Perché c’è una parte del Camerun che non vuole il Camerun ai Mondiali

La minoranza anglofona tiferà Algeria in occasione dello spareggio che vale l'accesso a Qatar 2022.

Mentre l’Italia si lecca le ferite dopo l’incredibile sconfitta contro la Macedonia e per la seconda esclusione consecutiva dai Mondiali, le altre rappresentative ancora in corsa stanno per giocarsi le loro partite decisive. Tra queste c’è il Camerun, che tra poco sfida l’Algeria nell’andata del playoff che mette in palio uno dei cinque posti destinati alla CAF, la confederazione africana. La Nazionale allenata da Rigobert Song – ex difensore di Salernitana e Liverpool – vuole tornare al torneo iridato a otto anni dall’ultima partecipazione: nel 2018 la formula delle qualificazioni era diversa, l’ultimo turno consisteva in un girone all’italiana da otto partite, e i camerunesi (sette punti) furono eliminati dalla Nigeria (13 punti). Ora le cose sembrano poter finire meglio, anche se il doppio confronto con l’Algeria si presenta piuttosto equilibrato, e il fatto che la gara di ritorno si giocherà in trasferta potrebbe rappresentare un problema.

I tifosi dei Leoni Indomabili – questo il nickname storico della Nazionale camerunese – sognano di tornare ai Mondiali, ma c’è una parte del Paese che ha speranze diametralmente opposte: anche dopo la recente sconfitta (contro l’Egitto) nella semifinale di Coppa d’Africa, ospitata proprio negli stadi camerunesi, alcune aree della nazione sono esplose in una festa che doveva essere silenziosa, ma che alla fine è stata troppo manifesta perché non venisse notata. Si tratta delle città e degli agglomerati anglofoni, con epicentro nella zona del Bamenda: secondo quanto riportato da un reportage della BBC, che a sua volta cita fonti locali, «la maggior parte dei camerunesi che tifavano contro il Camerun ha celebrato la sconfitta al sicuro, nelle proprie case, ma le loro grida di gioia si sono sentite in diverse città. In alcune zone, prima tra tutte nel sobborgo di Bambili, le persone sono andate oltre le urla: si sono sentiti anche fischietti, cori e diversi motociclisti sono scesi in strada con i loro mezzi per fare delle vere e proprie acrobazie».

Alla base di questo dissenso nei confronti della Nazionale di calcio c’è ovviamente la politica: da diversi anni, ormai, le province legate all’eredità coloniale britannica sono in lotta contro la parte francofona del Paese, e i continui scontri – armati e non – hanno portato alla morte di oltre 3mila persone, mentre altre 600mila hanno lasciato le loro case. Come accennato, il problema è di natura storica: dopo la Conferenza di Berlino del 1884-85, il Camerun era diventato una colonia tedesca, ma poi la sconfitta della Germania nella Seconda Guerra Mondiale aveva portato a una spartizione tra Francia (a cui andò la parte orientale del Paese) e Inghilterra. Nel 1960, il Camerun francese conquistò l’indipendenza da Parigi, e col tempo finì per assorbire anche la zona occidentale, rimasta legata al Commonwealth – con il quale, nel frattempo, le nuove istituzioni avevano quasi interrotto i rapporti. La composizione federativa della nazione fu cancellata nel 1984, quando il Camerun divenne una repubblica unita: cambiò anche la bandiera nazionale, che perse la seconda stella, un tempo simbolo della zona occidentale del Paese.

Da allora, il presidente Paul Biya (ancora oggi in carica) ha centralizzato sempre più il potere, marginalizzando quella che è diventata una minoranza a tutti gli effetti. Dal 2016, la popolazione anglofona ha iniziato a ribellarsi in maniera più violenta e organizzata, e così tutti gli eventi e le situazioni che rimandano al potere centrale – tra cui le partite della Nazionale – vengono considerati ostili alla sua stessa esistenza. Ngwa Ebogo, medico e attivista politico interpellato dalla BBC, ha spiegato come e perché si sia sviluppato questo sentimento di opposizione nei confronti della Nazionale: «Questo Paese, così come chi lo governa, ha la tendenza a utilizzare il calcio come un’arma di distrazione, per nascondere questioni politiche importanti sotto la sabbia. Il governo tende a investire soldi nel calcio perché sanno che il calcio è un fattore unificante. Noi abbiamo cominciato a non sostenere la Nazionale nel 2016: anche se i giocatori credono di combattere per tutti i camerunesi, alla fine stanno alimentando il potere di chi aumenta le miserie della mia gente». Nel resto dell’intervista, diventa sempre più chiaro che il tifo contro la Nazionale è un modo per fare opposizione al regime di Biya: «La maggior parte dei camerunesi», spiega ancora Ebogo, «crede che i successi calcistici del Camerun siano un merito dell’uomo forte: se la Nazionale vince un trofeo, il Presidente della Repubblica riceve sempre più sostegno da tutte le zone del Paese».

In realtà la prima rappresentativa calcistica a “subire” il movimento anti-Camerun della parte anglofona del Paese è stata quella femminile: a dicembre 2016, nei giorni della prima rivolta organizzata, le ragazze del Camerun avrebbero dovuto affrontare la finale della Coppa d’Africa femminile contro la Nigeria. L’inizio degli scontri portò la popolazione locale a un vero e proprio voltafaccia dopo aver sostenuto la rappresentativa nei primi turni del torneo. Da allora le cose non sono cambiate, anzi sono peggiorate. E neanche l’elezione di Samuel Eto’o – un vero idolo per tutti i camerunesi – a presidente della Federcalcio di Yaoundé ha fatto riemergere il patriottismo calcistico degli anglofoni. «Sarà molto difficile», ha concluso Ebogo, «che da queste parti si torni a tifare per il Camerun come successo, per esempio, nel 1990. Anzi, noi preghiamo e speriamo che la Nazionale non batta l’Algeria e non si qualifichi ai Mondiali».