La squadra più bella di Spagna

Idee, gioco e la sensazione di aver trovato una formula per ottenere grandi risultati in maniera sostenibile: la Real Sociedad sta vivendo un inizio di stagione meraviglioso, e non è più una sorpresa.

La Real Sociedad è un piccolo gioiello della Liga spagnola. In un campionato decadente i baschi sono uno dei pochi progetti virtuosi, realmente funzionanti, con una squadra che macina risultati, diverte e merita di stare in testa alla classifica. Nel posticipo di domenica scorsa la Real è riuscita a non farsi detronizzare dall’Atlético Madrid al Wanda Metropolitano, e ci è riuscita sorprendendo un po’ tutti, ancora una volta. L’allenatore basco Imanol Alguacil ha rubato un paio di pagine dal playbook del primo Simeone, ha scelto di difendersi basso con un 5-3-2 mai visto prima in stagione – almeno non dal primo minuto – e con una coppia di attaccanti che non aveva mai iniziato una partita insieme. Eppure proprio Sorloth e Isak hanno segnato i due gol che hanno portato in vantaggio la Real Sociedad, prima della doppietta di Suárez che ha suggellato il 2-2 finale. La Real ha saputo adeguarsi per essere migliore del suo avversario (almeno per 60 minuti), ma ha comunque mantenuto i suoi principi in fase di possesso: la geometria passa sempre e comunque dai piedi di David Silva e Mikel Merino, i lampi di genio sono affidati ad Alexander Isak, il resto lo si costruisce con una squadra corta, compatta, verticale.

Per capire il successo della Real Sociedad bisogna guardare prima di tutto in panchina. Il primo protagonista è l’allenatore Imanol Alguacil, che ha saputo creare valore aggiunto da una rosa che ha qualità medie ben distribuite, ma poche individualità eccellenti. I tifosi lo conoscono benissimo, alcuni anche di persona, e lo amano, come dimostrano i 600 che nonostante crisi economica, pandemia e prezzi alti, giovedì scorso erano in Austria a cantare il suo nome a fine partita. Per un tifoso txuri-urdin Alguacil è come un parente o un vecchio amico: è nato e cresciuto calcisticamente nella Real Sociedad – come giocatore e come allenatore – ed è rimasto a bordo abbastanza a lungo da essere ormai parte integrante del club, come i pirati sulla nave di Davy Jones. Lui stesso si sente uno di loro: ad aprile ha vinto la Copa del Rey (che in realtà era quella dell’edizione 2020), riaprendo una bacheca dei trofei che ha preso polvere per 34 anni. Poi ha deciso che era il momento di dare al calcio spagnolo una delle conferenze stampa più surreali della sua storia: prima Alguacil chiede permesso ai giornalisti nella sala stampa della Cartuja di Siviglia, poi inizia a cantare con un ritmo piatto circondato da un silenzio religioso, infine alza il volume come un ultras in curva. È tutto qui, in questo video.

Qualche giorno fa El País ha scritto che la Real Sociedad «avanza senza complessi in un’epoca che privilegia le squadre ricche delle metropoli», e ha paragonato il suo progetto sportivo ad altre esperienze di successo, ovvero quelle del Villarreal, dell’Atalanta, del Rennes: «Sono club con un grande radicamento popolare nel territorio, una ragionevole gestione economica, valorizzano il vivaio e scoprono giovani calciatori». La descrizione racconta perfettamente una società che ha dovuto reinventarsi un modello di business praticamente da zero in meno di 15 anni. Dopo quaranta stagioni consecutive in Liga, nel 2006/07 i txuri-urdin sono scivolati in Segunda Divisiòn. Poco dopo è entrato in scena il presidente Jokin Aperribay, all’epoca poco più che quarantenne.

Con Aperribay alla presidenza la Real Sociedad è rifiorita grazie a una capacità di programmazione che gioca in anticipo sui tempi di tutta la concorrenza. Con una rosa di giocatori giovanissimi e ragazzi cresciuti in casa, la Real è tornata in Liga nel 2009/10 – il protagonista assoluto di quella squadra era un 18enne francese biondo che poi sarebbe andato all’Atlético Madrid e al Barcellona: Antoine Griezmann – e di nuovo in Champions League al termine della stagione 2013/14. Da lì sono arrivati i soldi dei diritti tv e delle cessioni eccellenti di Griezmann, Illarramendi, Claudio Bravo e Iñigo Martínez. Questi fondi sono stati reinvestiti sapientemente, sempre guardando al futuro: l’operazione di cui Aperribay va più fiero è la ristrutturazione dell’Anoeta (oggi Reale Arena per motivi di sponsor), avvenuta nel 2017: « Abbiamo preso una decisione difficile per provare a stare tra le prime otto della Liga spagnola, ma era una condizione necessaria per competere a certi livelli».

Il percorso di ammodernamento del club non riguarda solo le strutture. Tre nomi aiutano a capire che tipo di direzione abbia preso la Real con Aperribay. Il primo è quello di Virginia Santesteban, arrivata nel 2019 a San Sebastián con pieni poteri sull’alimentazione della rosa: «La nutrizione è la chiave per prevenire gli infortuni, facilitare il recupero muscolare e migliorare le prestazioni», è il suo mantra. In un calcio sempre più ricercato, queste piccole differenze possono essere decisive. Il lavoro personalizzato si fa anche a tavola». Una figura come quella di Santesteban è imprescindibile nel calcio scientifico del 2021, ma già nel 2019 non era così scontata in un club di seconda fascia. Gli altri due nomi sono quelli di Bixente Calzón e Alfonso Azurzam, che al centro d’allenamento di Zubieta hanno sotto controllo i Big Data. Gestiscono l’Unità Valutazione e Dati che è stata messa su quattro anni fa: manovrano una piattaforma che organizza le informazioni dei professionisti del club, medici, psicologi, tecnici, nutrizionisti ed educatori.

La Real Sociedad si sta strutturando, sta diventando sempre più simile ai giganti del calcio pur mantenendo dimensioni economiche della metà o forse un terzo di Real Madrid, Bayern Monaco, Liverpool, Manchester United. A San Sebastián, poi, il club è ovunque. Anche la squadra femminile è fortissima: nella Primera División de la Liga de Fútbol Femenino la Real Sociedad ha vinto sei delle prime sette partite, ha segnato 15 gol e ne ha subiti solo tre. Sarebbe primo se solo il Barcellona fosse una squadra giocabile – le blaugrana le vincono tutte, segnando in media sei gol a partita. L’espansione orizzontale, nel campionato femminile, è perfettamente in linea con la linea politica di una società che vuole rendere sempre più organico e sostenibile il suo business. Vale lo stesso per l’impegno con le formazioni giovanili: la Real è l’unico club dei grandi campionati europei ad avere una formazione in prima e una in seconda divisione (il Sanse, nome non istituzionale del Real Sociedad de Fútbol B).

Dal 2017 sono entrati in prima squadra 16 giocatori formati nella cantera di Zubieta; più della metà degli atleti scesi in campo in questa stagione hanno un passato nelle giovanili; l’anno scorso undici giocatori della rosa del Sanse – allenata da un altro txuri-urdin purosangue come Xabi Alonso – hanno esordito in un match ufficiale con Alguacil. A fine settembre la Real Sociedad ha vinto contro l’Elche per 1-0, una normalissima giornata di ordinaria amministrazione in Liga. In quella partita giocatore più anziano della Real era Adnan Januzaj, 26 anni, in un undici che aveva un’età media di 24,1. Tra l’altro proprio il belga ex Manchester è proprio uno dei pochi “esterni” in rosa, in una squadra che praticamente non fa mercato in entrata se non per alcune giovani scommesse – che quasi sempre si rivelano vincenti: Alexander Isak (pagato 6,5 milioni dal Borussia Dortmund), Portu (proveniente dal Girona, per circa 10 milioni), lo stesso Januzaj (7,5 milioni).

Battendo stasera lil Celta Vigo, la Real Sociedad potrebbe prendersi il primo posto solitario in classifica, scavalcando Siviglia e Real Madrid (Juan Manuel Serrano Arce/Getty Images)

La Real non è solo un’allegra combriccola da ritratto di famiglia. C’è tanto hard power dietro un club così perfettamente funzionante. La dirigenza basca si può permettere di portare a San Sebastián David Silva e Sorloth anche grazie a una politica espansiva sugli stipendi, che vale il quinto monte salari più alto della Liga: quasi 128 milioni di euro, più del Barcelona – ovviamente c’entra anche il regolamento imposto dal campionato, ma è un dato che fa riflettere. E grazie a un bilancio virtuoso può resistere alle offerte per Isak, Mikel Oyarzabal, Mikel Merino, confezionando una rosa acquistata a costi da campionato di terza fascia e portata a supervalutazione. In allenamento, dunque, Alguacil può muovere un gruppo di giocatori che vale 384 milioni di euro (dati Transfermarkt).

Resta da capire se questo club possa crescere ancora senza snaturarsi, senza uscire dal tracciato o fare investimenti che non può sostenere fino in fondo. Se sul lungo periodo le sensazioni sono ottime – la società cresce in tutti i modi possibili, Zubieta sviluppa il talento come pochi altri luoghi in Spagna, i pochi acquisti si integrano facilmente in una squadra attraente, forte, futuribile – questa stagione porta ancora qualche interrogativo: per stare così in alto e provare a vincere uno dei tre trofei a disposizione, Alguacil e i suoi dovranno trovare soluzioni a enigmi che probabilmente ancora non conoscono. Aperribay e tutta San Sebastián si godono il loro gioiello sperando di poter esultare come lo scorso aprile dopo la Copa del Rey. Che ci riescano o meno, forse, non conta neanche più di tanto.