Tre cose sulla 31esima giornata di Serie A

L'Inter in controllo, la panchina lunga dell'Atalanta, dramma e bellezza di Cagliari-Parma.

 

L’Inter, la forza e la modalità di controllo

Nonostante il risultato non pienamente positivo, la partita giocata a Napoli ha mostrato tutte le motivazioni per cui l’Inter è saldamente al primo posto in Serie A. Semplicemente, la squadra di Conte ha mostrato di essere in grado di gestire qualsiasi fase della partita, quella del controllo, della rimonta, poi della coscienza rispetto all’utilità del risultato, rispetto al peso specifico del primo pareggio arrivato dopo 11 vittorie consecutive. Tutto questo, indipendentemente dalla forza dell’avversario. Napoli-Inter 1-1 non è stata molto diversa da Inter-Milan 3-0, da Inter-Lazio 3-1, o anche da Parma-Inter 1-2 o Inter-Cagliari 1-0: i nerazzurri hanno iniziato la partita in maniera attenta per non dire conservativa, poi a un certo punto hanno accelerato e si sono presi il risultato che sapevano di poter raggiungere, ovviamente parametrato all’urgenza della classifica, alla forza dell’avversario, a una condizione psicofisica che non può essere quella di febbraio o marzo, soprattutto dopo un ciclo di 11 vittorie consecutive. L’unica differenza rispetto a certi altri match è che il Napoli è una squadra di qualità, che ha trovato meritatamente il vantaggio – anche se l’autogol Handanovic-De Vrij è stato piuttosto fortuito – e ha costretto gli uomini di Conte a inseguire per la prima volta in campionato dal 10 gennaio, quando la Roma passò in vantaggio per prima all’Olimpico (poi la gara finì 2-2).

Dopo essere andata sotto, l’Inter ci ha messo una manciata di secondi per sfiorare il pareggio (palo di Lukaku) e poi una manciata di minuti per prendere possesso del campo, per schiacciare il Napoli dietro, per creare l’occasione giusta: solita costruzione dal basso, solita verticalizzazione di Brozovic per Lukaku, solita apertura su Hakimi, solito scambio dopo la solita sovrapposizione esterna di Barella, solito cross in area che premia un attaccante oppure l’esterno opposto, come in questo caso. L’unica cosa “nuova” è stata il tiro di Eriksen, ma l’arrivo del pareggio è sembrato inevitabile. La forza dell’Inter, lo scudetto sempre meno virtuale e sempre più reale dei nerazzurri, la loro leadership, è tutto in questa azione e nell’assoluto dominio difensivo manifestato subito dopo, con un solo rischio estemporaneo (la traversa di Politano su azione personale). È grazie a quest’anima di acciaio, che ha sbloccato la modalità di controllo, che l’Inter si è appropriata della Serie A 2020/21. È proprio in virtù di tutto questo che la vittoria del titolo sembra essere diventata solo una questione di quando, non di se.

Napoli-Inter 1-1

Quanto conta la rosa lunga (dell’Atalanta)

Allo stadio di Bergamo, mentre i top club europei preparavano la rivoluzione che sta cambiando il calcio, andava in scena un sovvertimento temporaneo dello status quo. Ovvero, Atalanta e Juventus si sono date battaglia ad armi pari sul campo – come succede da anni, ormai, per merito della grande crescita dei bergamaschi – e alla fine l’ha spuntata la squadra di Gasperini. Non accadeva da oltre vent’anni in un match di campionato, e anche questo basterebbe a rendere storico il pomeriggio vissuto al Gewiss Stadium, ma è stato il come a essere davvero inedito: l’Atalanta ha vinto perché ha dimostrato di avere maggiori risorse a disposizione oltre l’undici titolare, proprio rispetto alla squadra che, in questi anni, ha dominato il calcio italiano basandosi proprio sulla forza e sulla profondità del suo organico. Certo, su questa valutazione pesano le condizioni temporanee, una su tutte l’assenza per infortunio di Cristiano Ronaldo. Però il dato di fatto è che Gasperini ha potuto inserire Pasalic, Ilicic e Malinovskyi, mentre Pirlo ha perso Chiesa per infortunio e ha dovuto far entrare Danilo al suo posto, e poi ha tolto Dybala per inserire Kulusevski, e infine Arthur per McKennie. Sulla carta non c’è grande differenza di qualità, e già questa sarebbe una notizia. Se poi consideriamo le stagioni complesse – per non dire deludenti – che stanno vivendo diversi giocatori juventini, allora si può dire che la vera panchina lunga era quella dell’Atalanta. E non a caso è stato proprio Malinovskyi a determinare la vittoria della squadra di Gasperini, prima con una bellissima punizione che ha costretto Szczesny a concedere un calcio d’angolo, e poi con un tiro fortunato – perché deviato – che ha sbloccato il risultato. E, poco prima, era stato Ilicic a mettere sulla testa di Zapata un altro pallone delizioso, finito a lato di pochissimo. Insomma, al netto di una partita equilibrata, è evidente come quando e soprattutto attraverso chi si siano manifestate le differenze che hanno portato l’Atalanta a superare la Juventus, sul campo e anche in classifica. In attesa di capire se servirà a qualcosa per la prossima edizione della Champions League, questo è quel che resta. E non è una cosa da poco, anzi.

Gli highlights di Atalanta-Juventus 1-0

Cagliari-Parma, dramma e bellezza

Nel semplice multiverso social, governato da algoritmi che si nutrono di emozioni istantanee, ciò che resta e resterà di Cagliari-Parma 4-3 è l’immagine di João Pedro che consola Kurtic a centrocampo dopo l’incredibile rimonta firmata dalla squadra sarda – che ha praticamente condannato il Parma alla Serie B. La realtà è molto più complessa, perché la partita vinta dagli uomini di Semplici ha generato e genererà un impatto ancora tutto da decifrare. Grazie alla vittoria colta con due gol nel recupero della ripresa, infatti, il Cagliari ha riaperto la corsa per la salvezza – ora Fiorentina e Benevento hanno solo cinque punti di vantaggio sulla zona retrocessione – ma ha anche reso più incerto tutto il resto del campionato, perché da qui alla fine della stagione, per esempio, si giocheranno – tra le altre – Napoli-Cagliari, Fiorentina-Lazio, Atalanta-Benevento, tutte gare potenzialmente decisive per la zona-Champions League, oltre che per determinare la terza squadra che dovrà giocare in Serie B il prossimo anno; e poi ci saranno tantissimi scontri diretti tra squadre coinvolte nella lotta per la salvezza, un vortice tecnico ed emotivo forse già sublimato nelle tensioni e nei gol di Cagliari-Parma, ma che potrebbe tendere a un livello ancora più alto, ancora più forte. Quindi l’immagine di João Pedro e Kurtic è solo un’anteprima del dramma e della bellezza – puramente calcistici – che vivremo da qui a fine stagione, in tantissime partite. Nei giorni in cui va affermandosi – o comunque dovremmo discutere di – un meccanismo calcistico chiuso, senza retrocessioni, ciò che si è innescato a partire da Cagliari-Parma 4-3 potrebbe cambiare un po’ la prospettiva, o quantomeno offrire nuovi spunti di riflessione.

Una bella sintesi