Calcio e cibo. Guardare uno, mangiare l’altro, ma soprattutto parlarne. Poche cose sono più italiane di questa meta-attività. Passare ore seduti a tavola a parlare di Milan, Napoli, Juventus, Roma. Di amatriciana, ragù, casatiello, sarde in saor. Bisognerebbe registrarle, queste conversazioni. O riprodurle. Maurizio Tentella l’ha fatto: in un podcast uscito a cavallo tra 2021 e 2022 e chiamato UltràDelicious, in cui si raccontano, città per città, le protagoniste della Serie A insieme alle loro tradizioni culinarie. Non solo risotti e Shevchenko, però, perché i tesori italiani stanno nelle province. E quindi Marco Di Vaio, Delio Rossi e la milza imbottita. Alla fine il campanilismo è fatto di questo: magliette a righe e ricette rivendicate come bandiere. «È un abbinamento che non era mai stato esplorato bene», dice Maurizio. Si sente forte l’accento marchigiano. Mangia una cassatina, che manca da troppi anni dalla Serie A. «Devi tornare ad Abatantuono, nel cinema. Ma oggi mancava un racconto di questo tipo».
Non arriva dal niente, Tentella, e nel mondo del food un nome se l’è fatto negli ultimi anni in modi coraggiosi e inusuali, appunto. Con un’agenzia che si chiama Spacedelicious, e con cui curava – in modo irriverente – la parte culinaria di eventi di moda. Prima ancora, era proprio la moda casa sua: «Prima lavoravo per un’agenzia di comunicazione che era sia a Milano che a Civitanova Marche. Poi ho iniziato a lavorare in uno showroom che si chiama Marcona 3, che è quello dove è nato Marcelo Burlon, Off-White, quindi io mi sono vissuto in pieno tutto quel trascorso lì, era il 2012, 2013. Poi mi sono spostato su quello su cui ero più credibile: mangiare».
Tipo una versione “tovaglia a quadretti” di Laila Gohar, la food artist ex chef di Chez Panisse a Los Angeles, nata al Cairo e diventata big a New York e su Instagram. «Era il 2016 e mi chiamò Munchies (il canale dedicato al cibo di Vice Media, ndr) e mi chiesero di fare un video di prova per fare l’host. Io ero a Civitanova, e ho fatto questo video con un mio amico per mandarlo a loro. L’ho condiviso su Facebook per gioco, e ha fatto centinaia di migliaia di view. Un video stupidissimo, in cui mangio questa tagliatella agli scampi e dico questo claim che poi mi sono portato dietro, “life is live”. E poi da lì ho iniziato a fare degli eventi per dei brand dove io selezionavo il cibo, poi lo customizzavo…».
Il calcio è una passione che si porta dietro dalle Marche: «Io vivevo a Civitanova Marche, a 300 metri dallo stadio. Mio padre non è un grande tifoso, però stando così vicino, ed essendo una cittadina gemellata con la Sambenedettese che comunque ha fatto 23 anni di Serie B, con un campanilismo esagerato, io a 10 anni andavo allo stadio da solo, a vedere l’Eccellenza e la Serie D». Prima di UltràDelicious, aveva provato a mischiare il cibo con la musica con due episodi pilota chiamati TaxiDelicious, in cui impersonava un tassista e portava in giro Franco 126 e Myss Keta prima nel traffico e poi in trattoria, un format che non partì mai perché stroncato dalla pandemia, a inizio 2020.
Quando parla seriamente di cibo insiste sul marketing, che per lui è smitizzare e insieme celebrare. Dice: «Io dico sempre che il marketing se lo sono inventati i francesi: lo champagne è il primo prodotto pensato in funzione del marketing. Loro dicono: da qui a qui si chiama champagne, se invece vai appena lì cambia nome. Dicono: il nostro non si chiama brandy, si chiama cognac, ma è esattamente come un brandy. Sono dei fottuti geni».
Quindi valorizzare le peculiarità. Mettendole insieme: calcio e cucina. Certo sarebbe bello vederlo, e non solo ascoltarlo, mentre mangia: «Quello è il sogno. E dopo aver fatto l’ossatura del podcast, quindi mappato le città, i personaggi, le location, quindi la trattoria di Gigetto il laziale… Già adesso sappiamo dove si potrebbe girare, possiamo chiamare i dirigenti, il tifoso rappresentativo, l’anziano che si ricorda tutto… Sarebbe magnifico». È il sogno di adesso. Sempre col cibo al centro. Come quello di quando era bambino: «Lo chef su una nave. Mi piaceva mangiare e viaggiare. Allora nella mia testa, a dieci anni, li mettevo insieme così: sto su una nave, viaggio il mondo, e magno quanto me pare».