Grazie a Brexit, i club italiani ed europei stanno scoprendo il calcio irlandese

I nuovi regolamenti hanno reso più difficile i trasferimenti in Inghilterra, e così si è aperto un nuovo mercato.

La fine delle (lunghissime) procedure relative a Brexit e l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti relativi al mercato dei calciatori hanno impattato in maniera profonda sulla Premier League. Un aspetto che è passato sostanzialmente inosservato, almeno nelle prime fasi di questa trasformazione, riguardava la Repubblica d’Irlanda: dal 1922 non appartiene più al Regno Unito, è una nazione a sé ed è parte dell’Unione Europea. Di conseguenza, le dinamiche del mercato in entrata non hanno subito cambiamenti sostanziali. In uscita, la situazione è molto differente: la prossimità geografica e culturale con il Regno Unito aveva creato le condizioni perché i grandi club inglesi, o anche scozzesi, acquistassero i migliori talenti del calcio irlandese fin da giovanissimi. Ora non è più possibile: le nuove regole, infatti, proibiscono a un giocatore extracomunitario sotto i 18 anni di trasferirsi in un club britannico; e gli irlandesi, così come tutti i calciatori che hanno il passaporto di un Paese dell’Unione, sono in questo gruppo a tutti gli effetti.

The Athletic ha fatto due conti partendo dalla formazione della Nazionale Under 17 che nello scorso mese di ottobre ha affrontato (e battuto per 5-0) i pari età di Andorra: su venti giocatori convocati, nessuno era sotto contratto con un club inglese; solo due anni prima, undici giocatori su 21 convocati della stessa Nazionale militavano in squadre come Manchester City, Wolves, Brighton, Norwich, Southampton e Derby County. Insomma, sono bastati dieci mesi perché le cose cambiassero in maniera radicale, perché i talenti più promettenti non praticassero più il cosiddetto Across the Water – letteralmente attraversare l’acqua, con ovvio riferimento al Canale di San Giorgio che divide le due isole britanniche più grandi – per trasferirsi nelle Academy dei club inglesi. Certo, esistono ancora delle scappatoie: se un giocatore minorenne si trasferisse con l’intera famiglia in UK, e i suoi genitori ottenessero l’iscrizione alla previdenza sociale britannica, allora le regole di Brexit potrebbero essere aggirate; allo stesso modo, molti irlandesi hanno genitori o altri avi originari delle nazioni costitutive del Regno Unito, quindi possono ottenere la cittadinanza. Resta il fatto, però, che questi nuovi paletti rendono più complicate le operazioni di calciomercato tra le due isole.

Ed è qui che entrano in scena i club di altre nazioni, che quindi possono setacciare un mercato che non è più monopolizzato da nessun vicino ingombrante. Uno dei giocatori dell’Under 17 che ha segnato contro Andorra, Kevin Zefi, è infatti di proprietà dell’Inter; poche ore fa, l’Udinese ha definito l’acquisto del difensore 18enne James Abankwah, di proprietà del St. Patrick’s Athletic. Proprio il direttore dell’Academy del St. Patrick, Ger O’Brien, ha detto a The Athletic che «ora siamo in contatto con osservatori e tecnici che lavorano in Francia, in Italia. Prima non era così, per una questione semplicemente geografica: se sei un club tedesco ovviamente fai meno fatica a pescare un buon talento in Austria o in Ungheria, e la stessa cosa succedeva per i club inglesi. Ora che quel canale è chiuso, molti club stanno iniziando a guardare anche dalla nostra parte: quando giocano le Nazionali giovanili irlandesi, sugli spalti ci sono scout che arrivano anche dal Belgio, dall’Olanda, dalla Polonia. Negli anni precedenti non sarebbero venuti». Non a caso, viene da dire, in estate il St. Patrick ha concluso un altro affare con un club dell’Europa continentale: lo Stade Reims ha acquistato il centrocampista 16enne Glory Nzingo.

Ovviamente il mondo e il lavoro sono cambiati anche per gli agenti, non solo per gli osservatori e i tecnici delle giovanili: Patrick Conliffe, procuratore che ha la sua base operativa a Dublino, ha raccontato che «i nostri partner italiani hanno iniziato a guardare le partite giovanili che si tengono in Irlanda solo dopo la fine di tutte le procedure relative a Brexit. Si è trattato di un cambiamento enorme, e per i ragazzi all’inizio è stato straniante: ora è molto più difficile anche solo ottenere una semplice borsa di studio per trasferirsi in Inghilterra, e così le famiglie hanno cominciato a chiedersi: “Ora dove andranno a giocare i nostri figli?”. A quel punto, però, erano già comparse le squadre estere: Zefi è andato all’Inter, Nzingo è andato in Francia; ora abbiamo un ragazzo dello Shamrock Rovers in prova al Psv, un altro alla Roma. Ci vorrà tempo per cambiare davvero le cose, è difficile rompere il legame che c’era con l’Inghilterra. Ma le prospettive ci sono».