Brexit potrebbe dare il colpo di grazia al calcio scozzese

Le nuove regole hanno reso difficilissimo il calciomercato per tutti i club che non sono Celtic e Rangers.

Da quest’anno, dal primo gennaio 2021, il calcio mondiale ha dovuto fare i conti con Brexit, cioè con i nuovi regolamenti di accesso al Regno Unito per i calciatori dell’Unione Europea. Per dirla in maniera sintetica: i giocatori non britannici sono diventati tutti extracomunitari, non ci sono più differenziazioni tra le varie nazionalità. Entrando più nello specifico: perché i club britannici possano acquistare giocatori stranieri, quindi anche quelli provenienti dall’UE, serve che questi ottengano il GBE (Governing Body Endorsement), praticamente un permesso di lavoro che il Ministero dell’Interno concede sulla base di un sistema a punti basato su diversi fattori esperienziali – tra cui le presenze in Nazionale a livello di prima squadra e giovanili, le presenze accumulate nelle competizioni internazionali per club, il prestigio della società venditrice e altre ancora. Insomma, il regolamento è diventato molto più complicato e quindi molto più escludente, almeno in apparenza.

La realtà, come al solito, è più sfaccettata: questo nuovo sistema di valutazione non impatta in maniera significativa sui grandi acquisti delle grandi squadre della Premier League, che ovviamente hanno le risorse per rilevare giocatori riconoscibili su scala planetaria. Più difficile, molto più difficile, è la situazione di club meno ricchi e blasonati, che in passato hanno dovuto attingere a mercati di livello inferiore per sopravvivere, e ora stanno riscontrando dei grossi problemi. In un reportage del New York Times, si fa l’esempio del calcio scozzese, partendo dall’esperienza di Juhani Ojala, 32enne difensore finlandese acquistato dal Motherwell, nono classificato nella Scottish Premiership 2020/21: Ojala, dopo i primi dieci giorni in isolamento causa restrizioni sanitarie dovute al Coronavirus, avrebbe dovuto iniziare ad allenarsi con i suoi nuovi compagni di squadra, solo che ha potuto farlo dopo diverse settimane. Nonostante abbia accumulato 30 presenze nella sua Nazionale, il fatto che provenisse dal campionato danese – considerato tra quelli di livello inferiore nella graduatoria stilata dal Ministero dell’Interno – non gli ha dato accesso immediato al permesso di lavoro per i calciatori provenienti dall’estero. Dopo aver avviato una pratica di ricorso, ha ottenuto il visto ed è riuscito a esordire in campionato e in Coppa di Lega, ma l’iter è stato lunghissimo e piuttosto complesso.

Il caso Ojala è stato risolto, ma è evidente che Brexit potrebbe dare il colpo di grazia a squadre già in crisi per via della pandemia. La situazione diventerebbe ancora più grave in un campionato come quello del campionato scozzese, in cui non girano molti soldi – in questa finestra di mercato gli investimenti complessivi di tutte le squadre, tra entrate e uscite, hanno sfiorato quota 40 milioni, con il Celtic che ne ha spesi 19 e incassati 18 – e in cui è fondamentale muoversi su mercati più accessibili a livello economico. Alan Burrows, amministratore delegato del Montherwell, ha spiegato al NYT: «Un anno fa, un calciatore come Ojala sarebbe stato tesserato e mandato in campo nel giro di 24 ore. Oggi siamo in un mondo completamente diverso: pochissimi giocatori stranieri, tra quelli che possono venire a giocare in Scozia, hanno i requisiti richiesti dal governo. Siamo destinati a fare un’enorme fatica per potenziare i nostri organici».

L’altro grande problema è strettamente connesso a questa nuova dinamica di mercato: i giocatori britannici – che ovviamente sono considerati non stranieri e quindi sono tra i pochi a non dover ottenere il permesso di lavoro – sono diventati merce preziosa, e quindi i prezzi sono inevitabilmente cresciuti. Non a caso, a gennaio 2021 la BBC aveva evidenziato come questi nuovi parametri avessero condizionato anche la finestra invernale di trasferimenti in Premier League, rendendola la più povera da molti anni a questa parte. Ora, perciò, i club scozzesi dovranno trovare e imparare delle nuove strategie per fare player trading: i Rangers e il Celtic, per esempio, hanno iniziato a volgere la loro attenzione a campionati e nazioni meno battuti fino a un anno fa, e infatti Ross Wilson, direttore tecnico dei Rangers, ha detto che «bisognerà sfruttare tutti i nuovi strumenti tecnologici: ora il mondo è più piccolo, è più semplice trovare giocatori in tutti gli angoli del mondo».

Il problema del calcio scozzese è che Rangers e Celtic sono delle eccezioni: il resto dei club di Premiership non hanno i fondi e le infrastrutture necessarie per inventarsi nuovi metodi di scouting, per adattarsi ai nuovi regolamenti. Anzi, sembra addirittura che il governo britannico sia intenzionato a rendere ancora più complessi i meccanismi d’accesso al permesso di lavoro, eliminando – già a partire dal mercato di gennaio 2022 – la possibilità di porre ricorso alla mancata concessione iniziale del visto – e quindi, giocatori come Ojala non potranno più essere tesserati. Alan Burrows ha spiegato che questa decisione «comprometterebbe in maniera irreversibile il futuro della maggioranza dei club scozzesi, ma anche di quelli inglesi di terza o quarta divisione: saremo e saranno schiacciati in un mercato troppo ridotto, non avremo la possibilità di importare giocatori, e questo renderà impossibile la nostra sopravvivenza a lungo termine».