I tiri da fuori area stanno scomparendo

I dati dimostrano che è molto più conveniente cercare la conclusione da distanze più brevi, e i giocatori si sono già adeguati.

Da un po’ di anni il basket sta cambiando in maniera radicale, e questo cambiamento divide gli appassionati, come tutte le rivoluzioni. In pratica, le rilevazioni statistiche hanno dimostrato che il tiro da tre punti è molto più conveniente dal cosiddetto Mid-Range Shot, vale a dire il tiro da due tentato però da una posizione meno comoda. Coloro che si autodefiniscono puristi del gioco rigettano questa tesi e quindi questo cambiamento, dicono che il tiro da tre ha rovinato l’essenza stessa del basket; poi invece c’è una fazione che cerca di spiegare come il fenomeno sia un naturale, inevitabile adattamento al passare del tempo, alla comprensione delle dinamiche che regolano la pallacanestro, a maggior ragione che si tratta di uno sport ad alto punteggio, in cui l’incidenza degli episodi è più bassa rispetto al calcio. Anche il calcio, però, sta vivendo una situazione simile, solo esattamente ribaltata: rispetto al passato, infatti, stanno diminuendo (e di molto) i tentativi di conclusione da fuori area.

Ovviamente, la grande differenza salta subito agli occhi: nel calcio, una conclusione vincente da fuori porta comunque alla realizzazione di un solo gol, cioè non vengono assegnati bonus di punteggio a chi converte un tiro da una distanza maggiore. Metabolizzato questo passaggio fondamentale, il discorso diventa del tutto simile a quello del basket, come mostrato da un’analisi del Telegraph basata sui dati della Premier League: rispetto alla stagione 2011/12, la quota percentuale di tiri tentati da fuori area (sul computo totale) è scesa dal 44% al 36%. Quest’ultimo dato, inoltre, non è nemmeno il più basso: nella stagione 2019/20, infatti, la quota era del 35%. La naturale conseguenza di questo cambiamento è l’abbassamento del numero di gol da fuori area rispetto al numero di gol effettivamente realizzati: nelle stesse dieci stagioni, la quota è calata dal 16,9% al 12,6%.

Come detto, si tratta di un’evoluzione identica a quella che sta vivendo il basket, ovvero è una tendenza legata alla raccolta dei dati: i modelli di analisi avanzata (primo tra tutti quello degli xG, vale a dire gli Expected Goals) dimostrano che, per segnare un gol, la posizione statisticamente migliore debba essere più ravvicinata e, possibilmente, all’interno dello specchio della porta. Per dirla più semplicemente: è scientificamente dimostrato che un tiro da fuori area abbia meno probabilità di entrare in porta rispetto a uno scoccato dall’interno dei sedici metri, magari fronte alla porta. Di conseguenza, per gli allenatori, ha (più) senso progettare il gioco d’attacco della propria squadra in modo che porti il pallone in area, per tenere il possesso un po’ più a lungo e aspettare il momento giusto per tentare la conclusione.

I giocatori, più o meno inconsciamente, sembrano essersi adattati a questa trasformazione. Nell’articolo del Telegraph ci sono alcune dichiarazioni di Matthew Taylor, ex centrocampista di Portsmouth, Burnley e West Ham e attualmente coach nel settore giovanile del Tottenham: «Nella mia carriera da calciatore, non ho mai incontrato un allenatore che mi ha detto di non tirare da lontano. Oggi che sono io ad allenare, non sono quel tipo di allenatore. Quindi, deduco che tutto dipenda dai giocatori, dal fatto che oggi siano bombardati da dati che una volta non c’erano. Prima, quando c’erano tiri dalla lunga distanza, tutto finiva con un grande gol o con un errore. Spesso è capitato anche a me, una volta ad Anfield sono stato preso in giro da tutto lo stadio dopo un tentativo fallito, il pallone è finito sugli spalti, i tifosi mi hanno deriso ma poi è finita lì. Oggi, invece, gli esperti continuano a sottolineare con i numeri tutte le scelte sbagliate dei giocatori, che a loro volta non corrono rischi per non sembrare stupidi agli occhi di chi li giudica. E non parlo solo di giornalisti, ma anche degli analisti che sono all’interno dei club».

Per Taylor, questo cambiamento non è da considerarsi negativo, anzi è la conseguenza di una crescita nella qualità media dei calciatori: «Non dico che i giocatori di oggi non si prendano dei rischi, semplicemente sono diventati più bravi con il pallone tra i piedi e quindi azzardano giocate più ambiziose e difficili quando sono meno distanti dalla porta, e quindi cercano di avvicinarsi il più possibile. Quando giocavo, non avrei mai voluto che il mio allenatore mi limitasse nel cercare il tiro da fuori appena possibile, ancora oggi non lo faccio coi miei giocatori, ma allo stesso tempo so benissimo che una conclusione del genere difficilmente si trasformerà in un gol».

Anche le altre rilevazioni suggeriscono che le squadre migliori non sono quelle che tentano più o meno tiri da fuori, piuttosto sono quelle che sanno riconoscere e prendere i tiri migliori: il Manchester United e il Manchester City, per esempio, sono le squadre che provano più conclusioni oltre i sedici metri (58 per i Red Devils, 46 per i Citizens), e hanno la stessa identica percentuale di gol segnati da fuori rispetto al computo totale (12,5%, uno su cinque); il West Bromwich Albion, invece, tira molto meno da fuori (24 tentativi totali) eppure ha realizzato il 25% dei suoi gol con questa soluzione. Il fatto che le due squadre di Manchester comandino la classifica mentre il WBA è praticamente condannato alla retrocessione, ecco, non può essere un caso.