I calciatori non vaccinati stanno creando grossi problemi al calcio inglese

I contagi alle stelle e i rinvii di tantissime partite sono dovuti anche allo scarso tasso di vaccinazione: in Premier League, si stima che un giocatore su quattro non abbia ancora ricevuto la prima dose.

Il calcio inglese sta vivendo una crisi profondissima dovuta al Coronavirus, con tassi di contagio e conseguenti rinvii di partite che non aveva dovuto affrontare nemmeno nei momenti più duri e bui della pandemia. Soltanto ieri sono state rimandate altre sei gare di Premier League, dopo quelle già posposte nei giorni scorsi: si tratta di Manchester United-Brighton, Southampton-Brentford, Watford-Crystal Palace, West Ham-Norwich City ed Everton-Leicester. Tutti i giornali, non solo quelli prettamente sportivi, stanno cercando di comprendere come e perché il virus stia correndo in maniera così veloce e trasversale: tra tutti, il Times “elegge” la variante Omicron come causa principale, ma evidenzia anche il problema dei giocatori che non si sono ancora sottoposti al vaccino. Secondo il prestigioso quotidiano inglese, «si pensa che i calciatori delle prime quattro divisioni che hanno deciso di non ricevere alcuna dose siano il 25%: uno su quattro».

Il Times scrive che la Premier League non ha rilasciato dati ufficiali, ma che la percentuale del 25% sia del tutto realistica, in linea con quella confermata ufficialmente dalla EFL – acronimo di English Football League, l’ente che gestisce l’organizzazione della Championship, della League One e della League Two. Nelle tre categorie appena sotto la Premier League, la situazione dei contagi e dei rinvii è similare a quella del massimo campionato: finora sono state già rinviate 14 gare, e altre saranno rinviate nelle prossime ore. Ma per quale motivo i giocatori no-vax starebbero alimentando il problema? Secondo il Times, che attribuisce questo ragionamento ai funzionari delle leghe inglesi, «i giocatori che non si sono vaccinati devono isolarsi dopo essere entrati in contatto con un caso positivo di Covid. Le regole del governo obbligano chiunque non sia vaccinato ad autoisolarsi dopo un contatto, mentre coloro che sono stati sottoposti a doppia puntura non devono farlo».

Il Times spiega che la riluttanza dei giocatori a farsi vaccinare dipende «dalle storie spaventose che circolano sui social, e che raccontano di eventi avversi piuttosto gravi come malattie cardiache e problemi di fertilità. Un altro problema è di tipo puramente culturale: in generale, gli inglesi tra i 18 e i 29 anni non hanno aderito in maniera massiccia al vaccino, si pensa che in questa fascia gli obiettori siano addirittura uno su tre». Per quanto riguarda i singoli club, non ci sono dati ufficiali aggiornati alle ultime settimane. Ma è possibile fare dei raffronti: se il 19 ottobre scorso la Premier aveva annunciato che il 68% dei calciatori aveva ricevuto due dosi, mentre l’81% era a quota uno, e se alcuni club – tra cui il Liverpool – hanno confermato di avere un tasso di vaccinazione pari al 100% della rosa, è inevitabile che ci sono alcune squadre in cui la percentuale dei giocatori vaccinati è vicina al 60%. Un numero davvero basso, secondo alcuni manager. Tra questi, Ralph Hasenhüttl, alla guida del Southampton: «Abbiamo una percentuale di giocatori vaccinati vicina al 100%», ha detto in un’intervista. «Se vuoi giocare in questo club devi avere una mente aperta, ed è evidente che funzioni. In altre realtà non è così, ed è un problema».