Nuova Era Interista?

Nonostante lo scudetto, aprire un ciclo non sarà facile; la situazione finanziaria del club nerazzurro imporrà un mercato oculato. È per questo che molto – se non tutto – dipenderà dal lavoro di Conte, anche nella stagione che verrà.

In una delle prime interviste rilasciate dopo la vittoria dello scudetto, per la precisione quella a Sky Calcio Club, Antonio Conte ha parlato della sua Inter come di «una squadra che ha vissuto un lungo percorso tattico». Poche ore dopo, intervenendo a Radio Anch’io Sport, l’amministratore delegato nerazzurro Beppe Marotta he detto che «all’Inter c’era una certa instabilità, e l’obiettivo era proprio invertire questa tendenza: insieme a Conte abbiamo fatto un percorso che ci ha permesso di costruire un’area sportiva delineata, e così siamo riusciti a tornare al successo». Per Steven Zhang, giovane presidente nerazzurro intervistato da Inter Tv, «ogni pezzettino di questo scudetto appartiene a coloro che hanno lavorato a questo percorso: i tifosi, gli stakeholder, i dirigenti, i dipendenti, ovviamente Conte e i giocatori, tutte persone chiave che mi hanno sostenuto non solo in quest’ultimo anno, ma anche nei precedenti cinque».

No, tra Milano e Appiano Gentile non circola nessun morbo che azzera la fantasia nella formulazione dei discorsi, che potenzia la capacità di produrre frasi fatte sul percorso compiuto dall’Inter. Il fatto è che hanno tutti ragione, nello specifico del proprio reparto e nella visione generale: lo scudetto nerazzurro è stato davvero costruito in questo modo, è il coronamento di un progetto organico e portato avanti nel tempo, di un progetto passato per errori e miglioramenti, per grandi investimenti (circa 700 milioni in cinque anni secondo quanto dichiarato da Beppe Marotta) e stagioni sbagliate. Il decollo definitivo è avvenuto quando la proprietà cinese ha individuato e messo sotto contratto i professionisti che servivano per arrivare al successo: Marotta nella sala dei comandi e poi, dopo alcuni mesi, Conte in panchina. Dopotutto anche saper scegliere le persone giuste, da collocare nel posto giusto, è una dote che si può affinare, che alcuni possiedono e gestiscono in maniera innata, mentre altri devono aspettare e faticare un po’ di più.

Ora, però, il viaggio dovrà proseguire in condizioni esattamente opposte: un management collaudato e affiatato, che ha costruito una squadra vincente, dovrà fare i conti – in senso metaforico, ma anche letterale – con una società che ha prospettive molto diverse rispetto a pochi mesi fa. Per via della crisi innestata dalla pandemia, certo, ma soprattutto perché il gruppo Suning ha deciso di dismettere tutte le attività non essenziali, prime tra tutte quelle legate allo sport. E infatti lo Jiangsu Suning, ovvero il club vincitore della Chinese Super League edizione 2020, è stato sciolto ufficialmente poche settimane dopo aver festeggiato il trionfo nella finale dei playoff contro il Guangzhou allenato da Fabio Cannavaro. A differenza dello Jiangsu, come confermato a più riprese anche dalla famiglia Zhang, l’Inter rappresenta ancora un asset strategico per Suning, ed è un discorso valido anche dal punto di vista storico-culturale: quella nerazzurra è infatti la prima società di proprietà cinese a vincere un campionato di massima divisione in Europa. Solo che la situazione economica non è proprio florida: il bilancio relativo alla stagione 2019/20 ha fatto registrare una perdita consolidata netta di circa 103 milioni di euro, e l’indebitamento totale al 30 giugno 2020, al lordo dei prestiti effettuati da Suning, è di 373 milioni; inoltre, secondo quanto raccolto dal sito specializzato Off the Pitch, la proprietà cinese «è stata invitata dal governo di Pechino a concentrarsi sugli investimenti nazionali, piuttosto che su quelli all’estero». Non è un caso, dunque, che Marotta abbia chiarito come l’obiettivo economico della società, nei prossimi mesi, sia «stipulare un accordo con un partner per far confluire la liquidità che serve in questo momento di grave contrazione dei ricavi».

Ovviamente, non tutto è così fosco. Anzi, Il Sole 24 Ore ha spiegato che «nei prossimi giorni, una volta archiviati i festeggiamenti per il titolo, saranno chiuse le trattative per un finanziamento da 250 milioni: in questo senso, si sta discutendo ancora con due fondi Bain e Oaktree»; inoltre, ci saranno da valorizzare il rebranding e la nuova identità visiva nerazzurra, presto sarà annunciato il nome del nuovo main sponsor e all’orizzonte c’è anche il progetto del nuovo stadio. Insomma, l’incertezza finanziaria esiste ed è un aspetto che non può essere trascurato, che ha e avrà un peso nella costruzione del futuro. Ma ci sono anche le premesse perché il percorso dell’Inter possa proseguire, possa evolversi, magari modificato in qualche aspetto rispetto ai programmi, senza però ridimensionarsi in maniera radicale.

In questo senso, almeno per quanto riguarda gli aspetti tecnici, la figura e il lavoro di Conte saranno (di nuovo) fondamentali per tracciare la mappa e i confini del progetto che verrà. Se, al momento del suo arrivo all’Inter, l’ex manager del Chelsea poteva pensare che la rosa a sua disposizione sarebbe cresciuta in maniera progressiva, grazie al lavoro sul campo e a un mercato di prestigio, le contingenze hanno evidentemente modificato questo scenario. Già dopo l’estate 2020, ha dovuto lavorare con un organico integrato con pochi uomini – Hakimi, Vidal e Kolarov – rispetto alla stagione precedente, e infatti lo scudetto è stato il frutto di un compromesso, di un bilanciamento tra le sue idee e la realtà intorno a sé. L’opera di reinserimento e valorizzazione di Eriksen – come giocatore, e di conseguenza anche come asset economico per il club – è il caso più eclatante, ma in realtà tante altre mosse hanno evidenziato come Conte sappia essere più elastico di come viene dipinto, a cominciare dal passo indietro su Perisic, dall’inevitabile accantonamento di Vidal e Kolarov, fino alla fiducia concessa a Skriniar e Bastoni, diventati titolari e cardini della difesa a tre – dopo essere stati addestrati, certo, ma era ed è impensabile pensare che un allenatore tatticamente rigido come Conte potesse stravolgere completamente il suo approccio.

Ecco, qualora decidesse di proseguire la sua avventura all’Inter, Conte dovrebbe necessariamente insistere su questo tipo di lavoro, sul miglioramento interno della squadra attraverso lo sviluppo dei calciatori già in rosa, un passaggio necessario perché un sistema di gioco come il suo possa rendere di più. La situazione economica, come detto, non può far immaginare un grande potenziamento sul mercato, piuttosto un taglio dei costi laddove sarà possibile farlo – i contratti in scadenza di Kolarov e Young, per esempio, non dovrebbero essere rinnovati – e qualche innesto mirato. È qui, in questo punto esatto, che dovrà manifestarsi di nuovo la forza del progetto-Inter: uno spazio di manovra ridotto nella giungla della campagna acquisti costringerà scouting e tecnico a pianificare ogni singolo movimento, per crescere serviranno giocatori in grado di avere un impatto fin da subito, senza però incidere in maniera troppo forte sul bilancio. Occorrerà, insomma, ripetere l’affare-Hakimi: l’esterno marocchino arrivato dal Real Madrid si è rivelato perfetto fin da subito per la squadra nerazzurra, anzi il suo arrivo può essere considerato come il massimo esempio di una strategia vincente a tutti i livelli, perché parliamo di un esterno di 22 anni acquistato mentre si stava affermando tra i migliori del proprio ruolo, e che ha già moltiplicato il suo valore di mercato, in virtù della sua qualità, ma anche anche grazie al lavoro fatto con Conte. Certo, è complicato pensare di replicare un’operazione così perfetta, ma il futuro dell’Inter passerà proprio dalla capacità di estendere nel tempo il percorso fatto finora, quello che ha portato allo scudetto, fino a farlo diventare un riferimento fisso, una tradizione da rispettare, da rinnovare negli anni. È così che nascono e si consolidano i grandi club.