La scalata di Riyad Mahrez è finalmente compiuta

I gol decisivi in Champions League hanno sancito il suo passaggio di stato: da grande talento a campione affermato, decisivo anche ai massimi livelli.

Uno degli articoli calcistici più interessanti pubblicati negli ultimi mesi è un reportage del New York Times dal titolo “Il calcio europeo saccheggia i talenti nati a Parigi e il Psg ne fa le spese”. Mai considerazione fu più profetica, alla luce di quanto avvenuto nelle due semifinali di Champions League tra il club francese e il Manchester City, entrambe decise da Riyad Mahrez. Ovvero, da un calciatore nato a Sarcelles, un comune di 60mila abitanti che dista 17 chilometri dalla Tour Eiffel, e che si è imposto lontano dalla capitale francese. Secondo quanto raccontato dal Guardian, Mahrez torna ancora spesso a casa, si fa tagliare i capelli nello stesso Barber Shop in cui andava da bambino, insomma è molto legato alle sue origini, nonostante sia diventato un giocatore molto importante.

Anzi, alla luce dei gol segnati (14 in questa stagione, di cui quattro in Champions), del ruolo centrale nel Manchester City di Guardiola (36 gare da titolare in tutte le competizioni, quarto giocatore di movimento per minutaggio complessivo) e soprattutto del suo eccellente rendimento, lo status di stella riconosciuta su scala mondiale non è per niente eccessivo. Non inserire Mahrez nella shortlist degli esterni più creativi e decisivi sarebbe l’ennesimo atto di sottovalutazione del suo valore, un errore che è stato già commesso in passato: il suo passaggio dal Le Havre al Leicester, a gennaio del 2014, passò completamente sotto silenzio, così come il suo primo anno e mezzo in Inghilterra (51 partite, sette gol e otto assist tra Championship e Premier League). Certo, è stata anche una questione di contesto, o meglio di allineamento dei pianeti: nell’estate del 2015, Claudio Ranieri arriva sulla panchina delle Foxes e insiste per avere con sé un centrocampista del Caen, Ngolo Kanté; in rosa ci sono già Jamie Vardy, Danny Drinkwater e Jamie Vardy, più ovviamente Riyad Mahrez. Ieri sera, nello studio post-Chanpions di Sky Sport, Esteban Cambiasso ha raccontato che Ranieri, dopo pochi allenamenti con l’esterno franco-algerino, disse che Mahrez era «il miglior giocatore della squadra, e quindi dobbiamo trovare il modo di sfruttare le sue qualità». Il 7 agosto 2015, Cambiasso lascia il Leiester e si unisce all’Olympiakos: ad Atene giocherà le ultime due stagioni della sua carriera. Nel frattempo, al King Power Stadium di Leicester, così come in tutti gli altri campi di Premier League, Mahrez disegna calcio ed è uno dei protagonisti di una delle più grandi imprese sportive di sempre.

Il problema è che Mahrez è stato sottovalutato anche dopo quell’impresa. O meglio: ha giocato la Champions League con Ranieri e tutti gli altri, e poi ancora per un’altra stagione a Leicester, quasi come a voler rimanere nella sua comfort zone; anche quando è stato scelto dal Manchester City e da Guardiola – unico vero acquisto dell’estate 2018 per i Citizens – sembrava che il suo ruolo fosse quello del comprimario eccellente, che fosse uno di quei giocatori di grande qualità che (solo) il City può permettersi di mandare in campo quando ne ha bisogno, oppure può anche tenerlo in panchina, tanto nel suo ruolo possono giostrare Sterling, Bernardo Silva, Sané, Gabriel Jesus o De Bruyne, e anche un giovane dal sicuro avvenire come Phil Foden.

Alla terza stagione a Manchester, a cavallo del suo 30esimo compleanno, Riyad Mahrez si è staccato di dosso quest’etichetta. È diventato qualcosa di più che un elemento utile nel turnover. Ha convinto Guardiola a eleggerlo come prima scelta rispetto a giocatori che probabilmente sono più forti di lui, ma sono anche più frenetici, quindi inevitabilmente più fumosi, in certe circostanze – per esempio Sané, che nel frattempo si è pure trasferito al Bayern, e soprattutto Sterling. Anche in questo caso è una questione di contesto: rispetto alle stagioni precedenti, il City 2020/21 è una squadra che gioca in maniera meno convulsa, meno verticale, il possesso è un po’ più lento ma più incessante e avvolgente, e in queste condizioni un giocatore come Mahrez, bravo ad accelerare ma anche a districarsi negli spazi stretti, può diventare più importante rispetto a laterali offensive con qualità diverse.

Non solo i due gol, ma anche una prestazione di sostanza

Le altre caratteristiche che forse hanno spinto Pep a puntare su di lui sono l’essenzialità e la freddezza sotto porta: il City è una squadra che ti stordisce con il possesso palla ma che sa esprimere anche un’anima diretta, lo abbiamo visto proprio contro il Psg, e Mahrez è sempre molto lucido quando si tratta di leggere e interpretare i momenti, soprattutto sotto porta. Forse è un’eredità dei tempi del Leicester, quando lui e Vardy banchettavano in campo aperto, non avevano tante occasioni ma riuscivano a sfruttare sempre, o comunque quasi sempre, tutte quelle giuste. Non è un caso che questa sia la sua miglior stagione al City per numero di gol segnati, e che Guardiola abbia parlato di lui come «di un giocatore che non avverte la pressione nei momenti decisivi, neanche nelle grandi partite».

Questa intelligenza si manifesta anche in fase difensiva: Mahrez infatti è un giocatore molto disciplinato, solo contro il Psg ha messo insieme quattro contrasti vinti e altrettanti palloni recuperati. Insomma, non siamo più di fronte a un esterno d’attacco abilissimo a giocare di rimessa, a imperversare negli spazi larghi, piuttosto a un giocatore completo e maturo, che appartiene all’élite e che in virtù di tutto questo è uno degli elementi più importanti di una delle squadre più forti d’Europa. Il suo percorso ha viaggiato e viaggia in parallelo con quello del City di Guardiola, e ora è arrivato a un passo dal coronamento definitivo, al compimento che può arrivare solo con la vittoria in Champions League.