Non c’è nessun altro giocatore come Phil Foden

A meno di ventuno anni, gioca in tutte le posizioni ed è sempre decisivo: per questo è già uno dei simboli del Manchester City di Guardiola.

Si può parlare di rivelazione definitiva, di maturazione completata, per un calciatore che non ha ancora compiuto 21 anni? Nel caso di Phil Foden, forse non è del tutto esagerato, del resto già tre anni fa era considerato il talento più promettente del calcio inglese, oggi ha già raggiunto e superato quota 100 gare da professionista con il Manchester City (è arrivato a quota 110) e ormai è un elemento centrale in una squadra di Guardiola, un titolo che ormai può essere considerato una certificazione di eccellenza, nel calcio di oggi.

Guardiola, già: qualche tempo fa, il tecnico spagnolo ha descritto Foden con una delle sue solite iperboli da conferenza stampa, dicendo che «Phil è il giocatore con più talento che io abbia mai allenato». In tanti, allora, sorrisero e stuzzicarono Pep – ovviamente a distanza – ricordandogli che qualche anno fa ha lavorato con Leo Messi al Barcellona, per non parlare di Xavi, Iniesta, Dani Alves, Robben, Neuer, Ribery, Thiago Alcántara e tutti i campioni passati dal suo Manchester City. Oggi quelle parole restano ancora iperboliche, ovviamente, ma il campo e il rendimento di Foden le stanno lentamente avvalorando, anzi neanche tanto lentamente.

Il punto è che non c’è nessun altro giocatore come Phil Foden. Nel Manchester City, forse pure in Premier League e in tutti gli altri grandi campionati europei. È un’evidenza tattica, primariamente: Foden, in questo momento, non ha un ruolo. O meglio: sa fare tutto, lo puoi schierare dappertutto, persino un algoritmo inevitabilmente quadrato e quindi limitato come quello di Transfermarkt dice che Foden, in questa stagione, ha giocato in sei posizioni diverse dal centrocampo in su. Ovviamente la realtà è molto più semplice: nel City di Guardiola, le spaziature in fase offensiva sono così fluide e intercambiabili che Foden deve e sa farsi trovare in tutte le zone del campo, deve e sa assolvere tutti i compiti tattici. Nell’ultima gara contro il Mõchengladbach, per esempio, ha agito soprattutto da laterale offensivo a sinistra, su quello che in teoria sarebbe il suo piede forte, ma poi l’assist per il gol di Gündogan è arrivato al termine di un’azione nata al di qua del cerchio di centrocampo.

Proprio l’azione che ha portato avanti al secondo gol del Manchester City spiega cosa si intende quando diciamo Foden abbia pochi eguali, in questo momento: come detto, Foden riceve un pallone nella propria metà campo, tra l’altro quando è spostato verso destra più che verso sinistra; il passaggio che gli fa Stones è piuttosto veloce e rischioso, del resto non c’era altro modo per superare il pressing alto degli avversari senza buttare via il pallone, ma Foden approfitta di questa apparente difficoltà per costruirsi un vantaggio, infatti il suo stop avviene quando il pallone ha già superato la sua figura e lui è già girato verso la porta avversaria, così che Neuhaus, il suo marcatore diretto, sia fuori causa e non possa fare altro che tentare il tackle in scivolata per fermarlo. Solo che Foden ha la tecnica giusta perché quel controllo apra il campo davanti a sé, e la fisicità perché l’immediato cambio di ritmo renda inutile il goffo tentativo di Neuhaus, esattamente come il rientro immediato di tutti i giocatori del Borussia. A quel punto, Foden galoppa in una prateria, Gündogan sa come inserirsi e Foden ha la visione e la sensibilità per servirlo con i tempi giusti. Il (mezzo) no-look è un puro orpello a un’azione in conduzione che non è solo efficace, ma è anche di bellezza superiore, un’azione frutto dei meccanismi ideati da Guardiola, certo, ma soprattutto della qualità di un giocatore che a vent’anni ha già piena padronanza di sé, del Manchester City, di una partita di Champions League.

Lezone di primo controllo

In questa stagione, Foden ha segnato sei gol e servito cinque assist in Premier League, e questi numeri fanno di lui il giocatore Under 21 della Premier più coinvolto in un’azione decisiva; anche nelle altre competizioni mantiene la stessa media (cinque gol e quattro assist tra Champions League, FA Cup e Carabao Cup), quasi come a voler confermare che per lui non esistono differenze, che per lui ogni partita ha lo stesso valore, lo stesso coefficiente di difficoltà, e allora va giocata allo stesso modo. Basta riguardare i suoi primi video-skills su Youtube (questo, per esempio) per capire che è proprio così, che è così da sempre, che la sua immensa qualità nello stop orientato, nel primo tocco che taglia fuori gli avversari e moltiplica le possibilità offensive appartiene al suo bagaglio tecnico fin da quando giocava con la squadra riserve, con la Nazionale inglese Under 17 (vincitrice dei Mondiali di categoria quattro anni fa, con Foden vincitore del Pallone d’Oro del torneo). Insomma, c’era un’ottima base su cui costruire qualcosa di grande, servivano solo tempo e lavoro, magari con un allenatore in grado di comprendere e ampliare il talento di un giovane. Con Guardiola, nell’incubatrice perfetta del Manchester City, è andata e sta andando proprio in questo modo.

Forse Pep, parlando di Foden, si è espresso con parole così impegnative proprio perché ha visto in lui un giocatore potenzialmente fortissimo e pure molto vicino al suo calcio, perché ha pensato di poter gestire un talento che, se raffinato, avrebbe reso Foden un elemento perfetto per lui, per il suo Manchester City. In effetti la (nuova) trasformazione dei Citizens in una squadra apparentemente imbattibile è avvenuta in parallelo allo sviluppo di Foden, alla sua affermazione come giocatore centrale del progetto, pur senza una collocazione fissa all’interno dell’undici titolare. Quando è arrivato in prima squadra, era stato scelto/indicato come l’erede di David Silva, ma è evidente che Guardiola abbia capito di poter fare qualcosa di diverso, di più ambizioso se vogliamo, e così oggi Foden può essere schierato a centrocampo, come esterno o come trequartista dietro la punta, o addirittura come attaccante centrale, eppure il suo contributo resta sempre enorme, e decisivo nei momenti decisivi. È questo che lo rende unico. È questo che lo rende un giocatore maturo e completo, a poco più di vent’anni. È questo che lo rende un simbolo del Manchester City, già ora, addirittura prima quanto potessimo aspettarci, nonostante le aspettative su di lui fossero davvero altissime.