Il corpo di Haaland, potenza fuori controllo

Il nuovo centravanti del Manchester City sembra possedere una forza sovrumana.

Quando Erling Haaland raccoglie i suoi quasi due metri nella posizione del loto, che durante la meditazione dovrebbe guidare verso la liberazione, vuole forse comunicarci la propria auto-realizzazione dopo il gol, il singolo compito che è stato chiamato ad assolvere su questo pianeta. Eppure è impossibile non leggere del sarcasmo nell’assumere una posizione simbolo di pace cosmica al termine di azioni in cui Haaland, e il suo corpo,
sono stati un fattore di caos e distruzione lungo i cento metri del campo da calcio. La sua esultanza, quindi, suona come un contrappunto ironico e disilluso all’effimero momento di gloria. Haaland nella posizione del loto sembra un cavallo seduto, alle prese con la scomodità di gambe pensate solo per stare in piedi. Il suo corpo è stato creato non per la pace ma per la guerra, per correre selvaggio sul prato, calciare palloni con violenza ogni volta spropositata.

I paragoni con altri calciatori non reggono, bisogna aprire i bestiari. È stato paragonato proprio a un cavallo o a un orso, a quegli animali, cioè, che riescono a spingere corpi da più di duecento chili a velocità da asteroidi. Mentre controlla la palla e punta la porta, i difensori cercano di assalirlo e vengono respinti dal suo semplice peso gravitazionale, senza che lui debba preoccuparsi di loro, cavallette che si infrangono contro un vetro. Una volta ha esultato alzando Marco Reus come un bambino ed è sembrato frenarsi per non fargli del male. Non pare sempre in controllo della sua potenza e della sua vitalità ridicola e da fumetto, come risvegliatosi in un corpo non suo.

Nei primi tempi, con la maglia del RB Salisburgo, dopo aver segnato correva per il campo gridando e agitando braccia lunghissime prendendo un’aria spaventosa da troll, la bestia della mitologia norrena dalla bocca così grande da poter inghiottire una nave intera. Quello che proviamo guardando Haaland lo avevamo sperimentato quando, ormai venticinque anni fa, Luís Nazário Ronaldo comparse su un campo da calcio come un fenomeno paranormale. Le fotografie non riuscivano a catturare la sua immagine statica, la sua corsa lasciava scie come quella del barboncino futurista di Giacomo Balla. Ronaldo ha ridefinito l’ideale di corpo di un calciatore: per eccellere la tecnica, anche la più pura, doveva essere montata sul motore di una fuoriserie. Dopo che il corpo di Ronaldo si è schiantato in mille pezzi, non reggendo l’urto della sua corsa supersonica, sono arrivati altri esemplari miracolosi: la velocità da levriero di Thierry Henry, l’elasticità freak di Zlatan Ibrahimovic, la rapidità molecolare di Messi, l’esplosività perfetta di Cristiano Ronaldo e oggi i nuovi corpi impossibili di Kylian Mbappé e, appunto, Erling Braut Haaland.

Momenti di puro dominio

Il fenomeno del Psg e quello appena passato al Manchester City sembrano poter dominare il calcio dei prossimi dieci anni, e se la loro eccezionalità tecnica è indiscutibile, è soprattutto il loro corpo a suscitare la nostra meraviglia; ma se Mbappé non si discosta più di tanto da un corpo che già avevamo imparato a conoscere, Haaland è qualcosa di nuovo e diverso. C’è una sua foto di quando aveva 17 anni, aveva appena firmato col Molde ed era ancora un ragazzino, eppure le sue braccia erano già tozze come quelle di un cucciolo di maremmano. Il suo patrimonio genetico è diverso. A cinque anni ha stabilito il record mondiale di salto in lungo da fermo; in Champions League, contro il Psg, ha corso 60 metri in 6”64 (il record del mondo è 6”34). Gabrielsen, suo compagno al Molde, ha raccontato che all’inizio gli sembrava piccolino, «poi si è infortunato, non lo abbiamo visto per parecchio tempo e quando è tornato era così grosso! Era un animale diverso».

Un preparatore del BVB ha detto che è riuscito a prendere 12 chili di muscoli in 15 mesi, e ha definito la sua genetica “diversa”: «Avevo disegnato un circuito in cui alla fine della corsa doveva colpire un sacco, un giorno lo ha spezzato a metà». Per i difensori e i portieri non è gestibile. A vent’anni il suo corpo pare in continua espansione, e lui ha tutta l’intenzione di curarlo come un tempio: si sveglia presto, medita, segue la dieta biohacking di Cristiano, indossa occhiali che filtrano la luce blu di tv e cellulare per non lasciare che interferisca con l’umore del sonno: «Dormo meglio e per questo segno tanto». Non è ancora chiaro se Haaland sia la versione migliore possibile di un essere umano, o se non ha già sconfinato in qualcosa di diverso. Dal pianeta Terra lo osserviamo con uno sguardo in bilico tra meraviglia, eccitazione e sincero terrore.

Da Undici n° 37