Filippo Tortu e la costruzione del sogno olimpico

Intervista al miglior velocista italiano, una delle stelle azzurre ai Giochi di Tokyo, detentore del record nazionale sui 100 metri e volto di NeXXt Generation 2025, il nuovo piano Fastweb per la connettività del futuro.

Nel 1968, anno di rivoluzioni, lo statunitense Jim Hines diventò il primo atleta nella storia dell’uomo a correre i 100 metri piani in meno di 10 secondi, 9”95. Da allora ci sono riusciti solo in 145, tra cui un italiano, il ventenne Filippo Tortu, che il 22 giugno 2018 a Madrid ha migliorato il record nazionale di 10”01 che apparteneva a una leggenda come Pietro Mennea dal 1979 (39 anni) fermando il cronometro sul 9”99.

Tortu, brianzolo con chiare origini sarde rivendicate con orgoglio da un tatuaggio dell’isola sul fianco, proviene da una famiglia interamente votata alla velocità: suo nonno Giacomo correva i 100 metri in 10”9 nel secondo Dopoguerra ed erano velocisti anche suo padre e suo fratello. Salvino, suo papà e anche suo allenatore, la prima volta che incontrò la sua futura moglie Paola la sfidò proprio sui 100 metri per capire se avesse i piedi da velocista e se da quell’unione potesse nascere un talento da coltivare. Il risultato è l’italiano più veloce di tutti i tempi. Medaglia d’argento ai Mondiali Under 20 nel 2016 e medaglia d’oro agli Europei Under 20 nel 2017, dopo il 9”99 di Madrid Filippo Tortu è arrivato quinto agli Europei di Berlino 2018 e settimo ai Mondiali di Doha 2019. Quell’anno ha anche corso i 100 metri in 9”97, ma il tempo non è stato omologato a causa del troppo vento a favore.

Mentre si sta preparando per le sue prime Olimpiadi, a Tokyo dal 23 luglio all’8 agosto, Filippo, che dal 2018 è testimonial di Fastweb, è diventato il volto di NeXXt Generation 2025, il piano lanciato dalla società per mettere a disposizione di famiglie e imprese una connettività di tipo gigabit, sempre più veloce, come lui del resto. Lo abbiamo incontrato in un caldo pomeriggio di inizio primavera all’Arena civica Gianni Brera di Milano, il luogo che ha scelto per allenarsi in vista dei Giochi.

Ⓤ: Che cosa vuol dire partecipare alle Olimpiadi?

Le Olimpiadi sono il sogno che ho sempre avuto, quello che mi ha sempre affascinato di più non solo nello sport ma un po’ nella vita. Sicuramente quelle di Tokyo saranno Olimpiadi particolari, perché sarà il primo grande evento mondiale dopo la pandemia. Secondo me segneranno una rinascita culturale, sociale, sportiva. Probabilmente e giustamente ci saranno restrizioni per quanto riguarda il villaggio olimpico e gli spostamenti. Tutti gli sportivi con cui ho parlato difficilmente raccontano della gara, dicono tutti che l’esperienza più bella è il villaggio olimpico, quindi sono curioso di scoprire come sarà viverlo ai tempi del Covid.

Ⓤ: Allora chiudi gli occhi. Sei nel villaggio olimpico. Che cosa vedi, chi vedi, che cosa fai?

Bolt purtroppo non c’è più. Allora penso sicuramente alla Nba, perché qualcuno ci sarà. Magari, se si qualifica la Slovenia, Luka Doncic è un atleta che mi piacerebbe incontrare. Poi vabbè, LeBron James sarebbe bellissimo.

Ⓤ: Qual è il tuo primo ricordo delle Olimpiadi quand’eri bambino?
Era il 1960, non l’ho visto in diretta ma da piccolissimo vidi un documentario sulle Olimpiadi di Roma ed è stato quello che mi ha fatto innamorare dell’atletica, della velocità e in particolare di Livio Berruti (medaglia d’oro a Roma nei 200 metri, ndr).

Ⓤ: Chiudi ancora gli occhi, adesso sei sui blocchi di partenza dei 100 metri.

L’obiettivo è arrivare in finale. Poi una volta raggiunto me ne porrò un altro, se potrò pormene un altro, per la finale.

Nato a Milano nel giugno del 1998, Tortu e detiene il primato nazionale dei 100 metri piani con il tempo di 9″99′

 

Ⓤ: Quelle di Tokyo saranno le tue prime Olimpiadi ma non arrivi proprio come uno sconosciuto, non ci vai come un esordiente di 18 anni che va là solo per fare esperienza. Arrivi con il record italiano di 9”99 e con la finale mondiale del 2019.

Anche se fossi andato a Rio 2016 non sarei andato per fare esperienza. L’esperienza la puoi fare anche a 40 anni alla tua ultima gara. Puoi sempre imparare qualcosa, anzi penso che ogni gara che fai ti può lasciare qualcosa. Io quando gareggio lo faccio per raggiungere i miei obiettivi, per cercare di fare sempre qualcosa in più di quello che potrei o comunque che mi aspetto di poter fare. Poi una volta finita la gara l’esperienza viene fuori nella gara dopo, se impari dai tuoi errori o ti accorgi che una cosa ti era venuta bene. Adesso naturalmente vado, più che con il record italiano, con la finale mondiale alle spalle, e punto a rientrare nuovamente negli otto più veloci del mondo. Ma non penso di sentire pressioni in più rispetto a quelle che avrei provato a 18 anni. Le emozioni in gara sono sempre le stesse per me.

Ⓤ: C’è un tempo che hai messo nel mirino per quest’anno?

Non quest’anno ma il mio prossimo obiettivo cronometrico è fare 9”92 per eguagliare il francese Christophe Lemaitre che è il bianco più veloce di sempre. Naturalmente voglio farlo ilprima possibile, però so che è un tempo molto difficile e quindi se non dovesse arrivare quest’anno sarei sì deluso, ma diciamo che non ho una data di scadenza.

Ⓤ: Il tuo record italiano di 9”99 è del 2018. Nel 2019 hai fatto la finale mondiale, nel 2020 non si è gareggiato. Sono passati tre anni, ti sta un po’ stretto adesso quel tempo?

Mi stava stretto la settimana dopo, quindi dopo tre anni mi sta strettissimo. Nel 2019 secondo me ho comunque alzato l’asticella seppur senza il record personale, l’anno scorso ci sono state moltissime difficoltà e quindi quest’anno potrebbe essere quello buono.

Ha vinto un oro agli Europei Under 20 nel 2017 sui 100 piani, e un oro ai Giochi del Mediterraneo nella 4×100

 

Ⓤ: Molti pensano che la tua gara più naturale siano i 200 metri. La farai a Tokyo?

I 200 metri sono diversi per come si corrono e soprattutto è diverso il modo in cui li prepari, l’allenamento cambia moltissimo. Sicuramente è una specialità in cui posso ottenere ottimi risultati, però penso che la mia gara siano più i 100 metri. L’idea iniziale era quella di farle entrambe alle Olimpiadi, ma dopo il Covid che ho avuto a gennaio è un po’ tutto cambiato, ho perso un mese di allenamento e al ritorno in pista sarebbe stato da sconsiderati stressare tanto i polmoni e tutto l’apparato respiratorio. Se prima era 50 e 50, ora è più 60 e 40 per i 100 metri.

Ⓤ: Fastweb ti ha scelto come testimonial e ora sei il volto di NeXXt Generation 2025, il piano per mettere a disposizione di famiglie e imprese una connettività di tipo gigabit, sempre più veloce. Cos’è la velocità per te?

Penso che la ricerca della velocità sia innata in noi, proprio come esseri umani: se guardi anche la società adesso gli spostamenti si cerca sempre di farli più veloci, i computer più veloci, tutto dev’essere fatto nel minor tempo possibile. Però la cosa paradossale nei 100 metri è che più tu ricerchi la velocità, più hai la smania, la voglia di raggiungerla, più rallenti e non la trovi. Secondo me la cosa giusta è trovare prima la propria direzione e i propri obiettivi, e poi pensare alla velocità. Il segreto dei 100 metri è cercare di rimanere il più rilassato possibile perché poi le gambe vanno da sole, hai provato i movimenti così tante volte in allenamento che vai in automatico.

Ⓤ: Come vivi il contrasto tra correre tutto il giorno in pista e il mondo intero che si è fermato per la pandemia?

Sicuramente te lo fa apprezzare ancora di più. L’anno scorso, quando hanno chiuso gli impianti per allenarsi, ho provato anche io a stare un mese fermo ai box e ora mi rendo conto di quanto sia influente sul mio umore avere queste 2-4 ore al giorno per potermi allenare ed esprimere la velocità che non esprimo durante il giorno, quando invece ho dei ritmi molto blandi.

Ⓤ: A cosa pensi quando corri i 100 metri?

Non pensi a nulla. Se pensi alla velocità, rallenti.

Undici X Fastweb, dal n° 37 della rivista