I quadri di Bruegel in cui si gioca a curling

Già nel Cinquecento, sul ghiaccio fiammingo, era un'abitudine irresistibile.

Le Olimpiadi invernali che si stanno svolgendo a Pechino in questi giorni stanno rappresentando – anche loro, verrebbe da dire – uno spaccato positivo del momento dello sport italiano: c’è il miracoloso argento di Sofia Goggia poche settimane dopo il brutto infortunio, c’è l’oro dell’highlander Arianna Fontana, e ancora le medaglie di Federica Brignone, Dorothea Wierer, e così via. Se c’è però un vincitore assoluto, in termini di sorpresa e improvvisa popolarità, è il curling: uno sport che, diciamolo senza tema di smentita, non appartiene alla tradizione italiana. E che, anzi, ai tempi di Torino 2006 veniva scoperto “per caso”, suscitando curiosità mista a straniamento.

L’oro conquistato da Stefania Constantini e Amos Mosaner nel doppio misto ha completamente ribaltato la percezione: ecco, noi italiani siamo maestri anche nel curling, e il curling di conseguenza non è più un oggetto strano con cui tenere una distanza di sicurezza, ma un fenomeno che ci sembra improvvisamente interessante, e di cui vogliamo scoprire di più. L’oro ottenuto dalla coppia azzurra è una piccola grande impresa, considerando che i due atleti hanno battuto Nazionali che alle spalle hanno un movimento più solido e strutture più sofisticate, ma proprio questo successo potrebbe essere il punto di svolta in grado di smuovere la diffusione del curling del nostro Paese. E se questo sport diventasse il prossimo padel?

Il curling, in realtà, ha una storia antichissima, e la sua nascita si fa risalire addirittura al Cinquecento. E ha pure una dignità culturale non da poco: è infatti immortalato in uno dei dipinti più famosi di Pieter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve: su uno dei laghi ghiacciati si vedono distintamente alcune figure alle prese con gli attrezzi tipici del curling. Non solo: la scenetta è replicata in un altro dipinto del pittore fiammingo, Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelliA testimonianza di come il gioco fosse già in voga nel Cinquecento, e di come, esattamente come oggi, quello scivolamento delle pietre sul ghiaccio esercita un fascino inimitabile.