Tre cose sulla 25esima giornata di Serie A

La forza dell'Inter, il calo del Milan, Sassuolo e identità di gioco.

 

La calma e le risorse dell’Inter

Quando una squadra può dirsi veramente grande, o anche pronta per vincere? Ovviamente non esiste una risposta unica e univoca a questa domanda, tutti hanno una visione – giustamente – diversa in merito a certi aspetti dell’analisi calcistica. Partite come Parma-Inter, però, hanno un peso diverso, maggiore, nel senso che danno un’indicazione chiara: non solo gli uomini di Conte lotteranno fino alla fine della stagione per vincere lo scudetto – questa era una cosa risaputa da tempo, prima dell’inizio del campionato – ma ora sono diventati anche i favoriti, anzi possono coltivare l’ambizione di dominare il finale di stagione in maniera piuttosto realistica. I punti di vantaggio su Milan (sei) e Juventus (dieci, potenzialmente sette) incidono su questa valutazione, ma in maniera relativa, soprattutto rispetto alla sicurezza, alla tranquillità assoluta raggiunta dai nerazzurri: a Parma, contro un avversario alla ricerca di punti necessari per sopravvivere, l’Inter non si è mangiata la partita – come è accaduto altre volte nel corso di quest’ultimo segmento di stagione – piuttosto l’ha controllata, l’ha gestita, con la calma del più forte; poi l’ha vinta, grazie al solito Lukaku, al suo calcio ormai collaudato, ma con il contributo determinante di un giocatore (Alexís Sánchez) che di solito inizia le partite in panchina, ma che in realtà farebbe il titolare nella stragrande maggioranza delle altre squadre di Serie A. La forza dell’Inter è proprio questa, nasce nella rosa abbondante – in panchina a Parma c’erano Lautaro Martínez, Kolarov, Sensi, Young, Vidal, Darmian – ma si esprime anche nei meccanismi cercati e trovati da Conte grazie al lavoro sul campo, attraverso epurazioni inizialmente dolorose (Eriksen), esperimenti continui (Perisic e lo stesso Eriksen), altre esclusioni (ora tocca a Vidal e Kolarov stare ai margini). Insomma, l’Inter è una squadra che si è evoluta per arrivare a questo punto della stagione in questa condizione di evidente superiorità, che per farlo ha forse sacrificato anche il passaggio della fase a gironi in Champions League, una situazione scomoda a cui però Conte e i suoi uomini hanno reagito in maniera esemplare. Anche questo è un segnale: l’Inter sembra davvero essere pronta per vincere.

Parma-Inter 1-2

Perché il Milan sta tirando il fiato

Calabria, Bennacer, Saelemaekers, Calhanoglu, Ibrahimovic: questi i giocatori del Milan assenti (inizialmente o del tutto) per la gara contro l’Udinese. Ovviamente infortuni e squalifiche e rotazioni non possono, o meglio non dovrebbero rappresentare un problema per una squadra in lotta per lo scudetto, oppure la squadra in questione non potrebbe essere in lotta per lo scudetto. Con il Milan, però, va fatto un discorso diverso: Pioli e i suoi uomini hanno vissuto poco meno di un anno in overperforming, nel 2021 hanno iniziato a rallentare (sette punti nelle ultime cinque gare di Serie A, sedici nelle ultime dieci contro i 23 dell’Inter) e ora è come se stessero restituendo parte della loro qualità, della loro forza, sull’altare di un inevitabile calo fisiologico. Un calo che, a sua volta, è stato in qualche modo “agevolato” da un periodo ricco di partite – il Milan ha passato anche il turno di Europa League contro la Stella Rossa, peraltro senza incantare – e dalle assenze di cui sopra. Il concetto chiave da comprendere è quello dell’overperforming: Pioli aveva e ha a disposizione una rosa di calciatori che si combinano e si amalgamano tra loro in maniera logica, armonica, con grandissime punte di talento (Ibrahimovic su tutti, ovviamente, ma anche Bennacer, Calhanoglu, Theo Hernández, Kessié, Donnarumma, Leão) ma anche con una qualità media forse non ancora all’altezza della lotta-scudetto. Finora il gap con la vetta della classifica era stato colmato grazie a prestazioni – individuali, e quindi collettive – superbe, a una continuità di risultati impressionante che, però, poteva essere mantenuta solo tenendo altissimi gli standard di rendimento, dei giocatori migliori e di quelli che si sentivano trascinati. Contro l’Udinese, non a caso, la squadra di Pioli ha continuato a mostrare il gioco aggressivo e verticale degli ultimi mesi, i rossoneri hanno prodotto diverse occasioni, solo che sono stati meno precisi e quindi meno efficaci nei momenti decisivi in attacco e in difesa, quelli in cui contano i dettagli, quelli in cui il talento e/o l’entusiasmo e/o l’energia in eccedenza fanno la differenza. Il Milan, dunque, ha perso terreno dall’Inter e esce ridimensionato nella lotta scudetto di quest’anno, ma restano immutate qualità e futuribilità del suo progetto. Non è un modo per vedere il bicchiere mezzo pieno, ma un patrimonio di verità su cui la società può costruire il suo futuro, anzi lo sta già facendo.

Milan-Udinese 1-1

Del Sassuolo, ovvero credere in quello che si fa

Del Sassuolo, probabilmente, ce ne siamo dimenticati in fretta: dopo un avvio di campionato travolgente, che lo ha portato nelle prime giornate fino al secondo posto, le vittorie sono venute a mancare a poco a poco – appena due nelle dieci uscite del 2021. Nonostante questo, la stagione del Sassuolo rimane un altro ottimo esempio di come si costruisce bene una squadra e di come la si fa rendere al meglio: appena sei sconfitte fin qui (solo le prime quattro ne hanno subite di meno), e a due terzi di campionato i neroverdi sono praticamente salvi. Oltre i risultati, l’impianto di gioco di De Zerbi è stato la stella polare in qualsiasi situazione, anche in quelle più complicate: spesso si crede che alcuni aspetti del gioco dell’allenatore neroverde – la costruzione dal basso, la pressione alta, il gioco di posizione – siano un “abbellimento” quando le cose funzionano al meglio, e invece sono proprio i principi su cui si fonda la competitività di una realtà che, altrimenti, non avrebbe quanto di buono raccolto finora. Non si gioca in un certo modo tanto per, e di conseguenza non si cambia appena le cose non vanno più bene. Anche la partita contro il Napoli, una delle più belle e imprevedibili di questo campionato, lo ha messo in mostra: al di là del fatto che il Sassuolo a un certo punto meritava la vittoria, dopo aver colpito ben due legni con Berardi e Caputo sul 2-1 a favore, la squadra di De Zerbi ha messo in mostra la sua faccia migliore, e l’azione da cui è scaturito il primo rigore ne è un ottimo esempio. Nelle ultime settimane, complice qualche episodio non proprio fortunato, il concetto di costruzione dal basso è stato messo sotto accusa: beh, il Sassuolo ha mostrato in tutta evidenza come l’acquisizione di certi automatismi è la via maestra per giocare un buon calcio e per ottenere risultati.

Un’azione bellissima