Tre cose sulla 35esima giornata di Serie A

Cos'ha detto Juve-Milan, la crescita del Sassuolo, la storia perfetta tra Semplici e il Cagliari.

 

Tra Juve e Milan ha vinto l’unica squadra vera
Il netto 0-3 maturato all’Allianz Stadium tra Juventus e Milan non sorprende per la sua stessa essenza, per via del punteggio netto e rotondo. La cosa veramente strana, assurda, quindi significativa, è che questo risultato è parso normale, addirittura inevitabile, non solo pienamente meritato dal Milan come dalla Juventus. Non succede sempre che il tabellone luminoso dello stadio e i tabellini ufficiali riportino punteggi che siano specchio fedele di quanto si è visto in campo, ma questa volta è andata così: tra Juve e Milan ha vinto l’unica squadra vera tra le due che sono scese in campo a Torino, quella che ha mostrato di possedere un’identità, un’anima, degli obiettivi tattici da raggiungere attraverso dei meccanismi coerenti con i calciatori a disposizione.

Il Milan ha stravinto il confronto diretto eppure non ha offerto una prestazione indimenticabile. Ed è proprio questo il punto: agli uomini di Pioli è bastato essere se stessi per segnare tre gol alla Juventus, tre gol a cui va aggiunto il rigore tirato davvero male da Kessié; ai rossoneri è bastato scendere in campo e riprodurre una serie di azioni e movimenti e giocate in linea con quanto mostrato nel corso della stagione, senza stravolgimenti, senza grosse modifiche. Di contro, la Juventus è apparsa una squadra vuota, raffazzonata, slegata dal punto di vista tattico e mentale, come se gli otto mesi trascorsi dall’inizio della stagione non fossero serviti a niente, se non a individuare due o tre principi di gioco, sempre gli stessi, e provare ad applicarli per poter “sbloccare”, letteralmente, il talento dei giocatori offensivi.

Le idee iniziali di Pirlo erano proprio queste, in realtà: creare un sistema in grado di ragionare per principi in fase difensiva e di costruzione, per poi diventare più libero e fluido in attacco. Secondo il tecnico della Juventus, quest’ambizione si è schiantata sulle caratteristiche non idonee di molti giocatori della rosa, ma è vero pure che da tempo la squadra bianconera pratica un calcio scheletrico, fin troppo semplice da decodificare e limitare. E anche se questa situazione è frutto di un errore di valutazione iniziale sul valore della rosa, la responsabilità resta comunque dell’allenatore. Il Milan dell’ultima stagione, al netto dei fisiologici cali di rendimento e di attenzione, ha vissuto una situazione esattamente opposta: Pioli ha plasmato una squadra che va al di là del proprio valore attraverso la tattica, grazie a dei riferimenti fissi, inscalfibili, perfettamente tarati sulle caratteristiche della rosa. Da qui si è determinata l’enorme distanza percepita nello scontro diretto, che va ben oltre i tre punti di differenza in classifica, soprattutto in vista del futuro. Un futuro che, per il Milan, è solo da consolidare. Per la Juventus, invece, rappresenta un rebus enorme, ancora tutto da decifrare.

Juventus-Milan 0-3

L’ennesimo passo in avanti del Sassuolo

Forse ora le Sette Sorelle sono diventate otto. Certo, il calo vistoso della Roma non può essere dimenticato, va tenuto in grande considerazione, ha un peso evidente sulla classifica: i giallorossi hanno accumulato appena 11 punti nelle ultime dieci gare. D’altra parte, però, nello stesso ciclo il Sassuolo ne ha messi insieme addirittura 20, di punti, e allora la rimonta che ha messo in dubbio il settimo posto – quello che vale l’accesso alla nuova Conference League – è da ascrivere anche alla squadra di De Zerbi, ai miglioramenti manifestati negli ultimi mesi, frutto anche di profondi cambiamenti.

Primo tra tutti, ovviamente, il passaggio di testimone tra Caputo e Raspadori: certo, va chiarito fin da subito che il centravanti pugliese è stato costretto a stare fuori a causa di una fastidiosa lombalgia, ma nel frattempo il prodotto più lucente del settore giovanile neroverde si è preso la scena, non solo per i quattro gol segnati nell’ultimo mese, ma anche e soprattutto per la sua capacità di intendersi a meraviglia con i compagni, di esaltarsi in un sistema ricercato, sofisticato, in cui la tecnica ha un’importanza fondamentale. Ieri, a Genova, De Zerbi ha schierato tutti insieme, dall’inizio, Berardi, Djuricic, Traoré e lo stesso Raspadori; in più, a centrocampo, c’erano altri due calciatori di grande qualità come Locatelli e Maxime Lopez. Non è la prima volta che accade, in questa stagione, e il punto è proprio questo: nonostante il Sassuolo abbia vissuto dei momenti negativi, degli evidenti cali di forma e concentrazione, De Zerbi non ha mai smarrito la padronanza della sua squadra, ha continuato a lavorare perché i giocatori potessero migliorare, e alla fine ci è riuscito. A prescindere da come finirà la corsa a due con la Roma, la squadra neroverde ha già accumulato cinque punti in più rispetto alla stagione 2019/20, addirittura sedici in più rispetto all’annata 2018/19, la prima con il tecnico bresciano in panchina. Considerando dimensioni, ambizioni e progettualità del Sassuolo, il passo in avanti è netto, e la sua missione può dirsi compiuta.

Genoa-Sassuolo 1-2

Leonardo Semplici sta salvando il Cagliari

Al netto delle polemiche arbitrali scoppiate alla fine di Benevento-Cagliari, i numeri parlano chiaro: nelle ultime dieci partite, la squadra sarda ha guadagnato otto punti su quella campana, e poi cinque su Spezia e Genoa, altre due squadre ancora in lotta per non retrocedere. Con certe cifre, è difficile pensare che sia solo questione di fortuna, di contingenze favorevoli. La verità è che anche allo stadio Vigorito abbiamo assistito a una masterclass di Leonardo Semplici, il tecnico che ha rivitalizzato il Cagliari, il vero artefice della rimonta che, almeno per il momento, ha permesso ai rossoblu di abbandonare la zona retrocessione. L’ex allenatore della Spal, nonostante le buone indicazioni dopo la partita di Napoli, giocata con la difesa a quattro, aveva deciso di tornare sui suoi passi, di riproporre il suo classico 3-5-2: una scelta che aveva anche pagato nei primi minuti della gara di Benevento, poi però il (bellissimo) gol iniziale di Lykogiannis è stato rimontato da Lapadula – a segno dopo un errore dei rossoblu in fase di costruzione.

All’intervallo, Semplici ha mischiato di nuovo le carte: dentro un terzino di spinta – Zappa, uno dei migliori prospetti del ruolo in Serie A – e fuori un centrale. In questo modo, il Cagliari ha ritrovato ambizione tattica, aggressività in tutte le fasi di gioco, e così è riuscito a forzare il sistema difensivo del Benevento e poi a chiudere la gara nel recupero, con l’ennesimo gol di João Pedro. Certo, di mezzo c’è stato l’episodio poco chiaro del contatto in area di rigore tra Viola e Asamoah, ma questo è un aspetto su cui qualsiasi allenatore avrebbe potuto incidere poco. Molto più significativo, anche perché più interessante, è segnalare il cambio di passo e prospettive vissuto dal Cagliari negli ultimi mesi, l’ennesima dimostrazione di come, nel calcio, non è che serva così tanto cambiare gli allenatori. La cosa importante, piuttosto, è trovare quello giusto. Per il Cagliari, per questo Cagliari, Leonardo Semplici si è rivelato perfetto. Se alla fine dovesse arrivare la salvezza, il merito sarà soprattutto suo.

Benevento-Cagliari 1-3