Per moltissimo tempo, fino all’inizio degli Anni Sessanta, il ciclismo è stato lo sport più amato e seguito d’Italia. L’eredità di quell’era è ancora viva, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto business: il nostro Paese è un polo d’eccellenza in un comparto industriale, quella della bicicletta, che sta vivendo un momento di rinascita. È quanto emerge dal Market Watch L’Ecosistema della Bicicletta di Banca Ifis, giunto alla seconda edizione: un report sullo stato di salute e sulle prospettive del settore, che racconta la crescita della produzione ma anche lo sviluppo del cicloturismo, un’idea contemporanea di viaggio che porta con sé i concetti di sostenibilità, salute e inclusione.
L’Italia è storicamente considerato uno dei poli globali dell’industria ciclistica, un settore che sta vivendo una crescita senza precedenti, per diversi motivi: la necessità di riscrivere le abitudini di mobilità, di ridurre l’impatto ambientale, di fare scelte personali nel nome del benessere. In virtù di tutto questo, tutti gli indicatori economici sono positivi, a cominciare dalla crescita dei ricavi nel settore bicicletta e componentistica, +7,4% considerando solo il 2021. Una congiuntura del genere rende inevitabile una crescita degli investimenti: un produttore su quattro ha già aumentato la quota di denaro investita, mentre il 70% l’ha mantenuta inalterata, evidenziando come l’industria della bicicletta sia uno dei comparti più sensibili all’importanza dell’innovazione, della ricerca.
In Italia la produzione di biciclette è cresciuta del 7% su base annua: una quota significativa, alimentata soprattutto dallo sviluppo nel mercato delle e-bike. Secondo le stime di Banca Ifis, l’aumento della produzione del fatturato è un evento atteso anche per il prossimo biennio.
La produzione dell’E-Bike, vale a dire delle biciclette elettriche con pedalata assistita, è cresciuta del 25% tra il 2020 e il 2021: un boom che ha trainato l’intero settore, e che ha coperto una quota di produzione complessiva dell’11%. La crescita del saldo import/export positivo evidenzia come l’Italia, tra il 2020 e il 2021, abbia mantenuto non solo il suo status di polo produttivo, ma abbia anche riaccolto molte aziende che avevano delocalizzato all’estero, nell’ambito di un trend di reshoring europeo.
Ciclismo e reshoring
Il reshoring è un fenomeno economico opposto all’offshoring, e quindi consiste nel rientro “a casa” di quelle aziende che avevano delocalizzato la loro produzione in altri Paesi, diversi da quello d’origine. Per quanto riguarda l’industria della bicicletta in Europa, il reshoring è iniziato nel 2018, ma l’impatto di questa tendenza mostrerà la sua vera, enorme portata nel biennio 2022-23: secondo le stime di Banca Ifis, dovrebbero rientrare 2,8 milioni di pezzi, un aumento del 18% rispetto al dato precedente relativo alla produzione annua europea. Se consideriamo solo l’Italia, il rientro dei grandi marchi – Bianchi, Vittoria, 3T – ha determinato un effetto a catena per cui la aziende produttrici di bici e componentistica sono aumentate dell’11%, da 611 a 676, tra il 2020 e il 2021.
Se guardiamo al Continente europeo, ci sono sei determinanti per il reshoring. Si tratta della crisi delle catene di fornitura, che ha portato fino a sei mesi i tempi d’attesa media per ricevere le componenti della bicicletta, con riferimento all’anno 2022; di un certo aumento degli investimenti, infatti si stima che il 25% delle imprese, una su quattro, prevedono di accrescere il loro impegno nel prossimo biennio; di un gravoso impatto dei trasporti, per cui la crescita del costo per l’invio di un container da 12 metri dalla Cina verso l’Italia, a marzo 2022, è pari al +188%; l’aumento annuale della domanda di biciclette, che nel 2020 si è attestato sul +20%; di un netto aumento nei costi in Asia, fino al +170% dei salari in Cina nel settore manifatturiero, dal 2010 al 2020; dei dazi antidumping sulle eBike asiatiche, che porta fino a 2 milioni di tonnellate/anno la quantità di CO2 e anidride solforica risparmiate grazie alla produzione di bici, eBike e componenti in Europa.
La crescita della domanda mondiale di biciclette nel 2020, un aumento netto registrato anche grazie alla spinta della mobilità urbana
Sviluppo e benefici del cicloturismo
Non c’è settore che non tragga utilità e vantaggi dal cicloturismo: consente di diversificare l’offerta turistica sia in senso temporale che geografico, è un tipo di vacanza a basso impatto ambientale e ha degli effetti positivi non solo sull’economia degli operatori, ma anche sulla salute degli stessi turisti. Infine, ma non per ultimo, è un business che valorizza i territori tutelandoli dal punto di vista naturalistico e delle tipicità locali. È per via di tutto questo che la domanda e l’offerta del cicloturismo stanno vivendo uno sviluppo enorme: in Italia ci sono circa 4900 percorsi per ciclisti per 90mila chilometri, di cui il 54% si concentra in quattro regioni del Nord.
La distanza totale coperta dei percorsi per ciclisti in Italia
Il Trentino Alto-Adige è la regione che ha più strutture ricettive in grado di offrire servizi per gli amanti della bicicletta in vacanza, 1340. Una fetta di turisti che continua a crescere: secondo le stime di Banca Ifis, le ricerche internet sui percorsi ciclabili italiani più belli e frequentati sono cresciute dell’84% negli ultimi due anni.
Esistono sette tipologie di strade a uso esclusivo o promiscuo della bicicletta. Il 36% di queste sono strade senza traffico o a basso traffico, mentre le corsie/piste ciclabili e/o ciclopedonali rappresentano il 27% del campione. Ci sono le piste ciclabili e/o ciclopedonali, le corsie ciclabili e/o ciclopedonali, le piste/strade ciclabili in sede, i sentieri ciclabili e/o percorso natura, le strade senza traffico, le strade a basso traffico e le strade ciclabili o ciclostrade, dette anche “strade 30”.
Cicloturismo significa anche co-marketing, dare opportunità a tutti, perché una crescita così netta non poteva che alimentare le sinergie tra aziende solo apparentemente lontane tra loro, ma che investono sui territori: le rilevazioni di Banca Ifis evidenziano che nel 2021 le imprese coinvolte in eventi legati allo sviluppo del cicloturismo sono il 55%. Nei prossimi due anni, però, potremmo assistere a un aumento fino al 77%.
L’importanza del PNRR
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato nel 2021 dal governo Draghi, è un pacchetto di investimenti e riforme per rilanciare l’Italia dopo la pandemia da Covid-19 sfruttando le sovvenzioni del Next Generetion EU, il fondo creato dall’Unione Europea per aiutare gli stati membri in questa fase di ripresa economica e rinnovamento. Dei 750 miliardi stanziati, 191,5 andranno all’Italia (70 in sovvenzioni a fondo perduto e 121 in prestiti). Per il settore del ciclismo, I finanziamenti più elevati derivanti dal PNRR sono quelli sono destinati alla ciclovia Adriatica (74 milioni di euro), seguita dalla ciclovia della Magna Grecia (articolata tra Basilicata, Calabria e Sicilia, per un totale di 62 milioni) e da quella del Vento (che collega Venezia e Torino). L’Adriatica è al primo posto anche per l’estensione del tratto da realizzare: la distanza totale da coprire è di 210 km.
I fondi stati destinati, nel PNRR, alle piste ciclabili nei prossimi cinque anni: 400 saranno utilizzati per le grandi ciclovie nazionali, mentre i restanti 200 per le ciclabili urbane.
Quasi il 60% dei fondi arriverà nel biennio 2022-23, mentre il resto sarà investito progressivamente di anno in anno: 100 milioni nel 2024, altri 80 nel 2025 e i restanti 65 nel 2026. Quasi il 70% dei fondi PNRR destinati ai percorsi ciclabili contribuiranno alla realizzazione delle grandi ciclovie nazionali. Nonostante le risorse pubbliche stanziate dal PNRR e dal D.M. n. 517 2018, il fabbisogno residuo per completare le ciclovie è stimato a 1,8 miliardi di euro. Entro dicembre 2023 saranno assegnati tutti gli appalti pubblici per la realizzazione di 200 km di piste ciclabili in aree urbane e metropolitane. Entro giugno 2026 verranno costruiti almeno 365 km di piste ciclabili supplementari nelle aree urbane e 1.235 km nelle altre aree di Italia.