Promesse d’Europa — Difensori e portieri

Una selezione dei talenti più promettenti che non si sono ancora affermati definitivamente e potranno segnare il calcio del futuro. Il terzo episodio è dedicato ai difensori e ai portieri.

I difensori moderni non sono solo – o meglio: non sono più – dissuasori architettonici viventi, archi a tutto sesto richiusi e messi di traverso di fronte all’attaccante che corre verso la porta, atleti il cui unico scopo è strappare la sfera ai nemici e ripartire. Anche se hanno assorbito dentro di loro lo spirito ostruzionistico del Mauer, non siamo più nell’era delle spazzate e via andare: ai difensori di oggi sono richieste altre cose molto importanti, per esempio farsi primi registi del gioco, avere il coraggio di fare il passaggio rischioso in verticale, quello che accende la ripartenza; oppure anche percussioni palla al piede per corsie esterne ma anche interne, perché anche la distinzione tra centrale e terzino è sempre più sfumata, più eterea. Tutti ci provano, a essere completi. Tra i più giovani, chi ha quel che serve per riuscirci?

Anel Ahmedhodzic (1999), svedese naturalizzato bosniaco – l’esatto contrario di Zlatan Ibrahimovic – è un centrale che gioca nel Malmö ed è molto abile nel colpo di testa; ha un fisico imponente, una delle sue specialità è la scivolata laterale a semiforbice sulla palla, ma sa anche – nonostante la stazza – avviare buone azioni come primo regista basso. Adocchiato dal Manchester United, su di lui c’è anche l’Atalanta, che già a quelle latitudini andò a pescare un altro talentino metà svedese e metà balcanico: Dejan Kulusevski. Nuno Mendes (2002), terzino sinistro nato a Sintra, è di proprietà Sporting Lisbona ma è in prestito (solo momentaneamente) al Psg: mancino puro dal talento cristallino, ha grande corsa, salta l’uomo con estrema facilità, è capace di tagliare in due il campo e mandare in tilt la squadra avversaria; lo si è visto più di una volta dribblare fino a tre uomini uno dietro l’altro. Spinge, spinge e non si ferma più; promette di diventare il nuovo Marcelo.

Riccardo Calafiori (2002), romanoe romanista della Roma, terzino sinistro anche lui, bel portamento e conduzione di palla sulla fascia, ha anche un buon tiro. Contro gli Young Boys, in Europa League, ha segna un eurogol da fuori area di controbalzo, mettendo il pallone proprio sotto l’incrocio dei pali. Bel biglietto da visita. Nella perenne carenza di terzini del calcio italiano, può essere una ventata d’aria fresca. Ha anche un bel carattere, essendosi ripreso alla grande dopo lo stop di un anno dovuto a un grave infortunio della gamba forte. Vorrebbe correre con Mourinho sotto la curva, ma lo staccherebbe di troppo.

Josko Gvardiol (2002), difensore centrale croato, solido e tecnico, nonostante la giovane età dimostra già una certa sicurezza. È stato acquistato dal Lipsia per prendere il posto di Upamecano (vedi sotto). Viene dalla Dinamo Zagabria. È stato il primo giocatore croato a esordire ad un Campionato Europeo a meno di vent’anni, ha un’eccellente visione di gioco da dietro e un ottimo lancio lungo tagliato di sinistro. Per certi versi ricorda Skriniar. Il suo predecessore al Lipsia, come detto, era Dayot Upamecano (1998): benché nella finale di Nations League contro la Spagna si sia perso Oyarzabal per strada dopo un rimpallo, causando di fatto lo 0-1 della Roja, l’errore può essergli perdonato – anche perché un minuto dopo Karim Benzema ha pareggiato con un meraviglioso tiro a giro che si è infilato al sette. Roccia scura della difesa del Bayern, è già stabilmente impiegato da Deschamps. Erede naturale di Desailly, fa della marcatura fisica e dell’interdizione le sue doti migliori.

Strahinja Pavlovic (2001), sembra molto più vecchio del dato anagrafico. Ne ha venti ma ne dimostra trenta. Cresciuto nel Partizan di Belgrado, serbo, colonna mancina solida al centro della difesa, è un parallelepipedo mobile, difficile da superare. Ora milita nel Monaco. Quando tampona con spallate gli attaccanti avversari, facendo scorrere la palla sul fondo, potrebbe ricordare un certo Chiellini – se non fosse che sembra avere un piedino un po’ più educato, ma un po’ meno carisma. Maichal Karbownik (2001), rapido terzino moderno, ex centrocampista interno, ambidestro, è già da un anno e mezzo nel giro della Nazionale polacca. È un giocatore molto sveglio con la palla tra i piedi, sa convergere e provare la conclusione da entrambi i lati. Pare che si annoi facilmente, così lo spostano spesso di ruolo: la prossima stagione sarà punta? Ha ammesso di fare molto spesso quella cosa che abbiamo fatto tutti almeno una volta nella vita: chiamare il mister al telefono fingendosi malati pur di non presentarsi agli allenamenti.

Domangoj Bradaric (1999), terzino sinistro di spinta, croato del Lille, volto pessimista da uomo dellEst, cresciuto nell’Hajduk Spalato. Riesce a dare un bel giro alla palla d’interno coi cross, e sa anche far gol. Vista la sua rapidità, può essere impiegato come esterno a centrocampo, ma sa anche chiudere bene la diagonale dalla sua parte nei cambiamenti di fronte. Assai altruista, arrivando a fondo campo in area piccola non cede mai alla tentazione del tiro, ma la mette in mezzo in base alla necessità, con scavini dolci sul secondo palo o rasoterra arretrati per i centrocampisti che arrivano da dietro. Benoit Badiashile (2001), centrale del Monaco, un metro e novantadue di muscoli, bestione mancino dagli arti inferiori abbastanza rapidi da interporsi nei corpo a corpo come arpioni, sa uscire palla al piede dalla linea di difesa impostando il gioco. Ha un triste record: è il più giovane calciatore ad aver mai fatto un’autorete in Champions League – a soli 17 anni, contro l’Atletico di Madrid. Ogni tanto ha dei blackout e perde palle pesanti, ma ce la farà a raggiungere una più alta concentrazione.

Nella stagione 2018/19, a 17 anni compiuti da pochi mesi, Benoit Badiashile è diventato titolare nel Monaco; da allora ha accumulato oltre 100 presenze con il club del Principato tra Ligue 1, coppe nazionali, Champions ed Europa League (Valery Hache/AFP via Getty Images)

Tomas do Lago Pontes Esteves (2002), portoghese che ha fatto tutta la trafila delle rappresentative nazionali dai quindici anni in avanti. Capello lungo alla David Luiz, soltanto liscio, ha la stessa ostinazione e il coraggio dell’ex centrale di Chelsea e Psg quando decide di partire palla al piede da dietro. Ex numero 2 del Porto B, ancora giovanissimo ha destato l’attenzione di alcuni dei più importanti club europei. Nel suo palmarés vanta già una Youth League. È passato in prestito al Reading, in Inghilterra. Si accettano scommesse sul suo futuro. Felix Nzouango Bikien (2003) centrale di difesa arrivato alla Juventus dall’Amiens, nella Primavera bianconera ha già messo in mostra delle grandi doti fisiche e un buon posizionamento. Ha origini camerunensi e dice di ispirarsi a Wesley Fofana, che dice di ispirarsi a Kurt Zouma, che dice di ispirarsi a Lilian Thuram. Sognare per credere. Ha ammesso di dover migliorare la tattica. Il piede sinistro per ora resta un’incognita. Capigliatura alla Valderrama, sempre titolare nelle Nazionali giovanili francesi, sta scaldando i muscoli per prendere il posto che lascerà uno degli antenati, Bonucci e Chiellini. Investimento.

Milos Kerkez (2003) serbo-ungherese in forza al Milan, terzino sinistro abbastanza offensivo, il classico numero 11 che stravolge i piani della difesa, fa pensare a un calciatore molto fastidioso – per gli avversari – come Jordi Alba, uno che sta sempre lì a punzecchiarti sulla fascia, a far triangoli e venir via e crossare e mandare le punte in gol. Su di lui è scesa la benedizione del più grande terzino sinistro della storia rossonera: Paolo Maldini. Si libera dell’uomo con rapidi cambi di ritmo e direzione, la fase d’interdizione è senz’altro migliorabile. Ma si sa, la miglior difesa è l’attacco. Gabriele Mulazzi (2003) ha attraversato il Po a piedi, senza camminare sulle acque, ma mollando i granata per la Juve. Stagione dopo stagione è sempre stato arretrato, fino ad arrivare a essere esterno, terzino sinistro. Il suo marchio di fabbrica è il contrasto di spalla a chiudere la diagonale, ma sa essere efficace anche nella metà campo avversaria.

Chris Richards (2000), americano d’Alabama di proprietà del Bayern Monaco, è stato ceduto in prestito all’Hoffenheim. Dai compagni viene chiamato Texas, ma anche East Mamba, o Air. Oltre ai soprannomi, ha iniziato  a collezionare assist, specie quando viene impiegato come terzino destro. Grande atletismo, si è fatto notare per alcuni inserimenti da dietro con bei colpi di testa e per una matura interdizione povera di falli. Gioca bene d’anticipo e, data la sua rapidità, è raro che l’avversario lo superi sulla corsa.

Il Bayern Monaco ha acquistato Richards nel 2018, e da un anno si è trasferito all’Hoffenheim in prestito; ha già collezionato sei presenze con la Nazionale degli Stati Uniti (Johannes Simon/Getty Images)

Appena dietro i difensori, ci sono i portieri: cobarriere in truciolato fresco, magri orsacchiotti volanti, ragni ubiqui che si servono di guanti speciali per stendere ragnatele fermapalle. I numeri uno del futuro sono super reattivi, pongono tra sé è la linea il proprio fisico come fosse un pannello riciclabile, un corpo da mettere a servizio della squadra un numero indeterminato di volte, pur di mantenere la rete inviolata. Ma sono anche dei giocatori di movimento, vengono coinvolti nella costruzione dell’azione, i più bravi sono dei veri e propri registi arretrati, dei distributori di palloni, sul lungo ma anche sul corto.

Giorgi Mamardashvili (2000) è un armadio georgiano di proprietà del Valencia: cresciuto calcisticamente nella Dinamo Tblisi, è molto reattivo in spazi ristretti, sui tiri da vicino, ma nello stesso tempo è anche piuttosto dinamico nei tuffi. Nonostante i 2 metri di altezza e un peso non meglio specificato, vola come fosse una piuma. È anche un pararigori. Veste la maglia numero 28, ma promette di indossare presto la numero uno di qualche grande club europeo. Maarten Vandervoordt (2002), estremo difensore belga del Genk, è stato il più giovane portiere a debuttare in Champions League, contro il Napoli. Capello lungo da rockettaro, leggero, forte nelle uscite basse, non è altissimo (188), ma si spinge ovunque la fisica delle particelle gli permetta, intrappolando nella sua ragnatela palloni destinati alla rete. È già stato designato come erede di Courtois.

Anatolij Trubin (2001), due metri per quasi novanta chili, è titolare nello Shakhtar e nella Nazionale ucraina. Ha uno sguardo malinconico ma deciso, un fisico impressionante, e fa dell’ottima scelta della posizione tra i pali una delle sue abilità migliori. Ha un buon piede per far ripartire l’azione. Non è agilissimo, ma la sensazione di trovarselo davanti, magari prima di provare il cucchiaio, crea un certo spavento. Anche Andrij Lunin (1999), portiere del Real Madrid, è ucraino: è stato guanto d’oro al campionato del mondo Under 20 in Polonia, riesce a fungere anche da primo regista basso del gioco, un po’ come faceva a suo tempo Oliver Kahn.  riflessi rapidissimi sono la sua dote più evidente. Trasmette calma, sicurezza e carisma alla difesa, anche grazie al raccoglimento dei capelli con chonmage samurai.

Gavin Bazunu (2002), nato a Dublino con origini nigeriane, già dagli esordi nello Shamrock Rovers lotta contro l’antico pregiudizio secondo cui i portieri di colore darebbero poca sicurezza. Partita dopo partita sta scardinando – con la sua agilità, con i pugni a lato, con l’intelligenza tattica – qualsiasi stupido preconcetto. L’epifania è avvenuta il primo settembre del 2021: in un match valevole per le qualificazioni ai prossimi Mondiali, ha parato un rigore calciato da CR7. E lo ha fatto anche  moltobene, volando basso in un nanosecondo alla sua destra. Ilan Meslier (2000), portierino francese del Leeds, faccia d’angelo timida eppure incazzata, due ampi padiglioni auricolari che sembrano dargli equilibrio, specialista nelle uscite basse ravvicinate. È un estremo difensore reattivo, concreto, mette il pugno quando serve, ci sono già numerose playlist con alcune delle parate più spettacolari e plastiche messe insieme nelle ultime due, tre stagioni con la squadra di Bielsa. Probabilmente è tra i portieri più talentuosi della sua generazione. Bravo anche con la palla tra i piedi, vola come una pantera-ragno a fermare palloni che, nel novanta per cento dei casi, sarebbero entrati in porta. Dà l’impressione di essere uomo da rissa, brutto trovarselo davanti coi suoi due metri.

Ecco un po’ di parate belle, alcune veramente assurde, di Illan Meslier

Arnau Tenas (2001) è un portero di autentico sangue catalano, essendo nativo di Vic, un comune spagnolo di 32mila abitanti famoso per la produzione di un prelibato salame, il fuet. Cresciuto nel vivaio blaugrana a pane e spaccate in area piccola, fa dei riflessi la sua dote più evidente. Fisico e sguardo da boxeur, potrebbe ricordare un certo Angelo Peruzzi. Anche perché non ha nessun tipo paura, infatti il suo marchio di fabbrica sono le uscite a spazzaneve con le braccia aperte al massimo. Primo regista, la mette con disinvoltura sui piedi dei compagni. Nel piazzare la barriera o prepararsi al calcio d’angolo degli avversari alza la voce con il suo tipico accento catalano, lanciando sotto sotto messaggi subliminali di indipendentismo e autonomia regionale, per tutta l’area di rigore.

Denis Franchi (2002) estremo difensore friulano, sotto contratto col PSG, è il portiere titolare dell’Under 19 italiana. Attualmente è stretto nel sandwich di Navas e Gigione Donnarumma, gente importante a cui rubare ogni giorno i trucchi del mestiere. La sua dote principale è il posizionamento tra i pali. Dicono che Verratti, per nonnismo, si diverta a tirargli puntate da cinque metri di distanza, per vedere quanto sia esplosivo. È quello che, nei video backstage degli allenamenti dei francesi, sta sulla linea della porta dietro Keylor a prendere anche lì palloni in faccia. Si segnala doppia parata a metà settembre contro il Bruges in Youth League: prima uscita bassa e poi, sul rimpallo da dietro, tuffo a mezza altezza piuttosto plastico. Il suo futuro è una specie di salvadanaio.