse e le promesse giovanili. Ma questa rinascita, oltre a portare il Genoa in una posizione (molto) più comoda di classifica, sta mostrando anche come Destro, forse, abbia sofferto non solo delle proprie debolezze, ma anche di un contesto che non ha saputo comprenderlo, valorizzarlo; forse sarebbe servito dargli più fiducia, magari oggi non avrebbe vissuto tanti anni così malinconici, magari avrebbe segnato di più, di certo non avrebbe avuto bisogno di un mese e mezzo così pirotecnico, con una media gol fuori dal mondo, per tornare a essere un attaccante prolifico, anzi decisivo, pure in Serie A.

L’ultima impresa di Destro: doppietta in Crotone-Genoa 0-3