La storia della sciatrice americana che è diventata cinese

Gu Ailing è nata a San Francisco, ma ha deciso di gareggiare per il Paese d'origine di sua madre. E ora ha vinto l'Oro olimpico.

Gu Ailing resterà nella storia dello sport cinese: la 18enne sciatrice freestyle ha infatti conquistato il primo oro femminile del suo Paese in uno sport sulla neve, e questo di per sé già basterebbe a farla entrare nella leggenda. Il punto è che questa vittoria – nella specialità Big Air – ha anche un enorme significato e anche quindi peso politico: Gu Ailing, infatti, è nata ed è vissuta a San Francisco, da padre statunitense e madre cinese, e ha rappresentato gli Usa fino a quando non ha deciso di cambiare cittadinanza e di gareggiare con la Nazionale cinese. Ha annunciato di voler gareggiare per il Paese di sua madre nel giugno 2019, all’età di 15 anni, quando era già una persona molto conosciuta negli Usa: come racconta anche Cecilia Sala in una puntata del suo podcast Stories, Gu Ailing era una grande promessa non solo sugli sci, ma anche sullo skateboard; inoltre era una modella molto ricercata, testimonial di molti marchi famosi – professione “di supporto” che svolge tuttora, anche in Cina.

Secondo molte ricostruzioni, l’iter per il suo cambio di nazionalità è iniziato a gennaio 2019, dopo una vittoria sull’Alpe di Siusa, in Italia: invece che prendere l’aereo con tutto il resto del Team Usa, Gu Ailing si è recata a Pechino, e lì ha iniziato a preparare il suo “trasferimento”. L’annuncio (dato su Instagram) è arrivato dopo qualche mese, e a settembre Gu è arrivata seconda nella prova della disciplina Halfpipe che si è svolta a Cardrona, Nuova Zelanda, tutto questo difendendo i colori della Cina. La scelta potrebbe essere stata dettata anche dalle sue vicissitudini familiari: Gu è infatti cresciuta con sua madre e sua nonna, mentre il padre ha abbandonato la famiglia quando lei era ancora una bambina. Ovviamente si tratta di un’ipotesi non confermata.

Nel momento in cui ha annunciato di voler gareggiare per la Cina, ha detto che secondo lei il suo sport e la sua carriera potevano diventare un esempio «per ispirare milioni di giovani, unire le persone, promuovere la comprensione comune, creare comunicazione e stringere amicizie tra le nazioni». Quando le è stato chiesto il perché di questo cambio di nazionalità, lei ha risposto che «nessuno può negare che io sia americana, ma al tempo stesso nessuno può negare che io sia cinese. Quando sono negli Usa sono americana, quando sono in Cina sono cinese». Nel marzo 2021 ha denunciato di essere stata vittima di insulti online per la sua scelta di non gareggiare più con gli Stati Uniti, e persino di aver ricevuto minacce di morte.

Ovviamente la sua particolarissima posizione va oltre lo sport, diventa una questione politica, considerando l’enorme distanza che c’è tra Usa e Cina in questo particolare momento storico. Lei in realtà ha sempre cercato di disinnescare ogni polemica relativa alla dimensione puramente politica della sua scelta, non a caso non ha mai chiarito pubblicamente se ha rinunciato o meno alla cittadinanza americana. Ma la realtà è che viviamo un’era polarizzata, mentre invece «Gu ha un piede in ciascuno dei due Paesi, due superpotenze che si sono scontrate recentemente su tutta una serie di questioni, dall’economia alle violazioni dei diritti umani per la minoranza etnica uigura nella regione dello Xinjiang occidentale, fino alle origini della pandemia di Covid19», come scrive il Washington Post. Il problema è che potrebbero essere gli altri a strumentalizzare i successi di Gu, forti anche dell’enorme consenso popolare riscosso prima dei Giochi, un capitale destinato ad aumentare dopo il primo trionfo (ma in realtà è una delle favorite per conquistare anche le altre due medaglie d’oro in palio nella sua specialità): quando ha vinto la gara di Bia Air, Weibo – il social network più popolato e influente della Cina – è letteralmente impazzito, i server sono andati in crash e ben cinque trend topic su dieci erano legati a quanto successo sulle nevi di Pechino; e ovviamente anche i vertici della Repubblica Popolare hanno puntato e puntano moltissimo su di lei come testimonial per la grandezza sportiva della Cina. Allo stesso tempo, negli Stati Uniti diversi media hanno rivendicato il fatto che Gu fosse americana – «innegabilmente americana», l’ha definita la CNN – mentre Fox ha usato aggettivi come «ingrato» e «vergognoso» per il suo comportamento.