I boicottaggi diplomatici delle Olimpiadi invernali in Cina stanno diventando una cosa grossa

Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna non invieranno le proprie delegazioni governative a Pechino. Per il governo cinese, i tre Paesi «pagheranno per i loro atti sbagliati».

Siamo a poche settimane dall’inizio delle Olimpiadi invernali di Pechino, in calendario per venerdì 4 febbraio 2022, e perciò gli annunci dei boicottaggi diplomatici dei Giochi cominciano ad avere un peso sempre più significativo, soprattutto per il governo cinese. Ma cominciamo dal principio, e spieghiamo bene cosa intendiamo con “boicottaggio diplomatico”: si tratta del mancato invio alle Olimpiadi, da parte di un Paese, di una propria delegazione in rappresentanza delle istituzioni. Non siamo sui livelli dei boicottaggi sportivi dei primi anni Ottanta – gli Stati Uniti e altre 65 squadre del Blocco Occidentale non parteciparono a Mosca 1980, mentre tutte le nazioni del Blocco Orientale restituirono lo sgarbo a Los Angeles 1984 – ma è comunque una spia di rapporti politici non proprio idilliaci tra il Paese ospitante, in questo caso la Cina, e coloro che annunciano la mancata presenza dei propri rappresentanti.

Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia sono i tre Paesi che hanno già annunciato il boicottaggio diplomatico. Secondo quanto riportato dal Guardian prima dichiarazione ufficiale è stata rilasciata da Washington, che ha deciso di disertare i Giochi «a causa delle atroci violazioni dei diritti umani commesse dalla Cina». Scott Morrison, primo ministro australiano, ha affermato che la decisione di Canberra di non inviare funzionari ai Giochi è stata presa sempre a causa dello scarso rispetto dei diritti umani nel Paese, soprattutto nella regione dell’estremo ovest dello Xinjiang, laddove la minoranza degli Uiguri turchi sarebbe perseguitata, e delle mosse della Cina per bloccare le importazioni dell’Australia. Proprio in relazione a questo punto, il giorno 8 dicembre la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una legge per vietare le importazioni dallo Xinjiang.

Per il momento, l’Unione Europea non si è ancora espressa in maniera diretta sull’ipotesi di un boicottaggio diplomatico da parte delle sue delegazioni. Anzi, la Francia ha già dichiarato che non seguirà l’esempio di Stati Uniti, Australia e Regno Unito: il ministro francese dell’Istruzione e dello Sport, Jean-Michel Blanquer, ha dichiarato che «dobbiamo stare attenti al legame tra sport e politica: lo sport è un mondo a parte che deve essere protetto dalle interferenze esterne. Il rischio è che le cose possono andare fuori controllo, e questo potrebbe finire per causare problemi alle competizioni, quindi agli atleti». Come detto, il governo di Pechino si è risentito molto dei boicottaggi annunciati: Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha dichiarato che «Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna hanno utilizzato le Olimpiadi come piattaforma per la manipolazione politica. Pagheranno per i loro atti sbagliati». Non proprio le parole più concilianti in vista di un evento di rilevanza globale come i Giochi Olimpici.