La malinconica crisi del Lione

L'Olympique è 13esimo in classifica, ma soprattutto sembra vittima di profondi problemi ambientali, dentro e fuori il club.
di Redazione Undici
16 Dicembre 2021

Dalla semifinale di Champions League raggiunta ad agosto 2020 sembra passata un’era geologica. E in effetti è proprio così: l’Olympique Lione sconfitto dal Bayern Monaco – in maniera molto meno netta di quanto non avesse detto lo 0-3 finale – non era una squadra molto diversa da quella di oggi, anche allora c’erano Anthony Lopes, Denayer, Dubois, Caqueret, Aouar, Toko Ekambi, eppure sono cambiate tantissime cose. Intanto, il giocatore simbolo: Memphis Depay, non c’è più; e poi, in panchina, Rudi Garcia è stato sostituito da Peter Bosz. Proprio quest’ultimo punto deve essere approfondito in qualche modo, perché piuttosto significativo: l’ex allenatore della Roma è andato via alla scadenza naturale del suo contratto (giugno 2021) a causa di un rapporto non proprio idilliaco con la società e con l’ambiente, mentre i suoi predecessori Génésio e Sylvinho sono stati esonerati per mancanza di risultati importanti. In realtà anche Garcia non ha fatto molto altro dopo quell’incredibile cavalcata estiva in Champions League: lo scorso campionato è stato positivo – se non addirittura esaltante – in alcuni momenti, fino a un certo punto, ma poi si è concluso con un quarto posto piuttosto deludente.

Da allora, la situazione è precipitata: oggi il Lione è 13esimo in classifica in Ligue 1 con 23 punti conquistati in 17 partite. La distanza con la zona Europa non è così ampia – il Montpellier quinto ha solo 28 punti – ma le sole tre vittorie nelle ultime dieci gare di Ligue 1 sono un bottino davvero misero. Secondo il Guardian, questo crollo è dovuto alla «mancanza di visione progettuale, che si riflette anche nella continua alternanza in panchina». È una visione coerente con la realtà: lo stesso presidente Aulas, ormai 72enne, ha detto che «forse il ruolo di direttore sportivo del Lione era sovradimensionato per Juninho Pernambucano». L’ex idolo della tifoseria lionese è subentrato a Florian Maurice nel 2019, e pochi giorni fa ha già annunciato che abbandonerà il suo incarico. Nel frattempo, il Lione non ha potenziato la rosa in maniera significativa – considerando gli ultimi due anni, l’unico arrivo che si è davvero imposto è stato Lucas Paquetá, mentre i vari Thiago Mendes, Kadewere, Reine-Adélaïde, Andersen non hanno lasciato o stanno lasciando grossi ricordi – e anche gli acquisti di quest’anno, Shaqiri, Boateng ed Émerson Palmieri, non hanno avuto un grande impatto. I migliori giocatori della squadra, insomma, sono ancora gli ultimi allevati e/o valorizzati nel progetto-giovani portato avanti negli anni Dieci: Aouar, Caqueret, Moussà Dembélé. Solo che ora sembrano non bastare più.

I problemi del Lione sembrano essere soprattutto ambientali. Le parole dei giocatori al termine delle partite, per esempio quelle del portiere Anthony Lopes dopo il 2-2 col Bordeaux («Vincevamo 2-0, questo risultato e altri di questa stagione sono semplicemente inaccettabili. Abbiamo un’infinità di problemi che dobbiamo risolvere al più presto»), sono sintomatiche, soprattutto in relazione con i pensieri espressi dal tecnico Bosz – secondo cui «le colpe sono individuali, il sistema di gioco c’entra poco». Altri segnali significativi, in questo senso, si sono manifestati fin dall’inizio della stagione: nella seconda giornata di Ligue 1, quando il Lione ha perso 3-0 contro l’Angers, c’è stato un litigio molto violento nello spogliatoio; da quel momento, il difensore Marcelo non è più stato convocato per una partita della prima squadra. Oltre alle tensioni interne, anche ciò che è successo e succede sugli spalti del Groupama Stadium/Parc OL ha finito per avvelenare il clima intorno al club: i disordini in occasione della gara contro il Marsiglia sono costati un punto di penalizzazione in classifica, due gare da giocare a porte chiuse (tra cui il recupero della gara contro l’OM, sospesa dopo che Payet è stato colpito da una bottiglietta) e una squalifica di sette turni per il presidente Aulas. Il fatto che tutte queste difficoltà siano soprattutto mentali si intuisce anche dall’ottimo rendimento tenuto dal Lione in Europa League: 16 punti in sei gare del girone eliminatorio con 16 gol fatti e cinque subiti, seppur contro avversari non proprio trascendentali – Rangers, Brondby e Sparta Praga. Proprio gli ottavi della seconda competizione europea potrebbero essere un’occasione per invertire il trend, ma da qui a marzo passerà ancora tempo. Magari Bosz riuscirà a recuperare, a fare un po’ meglio. Solo che le premesse, almeno in questo momento, sembrano davvero negative.

>

Leggi anche

Calcio
Ora anche Giorgio Chiellini è comproprietario di un club, il Los Angeles FC (ma in realtà aveva già investito nel calcio femminile)
L'ex capitano della Juventus è entrato a far parte del gruppo che gestisce la sua ex squadra in MLS, ma manterrà il suo nuovo impegno nella dirigenza bianconera.
di Redazione Undici
Calcio
Sono tornati i New York Cosmos, questa volta è vero, e nel nuovo progetto c’è anche Giuseppe Rossi
La storica squadra che fu di Pelé risultava inattiva dal 2021, ma ora dovrebbe essere ricreata come nuova franchigia USL.
di Redazione Undici
Calcio
Retegui e Theo Hernández, l’Arabia Saudita ha cambiato prospettiva (e forse dovremmo farlo anche noi)
Non dobbiamo più sorprenderci se giocatori di alto livello, nonché ancora giovani, decidano di lasciare il calcio europeo.
di Redazione Undici
Calcio
Il PSG sta facendo qualcosa che non avevamo mai visto prima
La schiacciante vittoria contro il Real Madrid è una conferma: la squadra di Luis Enrique, in questo momento, non ha rivali. E può vincere addirittura sette titoli in un anno solare.
di Redazione Undici