Jack Grealish non fa solo spettacolo, cambia anche le partite

Il suo ingresso in campo ha propiziato la vittoria dell'Inghilterra contro la Germania.

A Euro 2020, Gareth Southgate sta facendo opera di sottrazione: ha iniziato la prima partita, contro la Croazia, schierando Mount, Foden, Sterling e Kane, tutti insieme; per la sfida alla Germania, negli ottavi di finale, sono sopravvissuti soltanto gli intoccabili Sterling e Kane, dietro di loro il ct ha schierato una difesa a tre e un centrocampo con Phillips e Rice. Non proprio il massimo della fantasia, ecco. Queste scelte di Southgate, però, hanno una ratio: il tecnico dell’Inghilterra ha bisogno di equilibrare il più possibile una squadra che dispone di una quantità di talento offensivo quasi imbarazzante (oltre ai giocatori già citati, ci sono in rosa anche Rashford, Sancho e Bellingham) e una difesa e un centrocampo di qualità sensibilmente inferiore.

Contro la Germania, ne è venuta fuori una gara ondivaga ma anche bloccata, in cui le due squadre si sono alternate nel predominio tattico e quindi anche nella capacità di costruire occasioni da gol, prima una e poi l’altra, come se fosse una partita di tennis tra due giocatori che hanno più o meno le stesse caratteristiche, e che quindi sfruttano il proprio momento favorevole, il game di battuta, un calo dell’avversario. È andata così finché Southgate, a venti minuti dalla fine, ha capito che poteva osare, che era arrivato il momento di dare uno strappo al match di Wembley. Per farlo, non ha scelto Rashford, Sancho, Bellingham o Foden, tutti seduti comodamente accanto a lui, su panchine che in realtà non sono panchina. Per farlo, ha scelto Jack Grealish.

In un articolo pubblicato da Espn dopo la partita contro la Germania, la carriera di Jack Grealish viene ricostruita a partire dal suo carattere, dal fatto che «la sua reputazione come “Jack the Lad” ha oscurato la sua abilità calcistica, e non l’ha aiutato nel suo rapporto con Southgate, un ct che ha ripetutamente parlato della necessità che i suoi giocatori debbano sempre avere lo spirito giusto». È una lettura che si può ampliare anche al suo modo di giocare: fino a un paio d’anni fa, Grealish era considerato un calciatore potenzialmente fortissimo ma molto difficile da gestire, per la sua tecnica anarchica, per la sua indolenza tattica. La promozione colta con l’Aston Villa nel 2019 e un nuovo approccio alla Premier League hanno cambiato completamente le sue prospettive, di fatto Grealish ha imparato a stare in campo, ha razionalizzato le sue doti, e così la sua creatività è diventata un’arma micidiale per l’Aston Villa. Un numero su tutti: nelle prime 11 gare della stagione 2020/21 – nove con l’Aston Villa, le prime tre della sua vita con la Nazionale inglese – Grealish è stato direttamente coinvolto in 12 gol segnati; cinque li ha realizzati personalmente, mentre in sette azioni è stato ha servito l’assist decisivo. Un infortunio l’ha tenuto fuori da fine febbraio a inizio maggio, ma poi ha ritrovato la forma migliore in tempo per rispondere alla convocazione di Southgate, per partecipare agli Europei.

Grealish è rimasto in panchina nella prima partita contro la Croazia, ha giocato 27′ – da subentrato – contro la Scozia e poi ha iniziato da titolare la terza gara del girone, quella contro la Rpubblica Ceca. Un crescendo rossiniano che l’ha portato a diventare l’idolo dei tifosi inglesi, ancor di più di quanto non lo fosse già: il gol di Sterling contro i cechi è arrivato grazie a un suo assist, a un pregevole e morbido cross di sinistro recapitato sulla testa dell’attaccante del Manchester City; oltre a quella giocata, il capitano dell’Aston Villa ha messo in mostra la sua capacità di svariare su tutto il fronte d’attacco, di ricevere e lavorare bene il pallone in qualsiasi posizione, in qualsiasi condizione, la sua intelligenza nel raccordare i reparti nei mezzi spazi, costringendo così la difesa avversaria a rompere la linea. Anche contro la Germania è andata allo stesso modo: Southgate, come detto, ha scelto di schierarsi a specchio con la squadra di Löw e poi ha inserito Grealish al momento giusto, per sparigliare il piano tattico; il numero sette dell’Inghilterra ha preso il posto di Saka, schierato nello slot di laterale offensivo a destra del 3-4-3, ma si è mosso sempre nella sua comfort zone, a ridosso delle punte Kane e Sterlina ma un po’ spostato sul centrosinistra, dando vita a un 3-4-1-2 asimmetrico che ha mandato in tilt la difesa tedesca. Non a caso, i due gol che hanno indirizzato la partita sono arrivati proprio da sinistra, e grazie al contributo attivo di Grealish: pochi istanti prima del tocco sotto porta di Sterling, Grealish ha pulito il pallone sulla trequarti, l’ha aperto sulla destra e infine, poco dopo, l’ha servito con i tempi giusti a Shaw, autore dell’assist decisivo; in occasione della rete di Kane, Grealish si è messo in proprio, attaccando l’area – sempre da sinistra – dopo un recupero palla in avanti e trovando il centravanti del Tottenham con un perfetto cross a mezz’altezza.

Il gol di Kane

Nel postpartita, Southgate ha detto che «Grealish ha un talento davvero speciale e può avere un grande impatto sulla nostra squadra». Il fatto che sia stato Southgate, proprio Southgate, a utilizzare certi termini, ha un significato profondo e importante: Grealish è diventato un giocatore decisivo ai massimi livelli, non parliamo più solo di un trequartista creativo che piace al pubblico anche per la sua attitudine, per la sua personalità, ma di un calciatore completo, di una risorsa che può essere fondamentale a partita in corso e anche da titolare, magari contro avversari più chiusi, contro cui occorre una dose extra di qualità. Non è un caso, insomma, che Guardiola stia insistendo (e voglia spendere) tantissimo per portarlo al Manchester City: Grealish, oggi, è una fonte di giocate belle ma anche efficaci, sa unire perfettamente le esigenze tattiche con lo spettacolo, perché riesce a cambiare e a infiammare le partite in pochi istanti. Ci riesce anche agli Europei, anche se la partita in questione è Inghilterra-Germania: a questo punto sarebbe strano, se non proprio stupido, nutrire ancora dei dubbi su di lui, sul fatto che meriti di approdare in una grande squadra.