Milan e Juventus sono ancora incompiute

La partita di San Siro ha emesso un verdetto: l'Inter non ha (ancora?) un'avversaria davvero seria nella corsa scudetto.

Siamo già arrivati a fine gennaio, praticamente a febbraio considerando la sosta all’orizzonte. Difficile credere o anche solo pensare che le migliori squadre di Serie A – o di qualsiasi altro campionato – siano ancora in costruzione, lontane dalla loro forma definitiva, che gli allenatori abbiano molto tempo per assemblare i propri giocatori e/o per plasmare grandi cambiamenti che si vedranno già in questa stagione. Il tempo, del resto, è l’unico avversario inattaccabile per non dire invincibile, l’unico che non accetta deroghe. In virtù di tutto questo, lo 0-0 di Milan-Juventus – il risultato più giusto, anzi l’unico possibile al termine di una gara priva di grandi occasioni ma anche di verve, di scosse elettriche, di momenti tecnico-tattici davvero significativi – è una sentenza forse definitiva per entrambe le squadre: sono e saranno lontane dall’Inter e quindi dallo scudetto, perché gli manca qualcosa per poter vincere le partite più importanti, gli scontri diretti.

I numeri non sono tutto, ma da un certo punto di vista sono come il tempo: sono inattaccabili, e quindi non possono mentire a lungo. E allora basta rileggere la storia del campionato per rendersi conto che Milan e Juventus hanno dei problemi – evidentemente irrisolti – quando devono affrontare un avversario di alta qualità. Se consideriamo gli incroci con le prime cinque della classifica, la squadra di Pioli ha ottenuto una sola vittoria (contro l’Atalanta), tre pareggi (due contro la Juventus, uno contro l’Inter) e una sconfitta (contro il Napoli); quella di Allegri è andata addirittura peggio: zero vittorie, quattro pareggi (due contro il Milan, uno contro il Napoli e uno contro l’Inter) e due sconfitte (contro Napoli e Atalanta), risultati a cui va aggiunto anche il pareggio/sconfitta in Supercoppa Italiana, giusto pochi giorni fa.

Ma quali sono i problemi irrisolti di Milan e Juventus? Beh, basta riguardare la sfida di San Siro per rendersene conto. Quelli dei rossoneri sono essenzialmente tecnici, riguardano le assenze: quelle di giocatori fondamentali come Kjaer, Tomori e Kessié, ma anche quelle di elementi in grado di elevare un sistema tattico ormai mandato a memoria dagli uomini di Pioli, confezionato su misura per esaltare i pregi e nascondere i difetti di una rosa ben costruita e di qualità medio-alta, che paga la mancanza di grandi picchi di talento – soprattutto se Theo Hernández e Rafael Leão non sono innescati bene e/o offrono una prestazione negativa. Facile pensare a Ibrahimovic, al fatto che la sua partita sia finita ancora prima di cominciare davvero, al fatto che il Milan sia stato privato del suo terminale offensivo, del suo leader, del suo uomo-simbolo. Ma anche questo, da un certo punto di vista, è un problema: se Pioli deve affidarsi necessariamente a un centravanti di quarant’anni per poter risolvere/vincere partite di questo tipo, allora c’è qualcosa che non va. Sulla stessa lunghezza d’onda: il fatto che la riserva di Ibra sia il 35enne Giroud non è che stia aiutando o abbia aiutato molto, in questo senso.

Anche Allegri ha dei problemi essenzialmente tecnici, anche Allegri ha a che fare con delle assenze. Nel suo caso, però, la prospettiva è leggermente diversa: la Juventus è una squadra che ha ritrovato un’identità solida per non dire utilitaristica, ma a cui ora mancano dei giocatori in grado di far rendere questo sistema tattico anche in fase offensiva. Anche in questo caso i numeri non mentono: con i loro 34 gol segnati in 21 partite, i bianconeri hanno il 12esimo attacco della Serie A, e in tutti scontri diretti – quelli contro le prime quattro della classifica e i due contro il Chelsea in Champions League – non hanno mai segnato più di un gol. È qui che si manifesta la differenza col Milan: ai rossoneri, come detto, occorrerebbero uno o più giocatori in grado di rendere ancor più efficiente il loro gioco d’attacco, un gioco che funziona – perché pensato e costruito in base alle caratteristiche della rosa – fino a quando non deve misurarsi con squadre di livello uguale o superiore; la Juve, invece, non ha (ancora?) dei principi o anche solo dei giochi offensivi in grado di far rendere bene, con continuità e contro qualunque avversario, i vari Morata, Dybala, Kean, anche lo stesso Chiesa prima dell’infortunio. Allegri riduce tutto alla qualità dei suoi uomini – dopo la partita di ieri ha detto che «I giocatori sono bravi o sono scarsi: le qualità non le cambi» – ma è vero anche che la Juventus di oggi ha meno qualità rispetto a quella che ha allenato tra il 2014 e il 2019, e allora servirebbe un approccio diverso, più propositivo, per poter ottenere qualcosa di più nella metà campo avversaria. Dopotutto ci sono ancora sette punti di distacco in classifica tra Milan e Juve: anche questo non è un caso.

Gli highlights (non proprio divertentissimi) di Milan-Juventus 0-0

Sono gli stessi sette punti che oggi separano – virtualmente – l’Inter dal Milan e dal Napoli. Non è una distanza enorme, incolmabile, ma è significativa. Ed è giusta. Non perché i nerazzurri abbiano battuto per 2-1 il Venezia, tra l’altro con un certo affanno, non perché abbiano avuto un rendimento scintillante negli scontri diretti – una vittoria sul Napoli e quattro pareggi con Juventus, Milan e due volte Atalanta – e non perché quella dell’Inter sia la rosa più vasta e più forte. Il gap nasce dal fatto che Simone Inzaghi ha trovato il modo migliore per assemblare i valori (elevati) dei suoi giocatori, e in più ha studiato e sperimentato soluzioni diverse per poter venire a capo delle partite. Ha potuto lavorare sull’attacco e sulla difesa, l’ha fatto bene. E ora sta raccogliendo i frutti di quanto ha seminato in un terreno certamente fertile, ma che bisogna saper trattare se si vuole ottenere un raccolto ampio e rigoglioso. Forse a Pioli e Allegri manca qualcosa in questo senso, ma il vero problema è che siamo a fine gennaio, praticamente a febbraio: tra non molto gli mancherà anche il tempo per recuperare, inevitabilmente.