La prestazione totale di Granit Xhaka contro la Francia

Il centrocampista della Svizzera ha governato il gioco, ha servito un assist decisivo, ha trascinato i suoi compagni a una vittoria storica.

Al termine di partite come quelle tra Francia e Svizzera, in cui la componente emotiva diventa inevitabilmente preponderante rispetto a quella tecnico-tattica, le immagini che restano più impresse sono quelle delle esultanze e della delusione, della gioia e delle lacrime, oppure i momenti in cui i giocatori-condottieri portano di peso i propri compagni a superare i limiti, oppure li trascinano verso il basso. Pogba e Ricardo Rodríguez, Mbappé e Seferovic, Sommer, Benzema e soprattutto Granit Xhaka: sono stati loro i grandi protagonisti di una notte indimenticabile per i tifosi svizzeri e per quelli (più o meno) neutrali, grazie alle loro giocate ma soprattutto alla loro carica positiva e/o negativa. In questo senso, basti pensare a come sia cambiato l’andamento della partita dopo il rigore fallito dal terzino del Torino, oppure all’importanza del discorso di Xhaka, al centro del cerchio composto dai suoi compagni, prima dell’inizio dei supplementari.

In realtà, proprio questa immagine iper-retorica, per quanto significativa, rischia di offuscare quelli che sono i veri meriti, gli enormi meriti del centrocampista dell’Arsenal, capitano e numero dieci della sua Nazionale: la sua prestazione, intendiamo quella puramente tecnica, è stata quasi soprannaturale per continuità, intelligenza, presenza nel cuore del gioco. Le statistiche individuali vanno sempre lette in maniera critica, cioè vanno contestualizzate, ma in questo caso riescono a dare seguito e significato a certe definizioni: Xhaka ha messo insieme 101 palloni giocati e 87 passaggi con il 93,2% di precisione, cinque palle recuperate, sei eventi difensivi tra palloni intercettati, spazzati e contrasti vinti, due duelli aerei riusciti, otto lanci lunghi precisi su otto tentati, tre occasioni create e un assist decisivo.

In questo caso, poi, l’aggettivo decisivo ha un significato doppio, quindi ancora più profondo: Xhaka non ha solo propiziato il bel gol di Gavranovic, ma ha anche permesso alla Svizzera di raggiungere il pareggio nei minuti di recupero, al termine di una partita che la Nazionale di Petkovic aveva prima vinto in maniera meritata, poi perso quasi ineluttabilmente contro il talento straripante della Francia, e infine l’ha recuperata sul gong. Grazie alle mosse del suo allenatore, al calo evidente di concentrazione dei francesi, ma soprattutto grazie a Granit Xhaka, alla sua prontezza, alla sua completezza formale e sostanziale.

Proprio l’azione del gol di Gavranovic restituisce questa sensazione di dominio a centrocampo, pur nell’ambito di qualità tecnico-atletiche ben definite, di pregi e difetti evidenti: ricevuto un pallone recuperato grazie al pressing alto dei compagni, Xhaka l’ha condotto senza correre troppo veloce nella metà campo francese, poi ha alzato la testa e ha visto un corridoio in cui lanciare Gavranovic; il passaggio di sinistro è stato rapido, radente al terreno, ha tagliato in due le linee della Francia e ha permesso all’attaccante svizzero di affrontare Kimpembe uno contro uno, mentre altri due giocatori della Svizzera tenevano occupati i difensori di Deschamps; dribbling secco e tiro sul secondo palo, imprendibile per Lloris. Per Xhaka si è trattato del quarto assist totale da agosto 2020 a oggi, due con l’Arsenal e due con la Svizzera, quindi di un piccolo evento nella consueta partita di fosforo e sacrificio. Ma è proprio questo, il punto: pur dovendo gestire il centrocampo e organizzare la manovra della Svizzera, per di più affrontando occhi negli occhi Pogba e Kanté, Xhaka ha mantenuto la lucidità necessaria per effettuare un passaggio del genere. Al minuto numero 91′. Non è da tutti.

Il gol – e quindi anche l’assist – più importante nella storia del calcio svizzero?

Basta riguardare il video degli highlights personali di Xhaka per rendersi conto che quella freddezza, quella leadership, quella capacità di comprendere e governare il gioco, sono state una costante nella sua partita. Era praticamente inevitabile che il centrocampista dell’Arsenal, promesso sposo della Roma e di Mourinho, venisse premiato come Star of the Match dalla Uefa: il premio doveva essere assegnato a lui nonostante uno dei suoi compagni abbia realizzato una doppietta, nonostante il portiere Sommer abbia parato il rigore decisivo a Kylian Mbappé. Certo,  la componente emotiva avrà contribuito non poco a farlo eleggere miglior giocatore di Francia-Svizzera. Ma certe partite, per di più agli ottavi di finale dei Campionati Europei, non si vincono solo con la grinta e la rabbia agonistica, certi avversari non si dominano solo con la forza mentale: servono anche qualità, coscienza dei limiti e capacità di superarli. Occorre essere un grande giocatore, prima ancora che un capitano. Ecco, Granit Xhaka è stato proprio questo.