La Serie B è una fabbrica del talento

Il campionato cadetto ha formato tantissimi campioni del presente: alcuni tra questi, per esempio Insigne, Immobile, Verratti e Tonali, hanno vinto il premio di “Giovane rivelazione della Serie B” al Gran Galà del Calcio.

«Nonno Carmine era juventino, ma era anche il mio super tifoso, quello che ci credeva di più quando io ero piccolino. Veniva a vedere tutte le partite, scriveva la pagella e me l’attaccava sulla porta di casa. Una volta segnai con la Primavera della Roma e si sentì male. Impossibile non pensare a lui». Così Davide Frattesi, lo scorso 27 ottobre, ha commentato il gol in casa della Juventus, quello con cui si è ritagliato un posto nel calcio che conta dopo una stagione da dominatore in Serie B. In quella Serie B che si piò definire il campionato degli italiani, come recitava il claim di una nota pay-tv di qualche anno fa. O, più semplicemente, un torneo in cui il talento può emergere, confrontarsi, evolvere, prima di affermarsi a un livello superiore. Frattesi, per esempio: è stato il centro di gravità tecnico ed emotivo del Monza di Christian Brocchi. Non solo dal punto di vista meramente statistico, non solo perché è stato il miglior marcatore di una squadra che poteva contare su un reparto offensivo di grande livello (otto gol e due assist in 37 presenze): l’ex centrocampista della Roma ci ha messo poco ad affermarsi come uno dei giocatori più versatili e dinamici dello scorso campionato, una mezzala dagli innati istinti verticali con e senza palla, in grado  di influenzare con la sua sola presenza entrambe le fasi di gioco. Un leader che non ha assolutamente patito il salto di categoria, diventando fondamentale anche nel nuovo Sassuolo di Alessio Dionisi.

La stagione di Frattesi è il miglior biglietto da visita possibile per la sua candidatura al premio “Giovane rivelazione della Serie B”, uno dei riconoscimenti che verrà assegnato il prossimo 31 gennaio al Gran Galà del Calcio, l’evento organizzato dall’Associazione Italiana Calciatori che premia i migliori giocatori italiani. Un premio che, come gli altri, assume maggior valore perché assegnato grazie ai voti dei giocatori stessi, quindi alle preferenze espresse da chi è stato in grado di misurare da vicino, da un punto di vista unico e “privilegiato”, il valore di compagni e avversari. Un premio che, rispetto a tutti gli altri assegnati al Gran Galà del Calcio, è ancora più proiettato verso il futuro, inevitabilmente.

Basta rileggere l’albo d’oro per rendersene conto: il primo giocatore premiato, nel 2011, è stato Stephan El Shaarawy, reduce da una grande stagione in prestito al Padova; un anno dopo, il riconoscimento è stato diviso in tre ed è andato a tre futuri campioni d’Europa: Verratti, Insigne e Immobile, la spina dorsale di un bellissimo Pescara e oggi della Nazionale di Mancini; e poi Berardi, Cragno, Tonali, ovvero il primo calciatore che ha ricevuto il premio per due anni di fila (2018, 2019). E che oggi, non a caso, è il cervello e il motore del Milan di Pioli, una delle squadre più moderne della Serie A. Del resto il campionato di Serie B è interessante proprio perché offre una formazione completa, per un giovane: gli permette di mettersi alla prova in un contesto in cui i valori sono molto livellati, quindi quelli che emergono hanno davvero la qualità necessaria per potersi misurare ai massimi livelli; e poi gli offre un percorso di crescita immediato con avversari competitivi, è una sorta di stress test per capire quali sono le sue reali prospettive. Insomma, per dirla con dei termini e delle locuzioni forse un po’ vecchie, un po’ retoriche, ma perfettamente centrate: è una vera palestra di calcio. Una fabbrica del talento. Non a caso, viene da dire, 18 giocatori sui 25 che hanno vinto gli ultimi Europei hanno disputato almeno una stagione nel campionato cadetto.

Oltre che ai giocatori, inevitabilmente, la Serie B offre anche alle squadre la possibilità di misurarsi in vista del futuro. Affrontare il campionato cadetto con una rosa di giovani da sviluppare, da valorizzare, può essere una strategia vincente per chi vuole fare business calcistico ai massimi livelli – partendo, quindi, dall’accesso al campionato di Serie A. Sta succedendo, per esempio, all’Empoli di Dionisi oggi guidato da Andreazzoli: la squadra toscana è protagonista di una stagione eccellente dopo la promozione dello scorso anno. Tra i giocatori che si stanno mettendo di più in mostra, e che quindi si candidano automaticamente al premio di “Giovane rivelazione della Serie B”, c’è Samuele Ricci, vent’anni compiuti ad agosto. Si tratta di un centrocampista lineare e compassato solo in apparenza, uno di quelli di cui ci si accorge quando manca perché è colui che fa funzionare l’intero sistema, migliorando quantità e qualità della prestazione collettiva. Non parliamo, quindi, di un giocatore vistoso, ma di un equilibratore, dell’elemento in grado di dare il giusto ritmo alla manovra attraverso la pulizia tecnica dei suoi fondamentali. Ricci aderisce a quell’idea di calcio schematico e geometrico – che non vuol dire noioso – che siamo abituati ad associare a centrocampisti come Jorginho e Busquets, con cui condivide la tendenza a consolidare e far progredire il possesso giocando al massimo a due tocchi e a ricercare la traccia in verticale per trovare l’uomo libero alle spalle della linea di pressione. Tuttavia la sua qualità migliore risiede nel sapersi sempre adattare ai cambiamenti imposti da un diverso contesto tattico: nel 2020/21 era il centro tecnico e psicologico di un Empoli che dominava tecnicamente e fisicamente qualsiasi avversario attraverso una gestione plebiscitaria del pallone; oggi è il giocatore di trama e ordito di una squadra che, per necessità, ha dovuto rimodularsi e diventare più diretta, più verticale.

Un altro giocatore di Serie B e dell’Empoli che non ha patito il salto di categoria è Fabiano Parisi, uno cui l’etichetta di “rivelazione” starebbe anche un po’ stretta dopo una prima parte di carriera passata a dimostrarsi costantemente di una categoria superiore rispetto a quella in cui stava giocando. Terzino – anzi: esterno – sinistro dalle doti atletiche fuori scala, nella sua prima stagione in Serie B B Parisi ha totalizzato 20 presenze (19 da titolare), entrando in pianta stabile nelle rotazioni di Dionisi da fine novembre per non uscirne praticamente più. Calciatore esuberante, naturalmente portato ad attaccare i metri di campo davanti a sé con e senza palla, ad affrontare – e a vincere – il duello uno contro uno contro l’avversario diretto, Parisi sta imparando a interpretare il ruolo in chiave moderna, entrando spesso dentro il campo attaccando lo spazio liberato dal movimento delle punte o giocando il pallone in prima persona come fosse una sorta di regista (avanzato) aggiunto. Una caratteristica che lo ha accompagnato anche nella prima parte di 2021/22: dopo un avvio difficile, condizionato dai problemi fisici, Parisi ha progressivamente riguadagnato presenze e minutaggio, disputando sette delle ultime nove partite (330’ complessivi), l’ultima da titolare contro l’Udinese nel 3-1 del castellani che ha portato l’Empoli ad appena quattro punti dalla zona Conference League.

Dal 2019 a oggi, tra campionato e Coppa Italia, Samuele Ricci ha accumulato 80 presenze e tre gol con l’Empoli (Valerio Pennicino/Getty Images)

“Rivelazione” è un termine che risulta riduttivo anche per descrivere Andrea Papetti, difensore centrale classe 2002 del Brescia, che ha debuttato in Serie A a 17 anni – il 9 marzo 2020 contro il Sassuolo – e che ha trovato addirittura il suo primo gol nella massima serie – contro il Verona – due giorni dopo essere diventato maggiorenne; come se non bastasse, è stato inserito nella lista dei venti migliori Under-18 d’Europa che L’Equipe ha stilato nel 2020. Nato come esterno di un centrocampo a cinque prima che le doti fisiche ne suggerissero l’impiego come centrale puro, Papetti è un difensore istintivo, talvolta persino troppo irruento – già 11 ammonizioni e un’espulsione nella sua carriera da professionista – che compensa la naturale mancanza d’esperienza in marcatura con una grande capacità di intuire preventivamente lo sviluppo dell’azione. Abile nel gioco aereo e a suo agio con il pallone tra i piedi, Papetti può giocare indifferentemente in una linea difensiva a tre o a quattro e, all’occorrenza, può essere impiegato anche come terzino statico per equilibrare un omologo più offensivo sulla fascia opposta. Per lui, nella scorsa stagione, 17 presenze e un gol (contro il Venezia), che costituiscono il motivo per cui è giusto avere fiducia in lui anche dopo un inizio di 2021/22 in cui è stato impiegato soltanto 20’ da Inzaghi.

Chi si sta confermando, invece, è Salvatore Esposito della Spal, che è riuscito ad uscire dall’ingombrante ombra del fratello Sebastiano – che tanto bene sta facendo al Basilea dopo aver fatto parte della rosa dell’Inter campione d’Italia. Inizialmente inquadrato come mediano di rottura, vertice basso del triangolo di centrocampo di un 3-5-2, Esposito ha dimostrato di essere qualcosa di più, un giocatore cerebrale e dalla regia lucida, la cui dimensione creativa a tutto campo si estrinseca attraverso la gestione tecnica di spazi e tempi di gioco. Per capire quanto e come Esposito sia stato centrale nella Spal dello scorso anno, non bisogna guardare tanto ai numeri – che sono comunque notevoli: cinque gol e quattro assist in 38 partite (di cui 26 da titolare), una pass accuracy costantemente sopra il 90% – ma al modo in cui quasi “costringe” compagni ed avversari a giocare al ritmo del suo calcio di visione, fatto di lettura anticipata delle linee di passaggio, di occupazione preventiva degli spazi in fase attiva e passiva, dell’uso del dribbling per consolidare il possesso. Esposito si trova perfettamente a suo agio a giocare sia sul corto che sul lungo, è abituato a sentire e dominare il gioco e a mettersi sempre in visione per fornire un’opzione di passaggio al compagno in possesso. In più, è un’assoluta garanzia sui calci piazzati: il suo gol su punizione al Frosinone, lo scorso 4 gennaio, è uno dei più belli dello scorso campionato per pulizia d’esecuzione.