Nel suo primo editoriale sulla Zeit, Philipp Lahm ha scritto che la Superlega dovrà essere inclusiva

«La forza dell'Europa sta nella sua diversità, nelle identità e nelle tradizioni locali che vanno preservate».
di Redazione Undici
08 Aprile 2021

Philipp Lahm si è ritirato dal calcio nel 2017, dopo aver vinto tutto quello che poteva vincere. È diventato ambasciatore di Euro 2024, il Campionato Europeo che si terrà in Germania, e ora ha anche iniziato a scrivere sulla Zeit, uno dei quotidiano tedeschi più influenti e prestigiosi. I suoi editoriali faranno parte di una rubrica dal titolo “Ansichten eines Fußballers”, letteralmente “Visto da un calciatore”, un progetto di analisi calcistica dal punto di vista di chi è stato un protagonista assoluto del gioco. Difficile trovare un esempio migliore: come detto Lahm ha vinto praticamente tutto, per esempio è stato capitano della Germania campione del Mondo nel 2014 e del Bayern Monaco vincitore della Champions League nel 2013.

Nel suo primo articolo, Lahm ha parlato di un tema piuttosto caldo nelle ultime settimane: la (probabile) creazione di una Superlega europea. Il suo è un approccio positivo, perché «mi piace l’idea cosmopolita di un campionato europeo per club, esattamente come ho apprezzato l’idea di far svolgere gli Europei per Nazionali in dodici città diverse». L’ex capitano della Germania scrive che «il calcio lo sport più popolare in più di 120 Paesi del mondo e difficilmente c’è uno Stato europeo dove non sia il più seguito. Il nostro continente è la misura di tutte le cose calcistiche del mondo, è come la Silicon Valley per la tecnologia. Solo che i marchi non si chiamano Facebook, Amazon e Google, ma Real Madrid, Juventus, PSG, Arsenal, Barcellona, Bayern, Manchester United e così via. Sono club che hanno costruito comunità globali, oggi il Bayern è supportato a Oberpfaffenhofen e Shanghai, ed è inevitabile che vogliano competere tra di loro, in un combattimento tra giganti».

Allo stesso tempo, però, Lahm spiega come questa visione esclusiva ed elitaria di questo nuovo format non rispecchi l’identità storica e i valori dell’Europa: «Proprio queste grandi società, che hanno beneficiato dello sviluppo economico del calcio, ora devono fare i conti con una grande responsabilità: secondo me, è importante che tutti i Paesi e tutti i club possano preservare, anzi sottolineare, la propria identità. L’Unione Europea è stata fondata negli anni Cinquanta da sei Stati, ma poi si è allargata; la Bundesliga è stata istituita nel 1963, sembrava dovesse escludere tutti i piccoli club, ma ancora oggi è un campionato a cui è possibile accedere per meriti sportivi. Il punto, secondo me, è che la forza dell’Europa sta nella sua diversità, e allora non sarebbe meglio se anche Bruges, San Pietroburgo, Atene, Copenaghen o Praga prendessero parte alla Superlega? Gli investitori saranno sicuramente interessati a queste città così attraenti, a maggior ragione se potranno partecipare a un torneo così prestigioso. Ecco perché mi impegnerò, come ex sportivo e come editorialista, perché il calcio continui a dare un piccolo contributo al rafforzamento della democrazia. L’Europa è il continente dell’Illuminismo, non a caso».

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