Tutta l’India ce l’ha con Robbie Fowler

La nuova esperienza con l'East Bengal, squadra di Calcutta, è avvelenata dalle sue polemiche contro i calciatori, le usanze locali e soprattutto gli arbitri.

Nella sua nuova carriera da allenatore, Robbie Fowler ha lavorato in Thailandia, Australia e ora si è trasferito in India. Ciò che non è cambiato, però, sono i suoi atteggiamenti un po’ eccessivi, diciamo pure provocatori. Se ne stanno accorgendo compiutamente anche a Calcutta, dove ha sede la sua nuova squadra, l’East Bengal: Fowler è diventato il nuovo tecnico del club indiano il 9 ottobre 2020, e da allora ha fatto letteralmente impazzire il calcio locale, alternando dichiarazioni contro gli arbitri ad attacchi frontali verso le usanze locali e addirittura i suoi giocatori. Il tutto, tra l’altro, senza raggiungere grandi risultati: l’East Bengal è penultimo in classifica con 13 punti accumulati in 15 partite, ma non rischia la retrocessione, perché l’Indian Super League è una lega chiusa, che cambia il proprio organico solo attraverso fusioni ed espansioni – l’East Bengal è stato infatti ammesso come 11esimo club del campionato proprio alla vigilia di questa stagione.

Anche per via di questo rendimento scadente, Fowler è sempre stato particolarmente nervoso. In molte occasioni, per esempio, ha criticato duramente i suoi giocatori: dopo la sconfitta del 2 febbraio (0-2) contro il Bengaluru, ha detto che «gli unici a lottare, in campo, sono stati gli avversari. Alcuni dei nostri hanno fatto davvero una pessima partita, e questo è stato estremamente deludente». Ma per Fowler non è sempre colpa dei giocatori, piuttosto è l’etica del lavoro locale a non convincere l’ex attaccante del Liverpool: appena arrivato all’East Bengal, ha detto che «i calciatori qui non sembrano in grado di allenarsi, è come se non l’avessero mai fatto prima. Noi lavoriamo per cercare di migliorare il livello degli atleti e del calcio indiano in generale, per riuscirci serve un buon allenatore, e non credo che una figura del genere ci sia stata negli anni passati». Il bersaglio preferito di Fowler sono però gli arbitri: al termine di molte partite si è lamentato dei presunti soprusi nei confronti della sua squadra, poi dopo il pareggio (1-1) del 29 gennaio contro il Goa si è detto «frustrato dalle decisioni prese dal direttore di gara. Non sono sicuro sia un anti-inglese, ma di certo non ci ha dato nessun aiuto. Non è possibile che commettano errori molto gravi a ogni partita dell’East Bengal». Per via di queste parole, Fowler è stato multato e squalificato per quattro giornate dal Comitato disciplinare della Federcalcio indiana, che ha definito «grossolane, inconcepibili e maliziose» le sue parole.

Fowler si è scusato ma si è anche difeso, spiegando che questi suoi atteggiamenti puntano a «difendere i giocatori e il club». Anche per questo si scontra spesso con analisti e giornalisti locali, che dopo ogni partita gli rimproverano di parlare solo degli arbitri, di protestare troppo durante le partite quando in realtà i problemi dell’East Bengal sono essenzialmente tecnici. È evidente che Fowler tiene molto al suo nuovo lavoro, a quella che considera una missione, anche se lo fa a modo suo – e non è un modo particolarmente ortodosso. Anche in un’intervista al Guardian ha confermato le problematiche di adattamento culturale ed etico al suo nuovo ambiente, soprattutto nel rapporto con i suoi giocatori: «Sto cercando di costruire una squadra che abbia un’identità, che i calciatori sviluppino il proprio potenziale, ma non è facile. Loro devono abituarsi ai miei metodi e io devo adattarmi ai loro costumi: in Inghilterra gli atleti crescono mangiando pasta, pollo e piatti proteici, ma qui vogliono ancora ricette con il curry, quindi ci vorrà un po’ di tempo per essere sulla stessa lunghezza d’onda. Ma sono ambizioso, lo ero da giocatore e lo sono ora da allenatore: voglio essere migliore di chiunque altro».