Come ha fatto lo Sheriff Tiraspol ad arrivare in Champions League?

Una squadra moldava, anzi della Transnistria, con una storia controversa.

La Dinamo Zagabria, nel suo piccolo, è stata una delle squadre-sorpresa negli ultimi anni di calcio europeo: negli ultimi dieci anni è riuscita a qualificarsi per cinque volte ai gironi di Champions League – dopo aver messo insieme solo due partecipazioni nelle venti stagioni precedenti – e la scorsa primavera è approdata ai quarti di finale di Europa League dopo aver eliminato il Tottenham di Mourinho. Anche quest’anno la squadra campione di Croazia sembrava destinata a raggiungere il tabellone principale di Champions League: dopo aver eliminato Valur, Omonia Nicosia e Legia Varsavia nei primi tre turni preliminari, il sorteggio dei playoff l’aveva accoppiata con lo Sheriff Tiraspol, una squadra moldava senza grandi tradizioni – fondata solo 25 anni fa – e che al massimo era riuscita a raggiungere la fase a gruppi di Europa League, per quattro volte negli ultimi undici anni. Le gerarchie di questo playoff, alla fine, sono state ribaltate: lo Sheriff ha vinto per 3-0 la gara d’andata giocata a Tiraspol, e poi ha contenuto agevolmente i croati nella partita di ritorno, terminata 0-0. Grazie a questo doppio risultato, una squadra della Moldavia – il paese più povero d’Europa, con un reddito pro capite di 3300 dollari – ha raggiunto per la prima volta la fase finale della Champions League. Solo che c’è un problema politico non proprio irrilevante: Tiraspol si trova solo formalmente in Moldavia, perché in realtà è la capitale di uno stato separatista non riconosciuto dalla comunità internazionale.

Nel 1990, dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, la Repubblica Moldava di Pridniestrov – nome ufficiale della Transnistria – si è proclamata indipendente dal governo centrale di Chisinau, capitale della neonata Moldavia. In seguito a questo avvenimento, è scoppiata una guerra durata fino al 1992, conclusasi con un accordo tra i separatisti, la Russia (alleata della Transnistria) e la Moldavia. Da allora, la Repubblica di Pridniestrov è un’istituzione nazionale non riconosciuta – se non dalla Russia – che governa un territorio di fatto indipendente, e sotto la tutela di Mosca; non a caso, nel 2014, dopo la secessione della Crimea dall’Ucraina e la sua integrazione nella Russia, anche la Transnistria ha chiesto di essere annessa alla Federazione. I circa 600mila abitanti del Paese sono ancora oggi legati alla cultura e alla simbologia sovietica, e anche lo Sheriff ha questo background: il club è stato fondato da Viktor Gushan, ex agente del KGB, e in pratica rappresenta l’ultimo Paese del mondo che ha ancora falce e martello nella sua bandiera, un luogo in cui le statue di Lenin sono ancora venerate, come spiega il New York Times in un reportage da Tiraspol. Anche i tifosi, ovviamente, condividono certe visioni, certe tradizioni: sono filo-russi e anti-moldavi, espongono striscioni scritti in caratteri cirillici e cantano cori nazionalisti.

Lo Sheriff Tiraspol è gestito direttamente dalla Sheriff Ltd, la seconda azienda più grande della Transnistria, una specie di compagnia monopolista con interessi ramificati in tantissimi settori – tabacco, editoria, pubblicità, distribuzione di carburante, alimentari – e che è stata accusata di avere eccessive connessioni, non tutte regolari, con la politica locale. L’ex presidente del Paese, Igor Smirnov, veniva considerato il vero padrone dell’azienda, attraverso la quale avrebbe riciclato per anni del denaro sporco proveniente dall’estero; nel suo mandato da presidente, durato dal 1992 al 2011, Smirnov avrebbe anche promulgato diverse leggi tese a favorire la compagnia Sheriff, rendendola l’unica abilitata a importare merci da Paesi stranieri e ad avere un regime fiscale facilitato; inoltre, non a caso, il soprannome si Smirnov ai tempi della sua elezione come presidente della Transnistria era proprio “Sceriffo”.

Nonostante questa prossimità con pratiche non proprio limpide e tutt’altro che moderne, lo Sheriff è una società calcistica all’avanguardia, non solo nel suo contesto: ha sede in un bellissimo polo sportivo, il Complexul Sheriff, in cui ci sono tre stadi – quello “ufficiale” da circa 14mila posti posti, uno più piccolo per le squadre giovanili e uno al coperto – e diversi altri servizi, tra cui un hotel a cinque stelle, un grande centro d’allenamento, gli alloggi per la prima squadra, piscine, campi da tennis e centri commerciali; la rosa è composta da calciatori di tantissime nazionalità diverse, tra cui serbi, greci, peruviani, brasiliani, colombiani e poi diversi africani, tra cui il maliano Adama Traoré (autore di una doppietta nel 3-0 che, di fatto, ha permesso allo Sheriff di eliminare la Dinamo Zagabria e accedere alla Champions League) e il guineano Yansane, capocannoniere della squadra in campionato – inutile aggiungere che il torneo moldavo è un feudo esclusivo dello Sheriff, che ha vinto 19 delle ultime 21 edizioni. Anche in panchina si sono alternati tecnici di diverse nazioni: oggi c’è l’ucraino Vernydub, ex manager dello Shakhtyor Soligorsk, ma in passato da queste parti hanno lavorato anche l’italiano Roberto Bordin – ex calciatore del Napoli e oggi commissario tecnico della Nazionale moldava – e diversi allenatori spagnoli, croati e serbi.

Proprio uno dei tecnici serbi, Milan Milanovic, ha spiegato in un’intervista che «le strutture dello Sheriff sono fantastiche, è meraviglioso lavorare in un centro sportivo così avanzato, in uno stadio che è distante anni luce da quelli della Moldavia». Proprio questa è la grande differenza: lo Sheriff Tiraspol è una piccola eccellenza che va molto oltre la sua particolare condizione geografica e politica, è stato costruito in maniera forse oscura ma del tutto lecita, e alla fine ha raggiunto un traguardo storico per tutto lo sport moldavo. Una condizione di superiorità economica, tecnica e progettuale che si evince anche da un altro dato significativo: prima che venisse ristrutturato lo Zimbru Stadium di Chisinau, la Nazionale moldava ha giocato alcune gare casalinghe allo Sheriff Stadium, perché non c’erano altre strutture in grado di ospitare una partita ufficiale della Uefa. In pratica, non aveva alternativa che andare a giocare in uno stato separatista. Per lo stesso criterio, per gli stessi motivi, oggi la Moldavia è arrivata in Champions League per la prima volta, anche se in realtà si tratta della Transnistria.