Professionisti di padel

Intervista con Marcelo Capitani, il miglior giocatore d'Italia.

La prima volta che sento Marcelo Capitani è con un messaggio vocale su WhatsApp per organizzare questa intervista. È molto gentile, parla un po’ come Papa Francesco (ma ha iniziato a raddoppiare le “b” come tutti i romani) e in sottofondo distinguo il rumore delle palline che colpiscono le pareti di vetro, un pu-pum pu-pum ben diverso dal pof pof di Adriano Panatta nel film La profezia dell’armadillo. Se il tennis è lo sport del diavolo e diventa spesso una guerra di logoramento da fondo campo, il padel è lo sport delle volée, della continua ricerca della rete. In una parola è uno sport facile, almeno per gli amatori: chi l’ha provato una volta probabilmente poi è tornato a giocare, perché se l’è cavata subito abbastanza bene e immagino si sia divertito.

«È vero, il padel è per tutte le età e non serve una grande preparazione per iniziare», mi racconta qualche giorno dopo Capitani. «È anche uno sport che non ha genere e quindi uomini e donne possono giocare insieme. Chiunque prova il padel si diverte già dal primo giorno. È stato così anche per me. Avevo 15 anni e giocavo a tennis e a calcio: il padel non sapevo neanche cosa fosse. Poi un mio amico mi ha invitato e mi sono innamorato nel momento in cui ho messo piede in campo. La prima volta che con la racchetta di legno ho colpito la palla dopo la sponda sulla parete in cemento, perché all’epoca le pareti erano in cemento, ho pensato: questo sarà il mio sport. Era il 1990».

Più di 30 anni dopo, Marcelo Capitani è il numero uno della classifica italiana maschile di padel e il finalista della Serie A 2021 con l’Orange Padel Roma. È nato in Argentina, a Santa Fe, e ha la doppia cittadinanza perché il suo bisnonno era di Cingoli, in provincia di Macerata. Nel 1993 è diventato professionista entrando nel Centro nazionale di alto rendimento sportivo (CeNARD) di Buenos Aires: «Mi dedicavo solo a quello, ma ero sovvenzionato dalla mia famiglia. Erano loro i miei sponsor». Poi si è trasferito nel Nord della Spagna e ha iniziato a partecipare ai tornei con i migliori giocatori del mondo, che negli anni sono stati organizzati dalla federazione spagnola, dal Padel Pro Tour e, dal 2013, dal World Padel Tour. In questa stagione il World Padel Tour toccherà sei diversi Paesi (Spagna, Argentina, Portogallo, Svezia, Messico e Italia, con la tappa di Cagliari) e verrà trasmesso in diretta su Sky Sport Arena. «Nel 2006 sono stato il numero 21 al mondo e il numero 9 in coppia con Federico Quiles», ricorda. «Siamo andati a un passo dalla qualificazione al Master finale a cui partecipano le migliori 8 coppie del mondo, un po’ come le Finals del tennis». Oggi Capitani occupa la 251esima posizione.

Nel 2016 è arrivato a Roma e la Federtennis (che nel 2008 ha inserito tra i suoi sport anche il padel) lo ha nominato responsabile del settore giovanile italiano e commissario tecnico della nazionale juniores. In Italia il padel è lo sport del momento, anche perché fino a poche settimane fa era l’unico che si poteva fare. Nel 2020 le strutture sono aumentate del 50% (da 547 a 828) e i campi del 60% (da 1.151 a 1.831) e nel primo trimestre del 2021 i numeri sono ulteriormente saliti a 1.504 strutture (+27%) e 2.457 campi (+34%). Nel 2014 i campi in tutta Italia erano 10. Oggi si stimano oltre 500mila giocatori amatoriali. Eppure è troppo semplice dire che il padel è esploso grazie al divieto degli altri sport di contatto: già a marzo 2019, secondo i dati dell’app Prenota un campo, le prenotazioni per il padel superavano quelle per il calcetto. E a novembre 2019 l’Italia maschile, con Marcelo Capitani in squadra, ha vinto i suoi primi Europei a Roma battendo in finale la Francia.

Il presidente della Federazione internazionale di padel è Luigi Carraro, figlio di Franco detto “Il Poltronissimo”, e vuole renderlo sport olimpico al più tardi entro il 2028. Secondo lui i giocatori più forti del mondo guadagnano tra i 500 e i 750mila euro all’anno. Chi vince il Master finale prende poco meno di 17mila euro (33mila euro a coppia), mentre per i Master (il corrispettivo degli Slam nel tennis) il montepremi è di poco più di 11mila euro a testa: cifre lontanissime dal tennis dove, per esempio, chi vince Wimbledon porta a casa più di 2 milioni e mezzo di euro. Anche il gender gap è notevole nel padel: le donne nei tornei più importanti guadagnano circa il 40% in meno degli uomini.

«I tornei non danno una grossa rendita al momento: le entrate principali dei primi 20 giocatori del mondo sono gli sponsor», spiega Marcelo Capitani, che ha appena firmato un contratto di 2 anni con Wilson. «In Italia oggi ci sono molti giocatori che si dedicano esclusivamente al padel, e possono vivere solo di quello, affiancando però ai tornei e agli sponsor anche le lezioni». Capitani ha fondato la Padel Italia Academy e, oltre all’ora e mezza di allenamento che fa quasi tutti i giorni, passa altre 6 o 7 ore a insegnare: «Viaggio tanto, praticamente tutta la settimana: Treviso, Pordenone, Torino, Palermo, Grosseto. Prima lo facevo in Spagna e l’ho girata tutta, anche se ti devo dire la verità: non è che visitassi molto la città, vedevo soltanto l’albergo dove dormivo e il circolo dove giocavo».

A quasi 46 anni, Marcelo Capitani non parla ancora di ritiro: «Vado avanti finché il corpo me lo permette». Questo è uno sport longevo, il “Messi del Padel”, Fernando Belasteguín, ha 41 anni ed è ancora il numero 3 del mondo, ma secondo Capitani «ogni anno che passa l’evoluzione è maggiore e richiede sempre più sforzo fisico. Oggi ai livelli più alti ci sono tanti giovani». Perciò sottolinea: «Ho sempre avuto cura nell’alimentazione, che è molto importante, e soprattutto nella prevenzione degli infortuni. A tutti i ragazzi che iniziano a giocare, di qualsiasi età, direi di avere conoscenza e consapevolezza che questo è l’aspetto più importante nello sport di oggi». Fa molti esercizi a corpo libero per prevenire le lesioni sulla schiena, sulle ginocchia e sulle caviglie e dice: «Il mio nutrizionista mi ha tolto tutto quello che in spagnolo comincia con la “p”: pane, postres (il dolce tipico argentino, nda) e patate».

Anche ai giocatori di padel dedicano i video-skill su Youtube, anche se non sono ancora tanti come quelli dei calciatori. Questa, per esempio, raccoglie i migliori punti di Marcelo Capitani

Preparando l’intervista ho scoperto che anche nel padel esistono i ruoli: chi gioca a destra si chiama drive ed è considerato il più difensivo della coppia, mentre chi sta a sinistra si chiama revés ed è il giocatore più offensivo, perché avendo la mano destra vicino al centro del campo gode di un angolo di gioco molto più ampio. Marcelo Capitani mi spiega: «È stato così per tanto tempo, il drive giocava in funzione del revés che doveva chiudere il punto. Ma oggi il livello si è alzato molto e tutti e due devono essere in grado di chiudere i punti, altrimenti alla coppia manca qualcosa». Ovviamente questo discorso vale per chi usa la mano destra: una coppia con un mancino è avvantaggiata perché entrambi hanno più campo da attaccare.

Alla fine dell’intervista, e dopo aver giocato molto a padel in questi mesi, sono arrivato alla conclusione che, al di là delle pareti che permettono le sponde, la vera differenza tra il tennis (almeno nella sua forma più nota e spettacolare, quello individuale) e il padel sia proprio la presenza del compagno. Capitani conferma: «Il padel è chiaramente uno sport di squadra e come tutti gli sport di squadra si gioca insieme al compagno. Tutto quello che fa il tuo compagno ti condiziona e tutto quello che fai tu condiziona il tuo compagno. Il miglior colpo nel padel non è un colpo tecnico, ma è avere la giusta alchimia con il compagno. Soprattutto in una partita importante, in un momento delicato, la differenza la farà la coppia che sarà più unita dell’altra. È un dato di fatto».