Il Barcellona ha litigato con il Beitar per un’amichevole a Gerusalemme

Il club azulgrana si è rifiutato giocare nella città contesa, e questo non è piaciuto alle istituzioni israeliane.

Il Barcellona sta vivendo un periodo storico davvero complicato: la querelle per il rinnovo contrattuale di Leo Messi, ancora non ufficializzato, si intreccia con la profonda crisi economica che affligge il club blaugrana, e quindi anche con un calciomercato che dovrà necessariamente essere al ribasso e incentrato sulle cessioni e sul taglio del monte ingaggi. Oltre a tutti questi macro-problemi, è scoppiata anche una polemica politica con il Beitar Gerusalemme, con cui il Barça aveva organizzato un’amichevole da giocare nella capitale di Israele. La partita, in teoria, si sarebbe dovuta disputare il 4 agosto al Teddy Kollek Stadium, impianto da 34mila posti ubicato nella zona della città occupata dall’esercito israeliano, ma alla fine è stata annullata. Secondo i media internazionali, sarebbero state decisive le proteste delle associazioni pro-Palestina e delle istituzioni calcistiche palestinesi, e questo ha fatto infuriare i vertici del Beitar e le istituzioni israeliane.

Moshe Hogeg, uno dei proprietari del Beitar, ha scritto su Facebook che «il contratto pronto da firmare per l’amichevole prevedeva una clausola non negoziabile per cui il Barcellona non avrebbe disputato la partita a Gerusalemme, nella capitale del nostro stato. Inoltre, c’erano altre richieste politiche che non mi piacevano. Per questo, ho deciso a malincuore di non procedere con l’organizzazione della partita: sono orgogliosamente ebreo e israeliano, e non posso tradire la città di Gerusalemme». Anche Moshe Lion, il sindaco della città, ha espresso il suo disappunto per questa vicenda: «Gerusalemme è la capitale dello stato di Israele e la decisione di boicottarla non è una decisione professionale, sportiva o educativa, piuttosto è una chiara scelta politica. I club che decidono di non giocare a Gerusalemme dovrebbero essere completamente banditi da Israele». Il Barcellona, dal canto suo, ha dichiarato che la partita non era ancora stata fissata ufficialmente.

È probabile che il club catalano, oltre che dalle critiche ricevute negli ultimi giorni, si sia fatto condizionare dall’eterna instabilità che si respira a Gerusalemme: dal 1967, la città è stata annessa allo stato di Israele con un atto non riconosciuto dalla comunità internazionale, e ancora oggi risulta contesa e divisa tra lo stato ebraico e la Palestina. Nelle valutazioni del club blaugrana devono aver avuto un peso anche la reputazione e la storia del Beitar, una società apertamente schierata con l’estrema destra israeliana, che in virtù di questa visione non ha mai acquistato un giocatore arabo. In passato il club sembrava fosse sul punto di infrangere questa tradizione, ma i gruppi di supporter più radicali – tra cui La Familia – avevano protestato e minacciato i dirigenti ancor prima che le voci di mercato si traducessero in una reale operazione. Non a caso Sami Abou Shehadeh, deputato del partito filo-palestinese Balad nel parlamento israeliano, aveva chiesto al Barça di annullare la partita, affermando che «il Beitar rappresenta i segmenti più estremisti, razzisti e fascisti della società israeliana».