Dopo il rinnovo di Kylian Mbappé con il Paris Saint-Germain, la bolla calciofila di internet è impazzita. Il (presunto) potere decisionale acquisito dall’attaccante all’interno del club parigino è diventato un generatore infinito di meme, battutine, allusioni: per qualche giorno Mbappé è diventato il plenipotenziario della squadra più ricca del mondo, ha scelto il prossimo allenatore, gli orari delle partite, la dieta dei suoi compagni di squadra, per qualcuno aveva deciso a tavolino anche l’esito delle elezioni francesi e preparato un discorso pubblico di Emmanuel Macron. Il flusso si è interrotto quando il Paris Saint-Germain ha firmato Luís Campos come consulente sportivo, che poi forse è stata l’unica scelta su cui Mbappé ha davvero avuto un peso – almeno fino a quando non sarà ufficiale di Mauricio Pochettino. D’altronde Campos è l’uomo che ha portato la stella francese al Monaco nel 2013, dopo averlo visto nel centro sportivo di Clairefontaine. È uno che sa riconoscere il talento e sa inquadrarlo nel contesto giusto, e Mbappé è solo il caso più eclatante: lo ha fatto in ogni tappa della sua carriera e adesso dovrà farlo proprio in una squadra che, negli ultimi anni, non è riuscita a bilanciare le ambizioni con i risultati sul campo.
Il Paris Saint-Germain è l’unica società di calcio al mondo che può rifiutare 180 milioni di euro per un giocatore in scadenza di contratto, e poi rinnovarlo a cifre senza senso, nonostante un conto spese che deve già far fronte gli stipendi di Messi, Sergio Ramos, Neymar. Potrebbe fare la campagna acquisti senza i soliti passaggi di scouting, valutazione, trattativa, potrebbe fare mercato senza nemmeno contare i soldi. Eppure ha assunto Campos, ovvero ha fatto una scelta diversa: si è affidata a uno che è diventato famoso in squadre di seconda o terza fascia, lavorando con budget limitati e imperativi soprattutto sul lato delle cessioni.
Dopo essersi diplomato da educatore sportivo all’Università di Porto, a 27 anni Campos diventa allenatore dell’União Desportiva de Leiria, senza però lasciare il posto da insegnante. Nei primi dieci anni di carriera lo chiamano “Professore” perché continua a insegnare pur girovagando per il Portogallo, cambiando panchina quasi a ogni nuova stagione. Fino al 2005, quando passa dietro le quinte per fare il consulente di mercato. È in questo settore che la sua carriera prende una piega inattesa: nel 2010 José Mourinho lo chiama al Real Madrid, ne fa l’uomo incaricato di studiare gli avversari di Champions League e contribuire al calciomercato. Tre anni dopo finisce l’avventura dello Special One a Madrid e le loro strade si dividono, come se fosse stata una parentesi astratta: Mou va al Chelsea, Campos entra nello staff dirigenziale del Monaco.
Le tappe della carriera di Campos possono essere raccontate dalle descrizioni che ne hanno fatto i quotidiani nel corso degli anni. Nel 2014. Eurosport lo chiamava «l’uomo invisibile del Monaco», raccontandone la vita fin dall’infanzia vissuta a Fão, un piccolo villaggio di appena 3mila anime nel comune di Esposende. Alla fine del 2014 Le Parisien gli dedicava un articolo con il titolo «Luís Campos, l’arte della discrezione», tratteggiandone il profilo psicologico da uomo mite, lavoratore instancabile, metodico. Ancora nel 2017 Le Journal Du Dimanche lo chiamava «l’uomo misterioso», quello che ogni anno cambiava mansione nel club e si avvicinava un po’ di più al presidente Dmitry Rybolovlev: «Il cambio di ruolo di Campos ha coinciso con un brusco cambiamento nella strategia di mercato: il club ha speso molto nella finestra di mercato del 2013, sborsando circa 150 milioni di euro per star affermate tra cui Radamel Falcao, James Rodríguez e João Moutinho. Ma l’anno successivo, la proprietà ha deciso che una spesa così ingente era insostenibile, ed è così che Campos entra in gioco». Due anni dopo, nel 2019, Bleacher Report aveva un’angolazione diversa, il lavoro di Campos era ormai riconosciuto a tutti i livelli: l’uomo invisibile era diventato il «Transfer Genius» che muove i fili del Lille dopo il successo al Monaco. Una specie di Re Mida dei trasferimenti. Oggi un articolo di France Bleu definisce «un tuffo nel mondo di Luís Campos come una partita interminabile di Football Manager», mentre per So Foot è «il pezzo mancante» del Paris Saint-Germain.
Prendere il posto di Leonardo al Psg è la sfida più grande della carriera di Campos. Costruire una squadra obbligata a vincere non è facile, a maggior ragione se il percorso di crescita studiato a tavolino va in fumo da un giorno all’altro per un’occasione di mercato imperdibile, come Leo Messi o altre superstar da portare a tutti i costi a Parigi. Non è facile essere coerenti in questi casi. L’aspetto paradossale è che l’operato di Campos non sarà valutato per lo scouting, il mercato, la costruzione della rosa, cioè il suo lavoro vero e proprio: i giudizi dipenderanno solo dai risultati della squadra, vale a dire dalla vittoria della Champions League. Un controsenso che dice molto delle schizofrenie del calcio, almeno quanto le voci che sminuiscono il lavoro di Pep Guardiola solo perché Jack Grealish, dopo aver saltato tutta la difesa del Real Madrid, non fa gol a porta vuota e quindi il City non arriva in finale e non vince la Champions. In passato non è stato così, per Campos: le vittorie della Ligue 1 del Monaco e del Lille sono risultati eccezionali che lo hanno lanciato, ma sono anche incidentali, non pianificate perché in realtà non pianificabili fino in fondo. Mentre il lavoro programmatico di Campos deve essere valutato – e incensato – perché porta alla costruzione di rose eccezionali senza fare spese fuori budget, per aver prodotto plusvalenze enormi dalle cessioni multimilionarie di Nicolas Pépé, Rafael Leão, Victor Osimhen, Bernardo Silva, James Rodriguez, Bakayoko. Il suo metodo di lavoro portato nel Principato e nell’Alta Francia ha cambiato la storia e le dinamiche interne dei due club, in modo che potessero sopravvivere alla sua partenza.
I gol in Champions League del Monaco 2016/17, la squadra più spettacolare e probabilmente più forte tra quelle costruite da Campos
Per ogni singola posizione dell’undici titolare Campos ha sempre una cinquantina di nomi da proporre alla proprietà quando viene l’ora degli acquisti. E ogni giocatore deve essere stato osservato almeno sette volte dagli scout prima di finire su uno dei report che arriva sulla sua scrivania. Un metodo di lavoro scrupoloso e pignolo che ha preso dal playbook del Porto e di altri club che vivono di player trading: non è un caso che al Monaco e al Lille Campos si sia portato dietro Admar Lopes, ex osservatore dei Dragões che adesso fa concorrenza allo stesso Campos nel ruolo di direttore sportivo tra i più ambiti d’Europa. «Vuole sapere tutto su quello che sta accadendo al club, vuole controllare tutto, diventa anche un po’ paranoico», ha detto in anonimato un osservatore ai tempi del Monaco. Un dettaglio che contribuisce a tracciare il profilo del Campos personaggio discreto, lineare, ma puntiglioso fino al punto da avere sempre un occhio su qualsiasi cosa di suo interesse, come in un Panopticon. Dicevano che il suo ufficio di Valdebebas, ai tempi del Real Madrid, fosse praticamente vuoto, niente scartoffie o distrazioni, giusto qualche foto di una gita in mountain bike e della sua famiglia, le uniche vie di fuga da una vita dedicata allo studio dei dati e dei giocatori.
Al Paris Saint-Germain, almeno apparentemente, uno come Luís Campos non servirebbe nemmeno. Perché non c’è bisogno della sua scienza e della sua analisi per costruire la squadra più ricca del mondo. Però anche lo sceicco al-Thani sa di doverle provare tutte per raggiungere l’obiettivo. Allora fare le cose in un certo modo – alla maniera di Campos – diventa un imperativo: il suo primo impegno sarà quello di vendere gli elementi superflui dello spogliatoio, sfoltire la rosa per creare il contesto umano e tecnico più armonico possibile e massimizzare l’enorme potenziale a disposizione del prossimo allenatore (chiunque sia). È come se dovesse normalizzare una squadra che di normale non ha proprio un bel niente. In questo senso si inserisce nel solco tracciato da Leonardo qualche estate fa, cercando di limitare gli acquisti roboanti, portando a Parigi i gregari giusti, quindi Ander Herrera, Gana Gueye, Danilo Pereira, Leandro Paredes. Con questa guida il Paris Saint-Germain è cresciuto molto, ha raggiunto una finale di Champions League, è diventato una squadra ancora un po’ più forte. Ma non è bastato: qualunque risultato diverso da quel risultato è considerato un fallimento dalla proprietà qatariota. Adesso tocca all’uomo del mistero, l’artista della discrezione, il Re Mida del mercato. Potrebbe essere l’uomo giusto per cambiare la storia del club per cui lavora, ancora una volta. Ma stavolta è davvero complicato.