In Giappone un interprete è stato ammonito perché protestava per conto dell’allenatore

Non deve essere facile tradurre le parole di Ange Postecoglou, tecnico greco emigrato in Australia, poi ci si mette pure l'arbitro.

Ange Postecoglou è un leggenda del calcio australiano: nato in Grecia ed emigrato a Melbourne da bambino, ha allenato le Nazionali giovanili, ha vinto il titolo con i Brisbane Roar nel 2011, fissando per altro un nuovo record di imbattibilità per lo sport locale (36 gare consecutive senza sconfitta), e soprattutto ha portato la selezione senior a vincere la Coppa d’Asia nel 2015 – a tutt’oggi è il più grande successo del calcio australiano. Anche in Giappone ha fatto e sta facendo bene: nel 2018 ha accettato l’offerta degli Yokohama F. Marinos, e nel 2019 li ha riportati alla vittoria del campionato, quindici anni dopo l’ultima volta.

Nonostante la sua esperienza in Giappone sia dunque consolidata, ci sta che Postecoglou – ripetiamo: un australiano nato su suolo greco – non abbia ancora grande familiarità e dimestichezza con la lingua locale. E quindi, fa bene ad avvalersi della collaborazione di un interprete. Purtroppo per lui, cioè per l’interprete, si tratta di un lavoro che può diventare difficile, anche molto ingrato, nei momenti più concitati delle partite. Ne ha avuto prova nel corso della gara che gli Yokohama F. Marinos hanno disputato (e vinto per 1-0) contro i Tokushima Vortis per il quinto turno della J-Leauge, il massimo campionato giapponese. In seguito a una review del Var, l’arbitro ha annullato il gol del 2-0 segnato dagli Yokohama F. Marinos, e poi ha ammonito Marcos Junior, l’autore del fallo da cui si è originata l’azione incriminata. Postecoglou ha iniziato a protestare nei confronti del direttore di gara, poi è arrivato l’interprete e ha provveduto a tradurre le parole pronunciate dall’allenatore. L’arbitro, a quel punto, ha deciso di ammonire l’interprete, e non Postecoglou. Una scena surreale per tutti, soprattutto per l’interprete, che si è messo le mani nei capelli, incredulo per un cartellino giallo che gli è stato sventolato in faccia solo perché ha fatto il suo lavoro, praticamente.