Luka Modric non vuole abdicare

E lo ha dimostrato con il meraviglioso gol contro la Scozia, un colpo di coda di una carriera irripetibile.

Ripensandoci adesso, a mente fredda, alla carriera di Luka Modric mancava proprio – se non solo – un gol come quello realizzato contro la Scozia. Un gol sublime, anche decisivo, un gol che è una cartolina formato GIF del suo modo di intendere il calcio. Non che Modric non avesse realizzato altre grandi reti in altre grandi competizioni, basti pensare solo a quella contro l’Argentina ai Mondiali 2018, l’acuto massimo in un torneo letteralmente dominato dal centrocampista della Croazia, al punto da condurre la sua Nazionale addirittura in finale, al punto da arrivare (giustamente) fino al Pallone d’Oro, il primo Pallone d’Oro “straniero” dopo dieci anni di diarchia illuminata Messi-Ronaldo. Modric avrà segnato tanti altri gol altrettanto belli, magari in Champions col Real Madrid, solo che il tiro contro la Scozia ha qualcosa in più, anzi è qualcosa in più: è un testamento calcistico, è il magnifico colpo di coda di un re del gioco che non ha alcuna intenzione di abdicare.

Quello del tempo che passa e cambia le cose, riducendone la grandezza, è un tema molto forte in questi giorni, in questi anni. Forse è anche colpa dello stop imposto dalla pandemia, di un calendario compresso ma anche dilatato, ma ormai è evidente che tutti i fuoriclasse nati negli anni Ottanta, chi più e chi meno, hanno iniziato a percorrere il crepuscolo della carriera. Stiamo parlando di Ronaldo e Messi, ovviamente, ma anche di Modric, Ibrahimovic, Chiellini, di chi ha già lasciato il calcio o il grande calcio (Iniesta, Schweinsteiger, Rooney, Fernando Torres), insomma di un’intera generazione di grandi campioni che ha traghettato il gioco nell’era moderna, segnandolo profondamente. E che ora sta lasciando spazio ai ragazzi nati nei due decenni successivi.

Quello del passaggio di consegne o dell’addio è un momento malinconico e crudele e anche ingrato, se vogliamo, ma è il frutto di un processo di successione naturale e quindi inevitabile, inarrestabile, che si può solo rimandare, fin quando il peso degli anni non diventa troppo ingombrante, troppo difficile da spostare in avanti. Ecco, forse questo è il vero punto focale dell’intero discorso: Modric, a 36 anni da compiere a settembre, sta cercando di ritardare il più possibile la fine del suo tempo, la rinuncia al trono, esattamente come stanno facendo Ronaldo, Messi, Ibra e altri componenti del loro “gruppo storico”. Ci stanno riuscendo? La risposta a questa domanda è probabilmente affermativa, per un motivo sopra tutti: oggi la carriera dei calciatori è una linea retta molto più dilatata in tutte le direzioni, oggi i migliori giocatori si affermano (molto) prima e si ritirano (molto) dopo rispetto al passato, perché oggi le tecnologie a disposizione e le conoscenze mediche sono decisamente più avanzate, perché oggi ci si allena meglio, si vive meglio, si lavora meglio.

E poi c’è la qualità, che nel caso specifico – quello di Modric – è ancora lì che brilla, praticamente intatta, evidentemente superiore. Il gol realizzato contro la Scozia è un esempio mirabile, non solo per l’eleganza e la cifra estetica del gesto tecnico, ma anche per l’altro bellissimo lancio d’esterno che dà il via all’accerchiamento, per la furbizia con cui è stato pensato, per la capacità di leggere e seguire il gioco, di portare i compagni a servirlo lì, poco oltre il limite dell’area, e poi per la lucidità di andare a colpire la palla con quella parte del piede, così da darle una traiettoria non arginabile, un giro imprendibile. Il fatto che questa azione e questo gol siano arrivati nel corso di una partita da 116 palloni giocati, sette lanci lunghi riusciti su dieci tentativi e un assist servito, solo per restare alle statistiche grezze, rende tutto più grande, più significativo.

Apre Modric, chiude Modric, tutto con l’esterno destro

Il punto, però, è che una volta certe prestazioni erano la regola, per Luka Modric. Erano costanti, continue, ripetute. Modric giocava in questo modo in tutte le partite, magari non realizzava sempre un gol del genere, ma tutto il resto – che poi è la parte più importante, per un centrocampista che dirige e organizza la manovra – era più o meno garantito, al netto di un possibile momento di difficoltà, di un’eventuale giornata/serata negativa, di un potenziale errore grossolano, insomma delle cose brutte che possono capitare a chiunque. Negli ultimi tre anni, proprio dal Mondiale 2018 a oggi, il rapporto è leggermente cambiato: Modric ha continuato a sciorinare la sua tecnica superiore, la sua leadership regale, il suo controllo onnisciente sul gioco, ma l’ha fatto con meno frequenza, un po’ a intermittenza, come se gli apici assoluti toccati nel corso degli anni fossero diventati più difficili da raggiungere, da un certo punto in poi. Non a caso, viene da dire, il Real Madrid non è più andato oltre la semifinale di Champions League, e la sconfitta contro il Chelsea di un mese e mezzo fa è stata netta, ampia, meritata; non a caso, viene da aggiungere, la Croazia non è stata brillantissima nelle qualificazioni agli Europei, ha racimolato solo tre punti in sei partite di Nations League e si è qualificata agli ottavi di Euro 2020 con una sola vittoria in tre partite, ottenuta per di più contro un avversario a dir poco modesto.

Luka Modric resterà nella storia del calcio, sarà ricordato da tutti per lo splendido gol segnato alla Croazia, per il meraviglioso Mondiale 2018, per le grandi vittorie raggiunte da protagonista assoluto con il Real Madrid, nell’ordine che volete; i più esperti lo celebreranno perché ha saputo dare vita e lustro a una nuova idea di centrocampista creativo, per come è riuscito a rendere reso mobile e iper-tecnico il concetto stesso di regia calcistica, per il fatto che abbia influenzato come pochissimi, o forse come nessuno, l’evoluzione del gioco nell’ultimo decennio. In virtù di tutto questo, il Modric che vediamo oggi è solo ciò che resta di un giocatore fenomenale, una versione più episodica e limitata, perché sì, purtroppo è vero: il tempo passa e cambia le cose, riducendone la grandezza. Anche se Luka Modric non l’accetta e non l’accetterà, e proverà fino all’ultimo a dare un altro colpo di coda, a sconfiggere anche gli anni che passano e diventano più pesanti, e rendono le imprese più difficili. Sarà divertente, e anche un po’ commovente, capire fin dove potrà spingersi: il prossimo esame è in calendario il 28 giugno, la Croazia sfiderà Svezia, Slovacchia, Spagna o Polonia negli ottavi di finale degli Europei. Modric affronterà una di queste squadre, e proverà a batterla e a battere anche il tempo, ancora una volta.