L’Inter ha vinto la Supercoppa grazie alle sue alternative, e perché ha saputo usarle

La differenza con la Juventus va oltre l'ampia panchina a disposizione di Inzaghi.

Nell’era contemporanea il calcio si è progressivamente avvicinato agli altri sport in molti aspetti, tra i quali il turnover dei giocatori. È un discorso di gestione manageriale ma anche di modifiche regolamentari: la terza sostituzione per calciatori di movimento è stata istituzionalizzata solo a cavallo tra il 1994 e il 1995, poi l’arrivo della pandemia ha determinato un’ulteriore – e benedetta, e inevitabile – apertura fino ai cinque cambi, che diventano addirittura sei in caso di tempi supplementari. Questa rivoluzione ancora in corso ha cambiato completamente il concetto di formazione titolare, ha reso ancor più importante – perché più impattante – il ruolo dell’allenatore e dei giocatori che iniziano le partite in panchina, anche in relazione a un calendario sempre più difficile, perché sempre più ingolfato. Per parlare di Inter-Juventus, della vittoria nerazzurra nella Supercoppa Italiana 2021, bisogna partire necessariamente da qui, dall’importanza di avere molte alternative in panchina.

Limitatamente al contesto italiano, l’Inter non ha rivali in quanto ad ampiezza e varietà di soluzioni. Simone Inzaghi ha a disposizione l’organico più vasto e più assortito, e in più ha la pura fortuna di non dover fare i conti, almeno in questo segmento, con molti casi di positività al Coronavirus, così come con altri tipi di assenze più legate al gioco. Dall’altra parte, Massimiliano Allegri si trova in una situazione diametralmente opposta: oltre che a Chiesa e Ramsey, lungodegenti, il tecnico della Juventus ha dovuto rinunciare pure a Cuadrado, De Ligt e Szczesny; inoltre Bonucci e Danilo ieri sera erano in panchina ma sono nettamente fuori condizione, e anche Dybala viene da un problema muscolare. Tutte queste defezioni hanno sicuramente tolto ad Allegri la possibilità di preparare bene la partita e/o di poter intervenire per cambiarla pescando in panchina. Ma la netta superiorità – di gioco, di intensità, di convinzione – mostrata dall’Inter nell’arco della gara non può essere spiegata riducendola a una semplice questione di presenze e assenze. Di sostituzioni possibili, o indovinate.

Basta rileggersi i dati per capire che la vittoria dell’Inter è arrivata anche troppo tardi, visto l’andamento della partita: 22 tiri a otto per la formazione di Inzaghi, possesso palla del 66% in favore dei nerazzurri, 365 palloni giocati in avanti contro 163, sempre in favore dell’Inter. Per quanto il piano gara della Juventus potesse essere puramente difensivo, una scelta tattica che non è ontologicamente più giusta più sbagliata rispetto a quelle fatte da Inzaghi, c’è da dire che la squadra bianconera ha concesso troppo e creato troppo poco perché Allegri possa ritenersi soddisfatto, al di là delle dichiarazioni del postpartita. E delle contingenze. È un discorso di divario percepito: anche se Inter e Juventus hanno una classifica diversa e quindi ambizioni diverse, almeno in questo momento, è evidente che la distanza tra le due squadre sia molto (troppo) superiore a quella che dovrebbe essere, in quanto a efficacia tattica, capacità di restare equilibrate in campo, di governare le partite al di là degli eventi incidentali.

Magari l’Inter avrà anche un’impostazione più offensiva e proattiva rispetto a quella della Juventus, magari i nerazzurri avranno dei meccanismi più fluidi e più oliati rispetto a quelli su cui sta lavorando Allegri, magari il tecnico livornese ha e avrà bisogno di più tempo per poter imporre la sua visione, i suoi metodi. Ma resta il fatto che la Juventus gioca sempre allo stesso modo, a prescindere da tutto: i bianconeri hanno iniziato la Supercoppa Italiana con Locatelli, Rabiot, McKennie, Kulusevski, Bernardeschi e Morata, hanno trovato il vantaggio, sono stati raggiunti dopo pochi minuti e poi sono stati messi sotto dall’Inter per tutto il primo tempo; poi dalla panchina sono subentrati Bentancur, Arthur, Dybala e Kean, eppure l’atteggiamento attendista e la strategia utilizzata per provare a risalire il campo non sono cambiati, l’Inter ha continuato a tenere il possesso, a gestire il gioco. E l’ha fatto, per tutta la ripresa e poi anche nei tempi supplementari. Se Kulusevski e Dybala – ma il discorso vale anche per Arthur e Bernardeschi, Kean e Morata, Bentancur e Locatelli – sono giocatori diversi, e lo sono, il dominio incontrastato e la sicurezza difensiva dell’Inter possono avere due significati entrambi negativi, per la Juve: il piano gara iniziale di Allegri non era quello giusto per esaltare chi è andato in campo; oppure il piano gara attuato dopo i cambi non era quello giusto per esaltare chi è subentrato dalla panchina. Purtroppo, per la Juve, una cosa non esclude l’altra.

Gli highlights di Inter-Juventus 2-1, più la premiazione

E qui si torna al discorso iniziale, all’importanza di avere molte alternative. Come dire: guardarsi accanto e poter mandare a riscaldarsi Sánchez, Correa, Vidal, Darmian e Dimarco, ma anche Gagliardini, D’Ambrosio e Sensi, è una situazione diversa rispetto a quella vissuta da Allegri ieri sera a San Siro. Ma bisogna anche avere gli strumenti per poter utilizzare e per far rendere certi giocatori. Oggi, soprattutto oggi, è importante saper creare delle squadre in grado di fare tante cose, di variare ritmo e soluzioni offensive, di sfruttare una coppia d’attacco composta da Dzeko e Lautaro ma anche un tandem Correa-Sánchez, di pressare i difensori avversari con Dumfries come con Darmian, di farlo in maniera sistematica e sistemica. Per dirla in una frase: bisogna cercare di creare le condizioni perché gli episodi avvengano, non attenderli e basta.

L’errore di Alex Sandro al minuto 120′ è davvero grossolano e quindi casuale, ma lo scambio Correa-Dimarco prima del cross di quest’ultimo, la presenza in area di Sánchez e Darmian, la pressione di Darmian sul tocco maldestro di Alex Sandro e la freddezza di Sánchez davanti a Perin sono cose che si preparano, si studiano, si allenano. Sono cose che, alla fine, fanno la differenza tra vittoria e sconfitta. E che, in questo caso, hanno portato all’Inter una Supercoppa pienamente meritata, al di là del fatto che forse il gol è arrivato troppo tardi e allora l’Inter dovrà rivedere qualcosa nelle strategie offensive, al di là di tutte le occasioni fallite o di quelle non create nel corso della partita, al di là delle contingenze.