Il Canada si sta prendendo il calcio del Nord America

La storica vittoria contro gli Stati Uniti ha riscritto le gerarchie, non solo quelle del girone finale di qualificazione ai Mondiali.

In molti, parlando del meraviglioso 2021 vissuto dalla Nazionale di calcio canadese, avevano ridotto il tutto a un’analisi piuttosto superficiale: il miglior Canada da oltre trent’anni a questa parte – l’ultima e unica qualificazione ai Mondiali risale all’edizione del 1986 – è semplicemente frutto del talento di Alphonso Davies e di qualche altro elemento di discreta qualità – Jonathan David, Tajon Buchanan e gli altri giocatori che militano in Europa. Ebbene, la storica vittoria per 2-0 contro gli Stati Uniti ha detto molto altro: prima di tutto, i Canucks sono riusciti a battere gli americani senza poter schierare Davies, fermato da un problema cardiaco riscontrato dopo la positività al Covid; anche un altro giocatore-rivelazione degli ultimi mesi, vale a dire Stephan Eustáquio, centrocampista appena passato al Porto, non è sceso in campo per problemi legati al Coronavirus; la notizia più importante arrivata da Hamilton, però, riguarda l’andamento della partita: il Canada ha trionfato al termine di una gara in cui forse gli Stati Uniti hanno dimostrato di avere maggior qualità pura, ma alla fine l’identità tattica – solida ma non speculativa – e la forza emotiva di una Nazionale costruita e allenata come se fosse un club hanno avuto la meglio. Non a caso, diversi giocatori canadesi hanno esaltato proprio questi aspetti: nelle interviste del postpartita, il portiere Borjan ha detto che «abbiamo offerto una grande prestazione difensiva».

Il gol in apertura di Cyle Larin – 26enne attaccante del Besiktas che, con i suoi 23 gol, è già il miglior marcatore di tutti i tempi della Nazionale maggiore – ha effettivamente messo la partita sui binari preferiti dei giocatori guidati da John Herdman, tecnico inglese reduce da una lunga e proficua esperienza, durata dal 2011 al 2017, con la rappresentativa femminile: il Canada è una squadra che preferisce restare compatta e non dominare il possesso, per poi azionare i suoi attaccanti rapidi e guizzanti. È una scelta dovuta ovviamente alle caratteristiche degli atleti a disposizione, ma anche identitaria: Borjan, nella stessa intervista già citata in precedenza (e riportata anche dal New York Times), ha detto che «in passato, quando siamo andati a giocare negli Stati Uniti, avevamo 50 o 60mila persone che ci schernivano, che umiliavano il nostro Paese. Ora, o meglio nelle ultime partite, le cose sono cambiate: ora hanno paura di noi».

È evidente che il Canada di oggi stia cercando di riscattare anni di subalternità. E che per farlo stia puntando tutto su un sistema di gioco forse elementare ma molto redditizio, oltre che su una profondissima coesione tra tutti coloro che fanno parte di questo progetto. Lo ha spiegato lo stesso commissario tecnico: «Questo nostro grande momento è forgiato sul grande spirito di squadra che abbiamo scoperto di possedere. Non smetteremo mai di combattere, e ora anche i tifosi se ne sono accorti: diversamente rispetto al passato, abbiamo un Paese che ci sostiene, perché ha imparato a vivere anche di calcio».

Insomma, i risultati hanno trascinato i tifosi, e viceversa. È così che il Canada è tornato ad altissimi livelli dopo molti, troppi anni: i Canucks non battevano gli Stati Uniti in un match di qualificazione ai Mondiali da 42 anni; inoltre, era addirittura dal 1998 che non riuscivano a qualificarsi per il girone finale delle eliminatorie per la Coppa del Mondo, raggiunto nel frattempo da squadre come Trinindad e Tobago, Guatemala, El Salvador. Ora il Canada è prima in classifica ed è l’unica squadra imbattuta nel cosiddetto League Group, vale a dire il girone a otto squadre che assegna due slot per la qualificazione diretta a Qatar 2022 e un posto agli spareggi interzona. Ma non è tutto: i Canucks hanno il miglior attacco, la miglior difesa e sono rimasti imbattuti nelle quattro gare giocate contro Messico e Stati Uniti, che da sempre sono le due anime dominanti del calcio nordamericano. Ecco, ora questo storico duopolio potrebbe essere giunto al termine: tra Messico e Stati Uniti si sta inserendo un terzo incomodo, una Nazionale che magari non sarà ancora ricca di talento grezzo, ma ha imparato a produrre giocatori di qualità, a esportarli e a inserirli in un contesto di gioco funzionale. Per dirla con le parole di Herdman: ha imparato a vivere di calcio. Era ora.