All’Inter è cambiato tutto

Il gruppo Suning ha dovuto rivedere i suoi progetti iniziali, per la crisi economica legata alla pandemia ma anche per le direttive arrivate da Pechino.

Quando il 26 ottobre del 2018 Steven Zhang – pseudonimo di Zhang Kangyang 张建阳 – venne nominato nuovo presidente dell’F.C. Internazionale Milano, diventando il più giovane di sempre a ricoprire tale carica nella storia del club nerazzurro, la galassia Suning era una delle principali società in Cina, un colosso da oltre 40 miliardi di fatturato l’anno, che aveva proficuamente costruito il suo patrimonio commerciale ed economico, concentrandosi prevalentemente sulla costruzione di guanxi, un sapiente reticolo di relazioni sociali, parte integrante del pensiero e della dottrina confuciana, e oculata programmazione imprenditoriale. L’acquisizione dell’Inter da parte di un gruppo cinese così ricco e potente, per di più strettamente connesso al governo centrale di Pechino, rappresentava l’ennesima pedina atta a rinsaldare un longevo rapporto tra Italia e Cina, un’amicizia che trovava nel calcio un ideale e condiviso punto d’incontro.

La piega presa oggi dagli eventi, però, sembra suggerire ben altro. Infatti, a differenza di quanto sostiene l’abusata e persino logora citazione del titolo di un vecchio film di Marco Bellocchio, la Cina non è affatto vicina. Anzi, se possibile, non è mai stata mai così lontana e misteriosa, a tratti persino incomprensibile, se analizzata con i canonici strumenti dell’immaginario occidentale. L’incontro con un singolo cigno nero – definizione utilizzata a più riprese da Xi Jinping per descrivere eventi inaspettati con conseguenze estreme – ha modificato radicalmente le coordinate di un macrocosmo sportivo con il quale, seppur con qualche difficoltà, avevamo iniziato a familiarizzare. L’esplosione della pandemia Covid-19, infatti, ha mostrato le enormi difficoltà finanziarie del movimento calcistico cinese: gli investimenti sono diminuiti vertiginosamente, dopo una crescita assolutamente deregolamentata, e continueranno a farlo; anche per il calcio, così come per l’economia del paese, si parlerà di un processo di stabilizzazione definito, in maniera icastica, come “New Normal”. Da prezioso strumento di propaganda e soft power, insomma, lo sport più popolare al mondo è diventato un’attività di rilevanza secondaria, per utilizzare un eufemismo, un settore visto con scarso interesse dai quadri alti del Partito Comunista Cinese.

Da quando il governo di Pechino ha posto limitazioni e controlli più rigidi e severi per quel che riguarda gli investimenti nel settore sportivo all’estero, molti investitori cinesi hanno preferito cedere le proprie quote: l’ha fatto il gruppo Wanda con l’Atletico Madrid, Tony Xia all’Aston Villa, Plateno Hotel Group al Nizza, persino la Desports con il Parma. Quest’ultimi sono stati estromessi dalla gestione del club emiliano proprio per non essere riusciti ad effettuare un aumento di capitale. «Ci concentreremo in maniera risoluta sull’attività di vendita al dettaglio, e per farlo chiuderemo e ridurremo la nostra attività meno rilevanti, senza esitazione», ha recentemente dichiarato a questo proposito l’imprenditore Zhang Jindong, fondatore del Gruppo Suning, avvalorando ulteriormente le direttive del Partito Comunista Cinese.

La necessità della società di Nanchino di liberarsi, nel minor tempo possibile, dei rami considerati improduttivi dal politic bureau, come per l’appunto la sezione calcistica, ha però chiaramente scatenato il risentimento di molte persone che, per motivazioni varie, non condividono questi tagli imposti dal governo cinese. Éder Citadin Martins, in più di un’occasione negli ultimi mesi, si è scagliato contro i piani alti del gruppo Suning: forte di una lunga esperienza con le maglie dell’Inter e del Jiangsu, l’attaccante italo-brasiliano aveva tristemente predetto gli eventi delle ultime settimane, criticando ferocemente la gestione economica della società. Le cause vanno trovate nelle reiterate inadempienze economiche, tra cui mensilità arretrate a giocatori e membri dello staff, che hanno portato alla cessazione delle attività del Jiangsu Suning, la squadra che ha vinto il campionato nazionale nel 2020. Lo stesso Zhang Jindong ha palesato, nell’ultimo anno, difficoltà finanziarie piuttosto pesanti con perdite da quasi due miliardi e mezzo di dollari, ritrovandosi costretto a ridimensionare i propri ambiziosi progetti futuri. Anche quelli legati all’Inter, ovviamente.

La contrazione dei ricavi, colpiti implacabilmente dalla pandemia, ha indotto Suning ad optare per una serie di plusvalenze in bilancio, l’unica strada possibile per sistemare i conti in vista di una potenziale vendita futura. Come documentato dallo stesso club, la complessa situazione economica è aggravata dai lunghi tempi di riscossione dei proventi derivanti da sponsorizzazioni cinesi: la nuova normativa legata all’esportazione dei capitali all’estero richiede infatti un iter autorizzativo intricato, quindi un allungamento dei tempi di pagamento. Non casuale la scelta di sostituire, dopo 26 anni, il main sponsor Pirelli con Socios.com (piattaforma americana) nonostante la preferenza di Nanchino fosse sempre stata per uno sponsor orientale. Il gruppo Hisense – azienda multinazionale cinese con sede a Tsingtao – era dato per assoluto favorito fino a pochi mesi fa, ma poi ha preferito abbandonare il progetto di sponsorship con il club nerazzurro. Le difficoltà del gruppo Suning nel mondo del calcio non riguardano solamente l’Inter, ma anche altri affari, per esempio quelli relativi all’emittente online PPTV: dopo i ritardi nei pagamenti per quel che concerne i diritti tv della Premier League, il gruppo ha provato a rinegoziare al ribasso con il campionato inglese, fallendo nel tentativo e perdendo dunque la possibilità di trasmettere le partite; la stessa situazione di insolvenza si è ripetuta con la Liga e infine addirittura con la Chinese Super League, infatti il 3 marzo la China Sports Media – la società che detiene i diritti della Chinese Super League – ha annunciato ufficialmente la sospensione dei rapporti con l’emittente.

Romelu Lukaku è stato l’acquisto più costoso e la cessione più remunerativa da quando il gruppo Suning ha acquisito la proprietà dall’Inter: il club nerazzurro ha investito 74 milioni di euro per acquistarlo dal Manchester United nel 2019, e ne ha incassati 115 dal Chelsea pochi giorni fa per il suo cartellino (Marco Bertorello/AFP via Getty Images)

Per quanto, a questo punto, possa sembrare scontata la futura cessione dell’Inter al miglior offerente, l’attualità offre un quadro ricco di sfaccettature di non facile comprensione. La RPC è consapevole di quanto il calcio influenzi il modo di vedere e concepire certi fenomeni nel “Lontano Occidente”. Lo stesso Xi Jinping, in passato, si è fatto riprendere mentre palleggiava o scattava selfie con calciatori; in un incontro con con Gianni Infantino, il leader del Partito ha definito il calcio come «uno sport che permette di coltivare il patriottismo e la voglia di lottare». Chi ha acquisito società di calcio straniere, negli ultimi anni, non lo ha fatto per mero gusto imprenditoriale, ma perché guidate dai dettami del “Leader del Popolo”, uno degli appellativi di ispirazione maoista che la propaganda ha cucito addosso a Xi. Cedere l’asset F.C. Internazionale lasciando terra bruciata alle proprie spalle, per altro dopo essere diventata la prima proprietà straniera a vincere lo scudetto in Italia, andrebbe a compromettere pesantemente quanto di buono realizzato negli ultimi anni dal gruppo Suning.

C’è un antico detto in Cina, sempre molto valido nel descrivere situazioni di questo genere: “Le montagne sono alte e l’imperatore è lontano”: significa che le piccole o grandi malefatte che siano, distanti dalla capitale, se gestite nel modo giusto, possono passare inosservate. Il clamore della cessione di Lukaku, Hakimi, l’addio di Antonio Conte, le proteste dei tifosi interisti, potrebbero aver attirato l’attenzione anche del PCC. La parola fine a questa telenovela dai risvolti inaspettati, dunque, non è ancora stata scritta.