Tra Paris e Manchester City ha vinto la squadra che aveva Lionel Messi

La partita più attesa della fase a gironi di Champions League è stata uno scontro tra filosofie contrapposte.

Nel dicembre 2017, quando il suo Manchester City era già considerato una delle squadre più forti d’Europa, una candidata autorevole alla vittoria della Champions League, Pep Guardiola disse che «il City non può essere favorito. Dove gioca Messi? La vera squadra favorita della Champions League è sempre quella in cui gioca Messi». La sera del 28 settembre 2021 si è materializzato, davanti agli occhi di Guardiola e del mondo intero, uno scenario fin troppo simile a quello descritto quasi quattro anni fa dal tecnico catalano: a Parigi si sono affrontate due squadre fortissime, costosissime, probabilmente le candidate numero uno e due – l’ordine è soggettivo – a vincere la Champions League 2021/22. E, alla fine, ha vinto proprio la squadra che aveva a disposizione Lionel Messi. Più Neymar, più Mbappé – e anche questo è un punto fondamentale.

Chi ha guardato Psg-Manchester City, chi l’ha guardata davvero, non può esserne uscito senza la certezza che la squadra di Guardiola abbia espresso un calcio collettivo più sofisticato, più ricercato, più armonico rispetto a quella di Pochettino. In realtà era – e sarà – una questione genetica, o meglio progettuale: da una parte del campo è sceso in campo un gruppo di grandi e grandissimi giocatori – in questo secondo sottoinsieme ci sono Donnarumma, Hakimi, soprattutto uno straordinario Verratti – che cercavano di recuperare il pallone e di farlo arrivare a tre fuoriclasse generazionali; dall’altra, invece, c’erano undici calciatori di primo o primissimo livello che applicavano le teorie illuminate create da un allenatore-fuoriclasse, l’uomo che è il vero valore aggiunto della squadra – ovviamente stiamo parlando di Pep Guardiola. Da questi concetti – che poi sono filosofie, stili di gioco, finanche di vita – completamente diversi, per non dire opposti, non poteva nascere che una partita come quella giocata ieri al Parco dei Principi: il City ha dato l’impressione di dominare il tempo e il campo attraverso il dominio del pallone, il Psg ha giocato per resistere e ha accelerato in poche occasioni. Quelle decisive.

Ed è qui che torniamo a Messi, al fatto che averlo in squadra – magari insieme a Neymar e Mbappé – può determinare il risultato di una partita, anzi di qualsiasi partita, quindi di una stagione. Jonathan Wilson ha scritto di Psg-City su Sports Illustrated, e ha approfondito proprio questo punto, anche se non sembra: «Al Parco dei Principi, il Manchester City ha decisamente avuto il controllo del centrocampo. E, più in generale, non si può non lodare la prestazione di una squadra che effettua 17 tiri verso la porta avversaria e ne concede solo sei. Resta il fatto, però, che la squadra di Guardiola non è riuscita a segnare. E questa è una tendenza molto preoccupante, per il City». Cosa c’entra Messi in tutto questo? C’entra molto, anzi moltissimo: il fuoriclasse argentino ha realizzato il suo primo gol con il Psg, scaraventando un porta un gran tiro di sinistro dopo uno scambio velocissimo con Kylian Mbappé, ma in passato è stato anche il finalizzatore perfetto, letale, spietato di una-squadra-di-Guardiola. Cioè, il Barcellona allenato e plasmato da Pep era un meccanismo perfetto e spettacolare, una macchina da gol e di vittorie che si inceppava raramente. E che, in quelle poche occasioni, poteva contare sulla classe inarrivabile di Messi, sul fatto che lui, proprio lui, avrebbe risolto l’impasse e la partita – con un gol, un assist geniale, un dribbling in un fazzoletto piccolissimo di campo.

Il City ha tantissimi giocatori che possono risolvere la partita allo stesso modo, ma nessuno di questi è Messi, nessuno di questi è come Messi. Certo, gli episodi pesano tantissimo: per dire, cosa sarebbe successo se Bernardo Silva non avesse colpito la traversa a porta vuota pochi minuti dopo il vantaggio del Psg? Ma anche in quei momenti – soprattutto in quei momenti – si determinano le differenze tra i giocatori di categorie e livelli diversi. A Messi, ieri sera, è bastato accendersi per pochi istanti, e ha vinto la partita. Non l’ha vinta da solo, sarebbe ingeneroso parlare in questo modo: il Psg ha costruito il suo piano gara proprio nell’attesa di quei momenti di luce, li ha aspettati con fiducia stringendo gli spazi, facendo diga, lasciando il pallone agli avversari ma facendo il possibile per muoverlo bene una volta recuperato. La forza della squadra di Pochettino si percepisce fortissima in occasione del primo gol, quando ad accendersi è stato Mbappé dopo un bel reticolato di passaggi – un’altra dimostrazione che il Psg non ha fatto calcio speculativo, ma semplicemente il calcio che poteva e doveva fare.

Il momento che aspettavano tutti, praticamente

Quello che resta di Psg-City è proprio questa sensazione di lotta tra due mondi e due modelli, uno che cerca la risoluzione immediata dei problemi – e ieri sera l’ha trovata – e uno che insegue un’idea di gioco perfetto, un’utopia bellissima ma molto, molto faticosa. Nel primo scontro ha vinto la squadra che aveva Messi, questo l’abbiamo già detto, ma forse è meglio formulare la frase al contrario: ha perso la squadra che non aveva Messi, il cui vero fuoriclasse siede in panchina e non in campo, la stessa squadra che in estate ha cercato Harry Kane più di ogni altra cosa e invece ha preso “solo” Jack Grealish. E che magari da qui al match di ritorno – e invita della fase finale di Champions League – saprà trovare il modo di essere più pericolosa e incisiva in attacco, ma per farlo dovrà lavorare su sé stessa. L’ha già fatto un anno fa, arrivando a una finale che è stata giocata – e persa – come la partita di Parigi.

Il Psg, invece, ha provato ad accorciare i tempi prendendo Messi e affiancandolo a Neymar e Mbappé, ha affidato a loro – e al pragmatismo di Pochettino, un uomo chiamato a bilanciare i pesi più che a modellarli e metterli insieme – quasi tutte le responsabilità, di certo quelle offensive. È stata ed è una scommessa suggestiva, affascinante, perciò rischiosissima. Finora ha pagato, le premesse sembrano luccicanti, ma questo era solo il primo round. Vediamo come va a finire.