Il proprietario del Derby County sta ghostando Wayne Rooney

Il club è in amministrazione controllata ed è stato penalizzato in classifica, ma Mel Morris non vuole proprio parlare con il suo manager.

La nuova carriera da allenatore di Wayne Rooney è iniziata in maniera molto diversa rispetto a quella da calciatore: ai tempi dell’esordio da teenager all’Everton, Rooney bruciò le tappe, a 17 anni era già titolare della Nazionale inglese e a 19 anni disputò il Campionato Europeo. Come manager del Derby County, l’avvio è stato tutt’altro che scoppiettante: nelle prime 46 partite, il suo record è di 12 vittorie, 13 pareggi e 21 sconfitte, e l’anno scorso la salvezza in Championship è stata raggiunta con un solo punto di vantaggio sul terzultimo posto. Ma il vero problema è che tutto questo sta passando in secondo piano rispetto alla terribile crisi finanziaria che sta colpendo i Rams, finiti in amministrazione controllata e già condannati a una penalizzazione di dodici punti in classifica. È probabile che il Derby subisca un’altra sanzione – altri nove punti in meno – per non aver rispettato i parametri del Fair Play Finanziario della seconda divisione inglese.

Rooney, insomma, è destinato a retrocedere in terza divisione a prescindere dai suoi risultati, neanche troppo negativi in verità: due vittorie, quattro pareggi e due sconfitte nelle prime otto giornate di campionato. Nonostante tutto, ha deciso di rimanere alla guida della squadra: parlando a The Athletic, ha detto che «sto facendo del mio meglio sul campo, ma molte persone volevano da me delle risposte che non potevo dargli. È un peccato che tutto stia andando in malora». Il riferimento di Rooney va anche al rapporto a dir poco compromesso con il proprietario del Derby County, Mel Morris: secondo l’ex capitano della Nazionale inglese, Morris evita di incontrarlo dal 9 agosto scorso e non risponde alle sue telefonate. Anzi, per riuscire a parlare con lui Rooney si è dovuto inventare uno stratagemma da teenager: «Visto che il proprietario non rispondeva alle mie chiamate, mi sono fatto prestare il cellulare dal medico sociale del club. Ho provato a chiamare da quello e mi ha risposto. Evidentemente non aveva intenzione di sentire la mia voce».

Nella stessa intervista, Rooney ha spiegato di aver vissuto quella sensazione di incertezza da bambino: «So cosa si prova a non avere certezze: quando ero piccolo, mia madre lavorava nella mia scuola, come addetta alla mensa, ma per tanto tempo quella scuola è stata vicina alla chiusura. Non sapevamo se e come saremmo sopravvissuti per il mese successivo. Ecco, per molti componenti dello staff del Derby County la situazione è esattamente questa: non sanno se avranno un lavoro oppure no. La colpa è di chi ha gestito questa società, e avrebbe dovuto farlo con trasparenza e onestà, fino all’ultimo». In realtà, poi Rooney ha detto che «la conversazione con Morris è stata molto più positiva di quanto pensassi, ad essere onesti: non credo che andremo in liquidazione, il Derby è un grande club e ci sono gli acquirenti. Si tratta solo di fare un passo indietro adesso, ma a volte nella vita è necessario. Sono certo che riusciremo a superare questa brutta situazione». Magari sarebbe stato carino dirgli queste parole prima di ghostarlo.