È giusto che i gol in trasferta valgano (ancora) doppio?

Una regola in uso da sempre, che oggi rischia di danneggiare lo spettacolo in campo. E che, con molte squadre costrette a non poter giocare in casa per via della pandemia, semplicemente non ha senso.

I gol in trasferta valgono doppio, ce lo dicono da sempre: è una legge immarcescibile del calcio come sono undici i giocatori che vanno in campo per squadra. In un’epoca che ha visto questo sport piegarsi a nuove esigenze, e sappiamo quanto il mondo del calcio sia refrattario alle trasformazioni, la regola del gol in trasferta è rimasta intoccabile, inaccessibile. È così da sempre, appunto, e nemmeno ci ricordiamo – o sappiamo – il perché. La regola fu introdotta nella Coppa delle Coppe del 1965, quando ancora non si scomodavano supplementari o rigori ma si andava a un terzo match di spareggio in caso di parità tra gol segnati e gol subiti. Per ridurre l’eventualità meglio lasciar fare alla legge del gol doppio, che rappresentava anche un incentivo per lo spettacolo: ai tempi, la quasi totalità delle squadre rinunciava ad attaccare in trasferta, preferendo trincerarsi dietro caute tattiche difensiviste. Si può dire che la decisione di assegnare tre punti a vittoria sia partita da simili premesse.

In questi giorni, il tema non è solo filosofico, ma anche pratico: la pandemia ha allentato il peso del fattore campo – con le gare che si disputano a porte chiuse – e le restrizioni tra territori nazionali hanno “dirottato” alcune partite in campi neutri. Per esempio, nelle prossime settimane di Champions ed Europa League, ci saranno Atlético-Chelsea a Bucarest, Lipsia-Liverpool e Borussia Mönchengladbach-Manchester City a Budapest, Arsenal-Benfica a Roma, Real Sociedad-Manchester United a Torino. Come si può parlare di gol in casa o in trasferta se decade il concetto stesso di partite in casa e in trasferta?

È uno dei paradossi che il calcio europeo è costretto a trascinarsi dietro in tempi di emergenza, ma è anche una questione lasciata cadere nel vuoto, senza che l’Uefa abbia preso realmente una posizione o sia anche solo intervenuta nel merito: si fa così e basta, non c’è ragione di cambiare, sembra essere la lettura che trapela dal silenzio dell’organismo. Nonostante, non molti mesi fa, l’Uefa si sia dimostrata in grado di rispondere prontamente a uno scenario eccezionale: con l’organizzazione della Final Eight per Champions ed Europa League, per esempio, con partite secche in campo neutro. Non si è mai fatto, non si è mai visto, ma è stata la soluzione più ovvia e intelligente al punto che non si è levata nemmeno una voce contraria.

E dire che dell’argomento gol in trasferta se ne dibatte da tempo, e questo poteva essere il momento opportuno per una riflessione più allargata. Le motivazioni che spinsero a introdurre questa regola – le squadre, ai tempi, avevano persino timore nel viaggiare – sono decisamente superate. In un torneo come la Champions, soprattutto nella fase a eliminazione diretta dove le squadre esprimono una competitività diffusa, dai valori tecnici molto vicini, segnare un gol in trasferta ha un significato identico al farne uno in casa – l’atteggiamento, l’approccio, la mentalità sono le stesse in qualsiasi stadio, se si parla di squadre evolute e con un’identità definita come accade oggi. Perché, dunque, dovrebbe avere un peso diverso?

«Il primo problema con la regola dei gol in trasferta, semplicemente, è che non è giusta», scriveva anni fa Jonathan Wilson. «Rende alcuni gol più importanti di altri. Se rendesse le partite più belle ed emozionanti, magari questa legge illogica potrebbe essere tollerata. Ma non lo fa: anzi, ottiene l’esatto contrario del motivo per cui è stata concepita». Lo spiegava molto bene Arsène Wenger, uno di quelli che vi avrebbe volentieri rinunciato: «Penso che la regola dei gol in trasferta abbia assunto un ruolo tattico fin troppo importante. Le squadre che pareggiano 0-0 in casa sono felici del risultato. Anziché portare un effetto positivo questa regola è stata sfruttata eccessivamente nel calcio moderno, in un modo che ha avuto l’effetto opposto allo scopo che, originariamente, avrebbe dovuto avere».

Diego Simeone esulta ad Anfield, dopo il passaggio del turno dell’Atlético nella scorsa Champions contro il Liverpool. A fine partita, il tecnico argentino ha criticato la regola che, di fatto, gli ha permesso di eliminare i Reds (Julian Finney/Getty Images)

In definitiva: la regola che avrebbe dovuto favorire lo spettacolo, di fatto lo scoraggia. Lo abbiamo visto anche di recente, nelle semifinali di Coppa Italia: il Napoli, nel match di andata in casa contro l’Atalanta, ha apertamente giocato per lo 0-0, semplicemente rinunciando ad attaccare. Nell’altra semifinale, la Juve ha speculato sulla vittoria per 2-1 raccolta a San Siro: all’Inter sarebbero servite almeno due reti, e così i bianconeri, nella gara di ritorno, hanno semplicemente badato a non prenderle, con la qualificazione già in tasca nell’ultima parte di gara, scivolata definitivamente nella noia, ancor prima del fischio finale. Già, un altro degli “effetti indesiderati” del gol che vale doppio in trasferta è questo: rende meno incerte certe qualificazioni su doppio turno, con i finali di partita che diventano già scritti.

Un po’ come è stato – e qui parliamo di un caso limite – l’ottavo di finale della scorsa edizione di Champions tra Liverpool e Atlético. Al termine dei 180 minuti tra andata e ritorno (0-1 e 1-0), la sfida era in perfetta parità, con i supplementari che si rendevano necessari. Firmino ha segnato il 2-0, quindi l’Atlético ha segnato due volte: al 2-2 di Llorente, in chiusura di primo tempo supplementare, la partita era già finita. Perché il Liverpool avrebbe dovuto segnare non una volta per qualificarsi, ma due: giocare il match di ritorno in casa è stato dunque uno svantaggio per i Reds, perché il supplementare conserva la regola del gol in trasferta. Se la partita di ritorno si fosse giocata a Madrid, il Liverpool sarebbe stato pienamente in corsa anche sul risultato di parità. Al punto che lo stesso Simeone, pure uscito vittorioso, aveva sottolineato: «La regola dei gol in trasferta è ingiusta: il Liverpool ha avuto trenta minuti in meno rispetto a noi per realizzare una rete fuori casa, che nel computo totale vale doppio. In questo caso ci ha favorito, ma in futuro potrebbe danneggiarci».

Se pure vogliamo ignorare quanto la regola possa togliere allo spettacolo e alla tensione, rimane il concetto più volte ribadito: è ingiusta. Nel calcio di oggi, almeno, dove non serve più un incentivo per giocarsela a viso aperto in trasferta. Il Tottenham che due anni fa raggiunse la finale di Champions beneficiò due volte della norma: nei quarti contro il Manchester City e in semifinale contro l’Ajax. Due incroci altamente spettacolari, imprevedibili e ancora oggi impressi nella memoria: ma se doveste rievocarne l’epica, in che modo potrebbe aiutarvi il fatto che tutto sia stato deciso da una regola introdotta per la Coppa delle Coppe del 1965?