La prima medaglia olimpica nella storia del nuoto italiano l’ha vinta Novella Calligaris nei 400 metri stile libero ai Giochi di Monaco di Baviera del 1972. Arrivò seconda prima di vincere anche due bronzi, nei 400 misti e negli 800 stile libero, e Gian Paolo Ormezzano scrisse su Tuttosport: «Oggi l’Italia ha imparato a nuotare, o almeno ha imparato che deve, che può imparare a nuotare. Oggi muoiono le ultime stupidaggini sulla nostra razza inadatta allo sport e specialmente a certi sport». Ventotto anni più tardi è arrivato il primo oro, anzi i primi ori, tre, tutti insieme, con Domenico Fioravanti (100 e 200 rana) e Massimiliano Rosolino (200 misti) a Sydney 2000. «Cent’anni di nuoto italiano per vedere un oro olimpico. Da quel tizio che gareggiò sulla Senna nel 1900, ai Giochi di Parigi, sino a questa trionfale Sydney azzurra: l’inseguimento è stato eterno, velleitario, disperato, impossibile», fu il commento di Candido Cannavò sulla Gazzetta dello Sport.
Adesso, cinque anni dopo le tre medaglie di Rio de Janeiro 2016 (l’oro di Gregorio Paltrinieri nei 1500 stile libero e i due bronzi di Gabriele Detti nei 400 e 1500 stile libero), la Nazionale italiana di nuoto arriva ai Giochi di Tokyo con la squadra più forte, completa e ambiziosa di sempre. I due Mondiali e i due Europei che si sono svolti in quest’ultimo lustro sono sempre stati caratterizzati dal record di medaglie per l’Italia: sei ai Mondiali di Budapest 2017, migliorato con le otto dei Mondiali di Gwangju 2019; 22 agli Europei di Glasgow 2018, diventate 27 nell’edizione dello scorso maggio, tenutasi nuovamente a Budapest – con un anno di ritardo a causa della pandemia. In Giappone, per confermare questa ascesa, bisognerà superare le sei medaglie vinte a Sydney 2000.
Se osserviamo le classifiche dei migliori tempi della stagione, sono quattro le medaglie che dovrebbe vincere l’Italia: Gregorio Paltrinieri è primo negli 800 stile libero e terzo nei 1500 stile libero; Federico Burdisso è secondo nei 200 farfalla e Margherita Panziera è seconda nei 200 dorso. Ma il discorso è molto più complesso, perché, soprattutto nel nuoto, un grande evento come l’Olimpiade fa storia a sé, rimescola le carte, include un’enorme componente psicologica che da sempre garantisce sorprese e delusioni. Meglio quindi concentrarsi sulle singole situazioni. Quella di Gregorio Paltrinieri, per esempio, è parecchio delicata. È vero che l’Italia non ha mai avuto così tante carte da medaglia come a Tokyo, ma è anche vero che un’ampia fetta delle ambizioni azzurre di migliorare il risultato di Sydney 2000 passa inevitabilmente attraverso le condizioni di Paltrinieri, favorito per due podi (se non due ori) negli 800 e nei 1500 stile libero ma colpito qualche settimana fa dalla mononucleosi. La mononucleosi è una malattia subdola per gli sportivi professionisti: come ha scritto Swimming World, «il virus indebolisce, soprattutto in una prova aerobica come le lunghe distanze a stile libero». Negli ultimi giorni il presidente del Coni Giovanni Malagò ha detto che «Paltrinieri ha praticamente superato tutto, sta facendo i doppi carichi di allenamento», ma nessuno può prevedere se le energie lo sosterranno o al contrario lo abbandoneranno nei momenti decisivi delle gare. L’ucraino Mychajlo Romančuk e il tedesco Florian Wellbrock negli ultimi anni si sono avvicinati tanto al livello di Paltrinieri, e se l’italiano non sarà nella forma migliore difficilmente riuscirà a essere competitivo.
Ci sono comunque molti altri atleti che sono partiti per Tokyo con l’obiettivo realistico di tornare a casa con una medaglia. Non è detto che tutti ci riescano, naturalmente, anche perché in alcune gare l’oro sembra già assegnato a marziani scesi sulla terra come Adam Peaty e Lilly King nei 100 rana maschili e femminili, ma è la prima volta nella storia che l’Italia si presenta al via dei Giochi Olimpici con nuotatori e nuotatrici di vertice in tutti gli stili (esclusi i misti) e con una perfetta suddivisione di punte tra uomini e donne. Subito dopo Paltrinieri, la più quotata a conquistare una coppia di medaglie è Simona Quadarella negli 800 e nei 1500 stile libero. Come Paltrinieri, anche lei ha vissuto un avvicinamento complicato a causa di una gastroenterite che l’ha costretta a rimandare di pochi giorni la partenza per il Giappone, ma adesso si è ristabilita, è arrivata a Tokyo dopo aver viaggiato con un giornalista che poi è risultato positivo al Coronavirus ed è pronta a sfidare la fuoriclasse statunitense Katie Ledecky. Quadarella ha il quarto miglior tempo della stagione in entrambe le specialità (8’20’’23 negli 800 e 15’48’’81 nei 1500), ma considerando i suoi record personali (8’14’’99 e 15’40’’89) ha davanti a sé solo Ledecky. Nelle gare a lunga distanza è più facile che si confermino i pronostici della vigilia, e l’unica altra atleta in grado di reggere il ritmo di Quadarella e Ledecky sembra l’australiana Ariarne Titmus negli 800 stile libero: per questo le previsioni del sito SwimSwam assegnano all’azzurra due argenti.
Federico Burdisso e Margherita Panziera vivono una situazione simile tra loro. Sono entrambi secondi – e quindi sulla carta da medaglia – nei ranking stagionali delle rispettive specialità, i 200 farfalla e i 200 dorso, ma sono arrivati entrambi quarti agli ultimi Mondiali. Sarà la loro abilità nel convivere con la pressione della medaglia d’argento virtuale a tracciare il solco tra un podio reale (che rimane alla portata, perché nei 200 farfalla dietro l’ungherese Kristóf Milák la concorrenza non è folta, mentre nei 200 dorso mancherà la campionessa mondiale in carica, la statunitense Regan Smith, che è arrivata terza ai Trials e non si è qualificata) e un altro piazzamento fuori dalle medaglie.
La capacità di gestire l’emozione di un grande evento come l’Olimpiade sarà decisiva anche per Nicolò Martinenghi, che parte dalla quarta posizione nella classifica mondiale stagionale dei 100 rana con il record italiano di 58’’29 realizzato a giugno al Trofeo Settecolli di Roma. In nessuna gara dei Giochi di Tokyo 2020 si è più certi di nuotare solo per l’argento come nei 100 rana maschili: il britannico Adam Peaty è imbattuto dal 2014, cioè da quando ha esordito a livello internazionale, e detiene 18 dei migliori 20 tempi della storia. Il suo record del mondo è di 56’’88, oltre un secondo più veloce del primato personale dell’avversario più vicino, il neerlandese Arno Kamminga, che quest’anno ha nuotato 57’’90. Peaty fa un altro sport, ma alle sue spalle c’è margine per inserirsi, anche se Martinenghi non ha mai vinto medaglie internazionali nei 100 rana a livello senior e spesso, come agli ultimi Europei in cui ha chiuso quinto, ha dimostrato di perdersi sul più bello.
Per Gabriele Detti vale invece il discorso opposto. Finora in questa stagione non ha brillato (ha l’ottavo miglior tempo dell’anno nei 400 stile libero e il quarto negli 800), ma è sempre stato un garista e nei 400 stile libero, tra Giochi Olimpici e Mondiali, va a medaglia ininterrottamente dal 2016. A causa delle assenze del cinese Sun Yang (squalificato per doping) e dell’australiano Mack Horton (ha mancato la qualificazione ai Trials) la finale dei 400 si prospetta più aperta che mai, e se Paltrinieri dovesse alzare bandiera bianca Detti potrebbe dire la sua anche negli 800, di cui è stato campione mondiale nel 2017 pur non migliorandosi a livello cronometrico da quella gara.
Altre possibilità di medaglia, seppur più remote, arrivano dai 100 stile libero maschili e dai 100 rana femminili. Alessandro Miressi è quarto nella classifica dei migliori tempi della stagione e agli Europei di Budapest ha vinto la medaglia d’argento migliorando tre volte in poche ore il record italiano, da 47’’74 a 47’’53 a 47’’45: con un ulteriore miglioramento può diventare il primo azzurro a conquistare una medaglia olimpica nella gara più rappresentativa del nuoto, anche se il recente 47’’30 del sedicenne romeno David Popovici aggiunge un avversario in più a una specialità quasi impossibile da pronosticare. Benedetta Pilato e Martina Carraro partono con l’ottavo e il nono miglior tempo mondiale dell’anno, ma a Tokyo non gareggeranno Arianna Castiglioni (che ha realizzato il record italiano di 1’05’’67 al recente Trofeo Settecolli, troppo tardi per sottrarre a una delle due compagne di nazionale il pass olimpico) né Annie Lazor e Bethany Galat, rispettivamente la terza e la quarta statunitense ai Trials. Pilato e Carraro saranno dunque la quinta e la sesta miglior atleta effettivamente al via dei 100 rana femminili, ma per salire sul podio dovranno nuotare ai limiti della perfezione e abbassare di qualche decimo di secondo i loro primati personali.
Merita un paragrafo a parte Federica Pellegrini. Gli esperti, i commentatori e anche il suo allenatore Matteo Giunta continuano a ripetere che l’obiettivo principale rimane la qualificazione alla finale dei 200 stile libero: dovesse riuscirci, diventerebbe la prima nuotatrice nella storia a conquistare cinque finali olimpiche consecutive nella stessa specialità, dal 2004 al 2021, una longevità straordinaria per gli standard di questo sport. Anche considerando la classifica dei migliori tempi stagionali l’accesso in finale sembra il massimo a cui possa ambire Pellegrini, che al momento è nona con 1’56’’29 insieme ad altre due atlete. Escludendo però le australiane Emma McKeon (che a Rio arrivò terza proprio davanti all’azzurra) e Leah Neale, che non disputeranno la gara, Federica Pellegrini sale automaticamente al settimo posto. E la sua carriera insegna che, una volta in finale, nessuna atleta al mondo interpreta i 200 stile libero meglio di lei. Ariarne Titmus e Katie Ledecky sono in grado di raggiungere tempi ormai proibiti alla nuotatrice veneta, ma contro tutte le altre l’esperienza di Pellegrini può diventare un fattore.
Per l’Italia quindi raggiungere o fare meglio delle sei medaglie di Sydney 2000 è un obiettivo alla portata, anche se sarà fondamentale che Gregorio Paltrinieri stia bene e ne vinca due, altrimenti le possibilità si riducono drasticamente. Il sito SwimSwam ne pronostica sette, per la Nazionale azzurra, mentre Swimming World crede che possano essere sei. E sempre tenendo i Giochi di Sydney come termine di paragone sarà interessante contare le qualificazioni in finale che gli azzurri e le azzurre raggiungeranno. Il numero da battere è 14: con le finali non si prendono le prime pagine dei giornali, ma sono molto utili per verificare lo stato di salute e la profondità del movimento.