Anatomia del gol di Vlahovic al Villarreal

Il fatto che sia stato segnato dopo 32 secondi di gioco è la cosa meno eccezionale.

Il tempo, nel calcio, è un concetto sopravvalutato. Ce ne stiamo accorgendo in queste ultime ore, in relazione al racconto di quello che è successo allo Stadio de la Cerámica di Vila-Real, nuovo nome del vecchio Madrigal: Dusan Vlahovic, come si diceva una volta, ha bagnato il suo esordio in Champions League – e nelle competizioni europee per club – con un gol realizzato al primo pallone giocato, dopo 32 secondi dal fischio d’inizio dell’arbitro Siebert. È sicuramente un evento eccezionale, quasi unico, e in virtù di questa rarità molti ne hanno approfittato per parlare di Vlahovic come di un predestinato, di un eletto del gioco. Tutto vero, tutto giusto, tutto molto suggestivo. Ma il tempo del calcio, ripetiamo, è un concetto sopravvalutato. Ciò che rende Vlahovic un grande attaccante, forse anche un predestinato, è ciò che fa per segnare questo gol dopo 32 secondi. È il modo in cui lo segna.

La redazione di Sport Mediaset, in preda a un classico raptus di premonizioni divinatorie, ha piazzato una telecamera a uomo sul centravanti serbo della Juventus. I risultati sono stati pubblicati su Twitter. In questo modo, tutti possiamo cogliere e quindi apprezzare l’eccezionalità di ciò che fa Vlahovic ben oltre la scansione temporale degli eventi, delle giocate. La partita inizia con il Villarreal che gioca il pallone, così l’ex attaccante della Fiorentina scatta in pressing sugli avversari; il pallone finisce lontano dal suo raggio d’azione e allora lui si ferma, in attesa che la squadra spagnola costruisca la sua azione. Il possesso passa alla Juventus, grazie a un anticipo di Danilo poco al di qua della linea di centrocampo, ed è in quel momento che Vlahovic comincia a segnare. Si vede chiaramente nella cam personale: non appena sente che il vento dell’azione sta cambiando, è cambiato, l’attaccante della Juventus cambia direzione con un movimento a mezzaluna, e la sua corsetta leggera diventa uno scatto potente, che detta e allo stesso tempo anticipa il lancio di Danilo.

Vlahovic si prende la porzione di campo in mezzo tra Albiol – che non ha il passo per tenerlo – e Pau Torres, che ovviamente non può coprire uno spazio che non solo è dietro di lui, ma anche accanto a lui. Il tempo del movimento di Vlahovic è perfetto, perché il centravanti della Juventus non è in fuorigioco, eppure si ritrova a ricevere il pallone davanti ai suoi avversari. Certo, il merito va anche al lancio di Danilo, ma l’abbiamo notato poco fa: è stato Vlahovic a dettare quel passaggio al suo compagno, ad averlo pensato proprio in quel modo, ad aver attaccato il campo di modo che un giocatore come Danilo, che ha un piede educato e una mente calcistica avanzata, potesse vedere, comprendere e fare ciò che ha fatto.

A quel punto, Vlahovic ha diverse opzioni. E un problema da valutare: il fatto che tutto stia avvenendo dalla parte “sbagliata” dell’area di rigore, almeno per lui che è mancino naturale. La sua scelta è la più naturale, ma anche la più difficile: controllo veloce e tiro immediato. Col piede d’appoggio. Tutto si svolge, cronometro alla mano, in un tempo che sta intorno ai due secondi: Vlahovic posiziona il suo corpo – le braccia, la testa, il tronco – in modo da poter stoppare il pallone con il petto e, insieme, orientare il controllo; proprio quella scelta taglia ulteriormente la diagonale difensiva di Pau Torres, che commetterebbe fallo da rigore se intervenisse, ma nel frattempo crede – e spera – che concedere il destro a Vlahovic possa essere un modo per limitarne la pericolosità.

Vlahovic, però, ha una cosa che è tutta dalla sua parte: il tempo. Non quello del cronometro della partita, piuttosto quello – brevissimo, infinitesimale – che intercorre tra il suo stop e il suo tiro. E che un essere umano, anche se è un portiere di qualità come Gerónimo Rulli, fa troppa fatica a controllare. Lo stop è seguito da una coordinazione perfetta, il pallone rimbalza e Vlahovic è già pronto a colpirlo con il destro, perché nel frattempo – in un tempo brevissimo, infinitesimale – ha inarcato il suo corpo in modo da colpire con il collo interno. Anche se il destro non è il suo piede, Dusan riesce trovare un angolo strettissimo, così stretto da evitare una possibile deviazione di Albiol, tornato a schermare Vlahovic, così stretto da togliere a Rulli la possibilità di difendere la porta, anche se in realtà la traiettoria della conclusione non è potentissima. L’effetto impresso al pallone è a uscire, il tiro è così angolato che la palla tocca il palo interno e poi si infila in rete.

Sarebbe stato un gol bellissimo anche se fosse arrivato al minuto 35′ o 67′. Sarebbe stato un gol da predestinato anche in allenamento, non solo agli ottavi di finale di Champions League. È questa la cosa più importante, la notizia più bella di una partita che la Juventus alla fine ha pareggiato, ma non ha giocato benissimo, come gli succede più o meno da inizio stagione. Solo che adesso c’è Dusan Vlahovic, che può fare la differenza in pochi istanti. È questo il tempo che conta di più, nel calcio.

Il video del gol di Vlahovic