Erling Haaland, caos e perfezione

Il suo corpo è unico, come il suo stile dentro e fuori il campo da gioco: è la nuova rappresentazione del campione, più umana, più vicina a noi, all'era di internet e dei social.

Ogni cosa che fa Erling Haaland ha un che di istintivo. Quando da giocatore si lancia in corsa – tutto il suo metro e novantaquattro, galoppando, ringhiando e sbuffando; braccia e gambe come stantuffi, la testa una frusta che va da un lato all’altro in una ricerca lussuriosa del gol – sembra quasi che, se non fosse evidentemente impegnato in una partita di calcio d’élite, potresti trovarlo in qualche campetto del Rogaland in Norvegia,
mentre corre nudo come il vento senza motivo. C’è della purezza, in Haaland. E sui suoi social, anche: sembra che se non sia il calciatore ventenne più desiderato del pianeta, ma semplicemente un ragazzino con un telefono, un umorismo un po’ scemo, e un grosso sorriso raggiante.

Possiamo dire che le fotografie da bordo campo che inevitabilmente dominano il suo feed Instagram lo rendano poco originale rispetto a quello degli altri giocatori. È così. Ma la cosa più interessante – se riusciamo a mettere da parte le caption fatte dal marketing del club e le immagini curatissime – è il modo in cui al contrario Haaland ha portato sul campo i toni dei social media. Nello stesso modo in cui, tre generazioni prima di lui, un giocatore poteva scendere in campo con la responsabilità di un’intera comunità sulle sue spalle; oppure, due generazioni fa, giocare con la joie de vivre di un poeta da pub, Erling Haaland rappresenta una generazione per cui internet è tutto, è ovunque, costantemente.

Fa le facce alla telecamera mentre è allineato coi compagni a centrocampo prima del fischio d’inizio, si mette in pose che sembrano costantemente scherzare sulla sua stessa immagine ogni volta che fa gol e, soprattutto, sembra sempre che si stia divertendo un sacco. Sa quello che la gente si aspetta da lui (i gol) e allo stesso tempo capisce benissimo quanto può essere divertente vedere un giocatore sbattersi e schiantarsi in giro per il campo. Haaland è un atleta vecchia scuola, aggressivo e sfacciato, creato però dall’Algoritmo.

L’Algoritmo è un concetto quasi mitico, di cui si parla a mezza voce tra gli esperti che capiscono i volubili capricci di internet. Tutti sanno che il timing, il tono di voce e la cara vecchia fortuna sono fattori fondamentali per il successo di un contenuto, ma l’ineffabile algoritmo – linee di codice che decidono chi e quando visualizza i tuoi post – è qualcosa di impossibile da controllare. Ecco, Haaland è un giocatore che conosce l’algoritmo del calcio moderno come se fosse un vecchio saggio del content. Sa come attirare l’attenzione con i suoi pugni giganti, e soprattutto sa come tenerla lì. L’altro calciatore più simile a lui, in termini di approccio e impatto, è naturalmente Kylian Mbappé, il fenomeno del Psg. Ogni sua mossa sembra venire da una pubblicità Nike, sciolta, precisa.

Una parte fondamentale del perché ci affezioniamo alle celebrità è il dualismo: li teniamo su piedistalli altissimi, ma allo stesso tempo amiamo quando si intravede un raggio di goffa normalità. Erling Haaland, in questo, ha un equilibrio perfetto. È un ragazzotto di campagna strano ma carino nel corpo di una macchina da gol micidiale; è allo stesso tempo il tuo fratellino un po’ sfigato e troppo attaccato a Fifa e un gigantesco velocissimo talento mondiale. Uno dei giocatori più famosi del mondo e un tipo come un altro seduto davanti al computer a guardare siti scemi.

Molto di ciò che si dice di Haaland gira intorno alle sue qualità atletiche. Esattamente come le sue statistiche assurde, il suo personaggio in carne e ossa è gigantesco, con proporzioni che sconvolgono la mente umana. Avete visto le sue gambe? Se si stira una coscia bisognerà portarlo da un meccanico! Eppure sono proprio queste dimensioni terrificanti – le stesse che lasciano i difensori tremanti di paura e i centrocampisti a bocca aperta – a farlo sembrare così umano. Come con certi mostri dei film con cui il pubblico riesce a identificarsi, ci sembra di percepirlo il dolore di sentirsi fuori scala, eccessivi, anormali.

Che Erling Haaland sia riuscito a concentrare questa alterità – la sua stazza, la sua statura, le sue caratteristiche da cartone animato; ma anche i suoi cambi di passo sgraziati, i tocchi imperfetti, la tecnica quasi grezza – in un qualcosa che sembra, a tratti, perfetto, lo rende ancora più speciale. Non è un giocatore come Mbappé, nato per giocare a calcio. Erling Haaland ci ricorda il casino della vita e il caos di internet, infonde confusione in uno sport troppo spesso ben pulito, omogeneo, apprensivo e soddisfatto di sé. E per questo, gli dovremmo essere grati.

Dal numero 37 di Undici