C’era una volta la Banter Era della Serie A

Scarso appeal, competitività inesistente, big allo sbando, campagne acquisti da asta di Fantacalcio, gol fantasma e momenti tristemente indimenticabili.

Tornerà mai la Serie A degli anni Novanta? – per intenderci: il campionato più ricco, appassionante, seguito al mondo. Spoiler: no. Il gap che la Premier League ha creato negli anni con le altre leghe – un gap in larga parte economico, e da lì deriva ovviamente tutto – è oggettivamente irrecuperabile, per noi e per gli altri campionati europei. Per correggersi a medio-lungo termine, lo scenario attuale dovrà per forza trovare soluzioni alternative – Superlega, campionato paneuropeo, o che dir si voglia – pena uno squilibrio sempre più evidente.

Al tempo stesso, ci siamo messi alle spalle il periodo peggiore della Serie A, quello immediatamente successivo agli ultimi fuochi della nostra era godereccia, perché eravamo i più ricchi e i più belli da vedere. Il 2006, con la vittoria dei Mondiali, ha rappresentato un punto molto alto per il nostro calcio, ma anche di trasformazione, con Calciopoli e la retrocessione della Juventus, in uno scenario economico che stava rapidamente cambiando: i Moratti e i Berlusconi erano ancora forti e dominanti, e tra il 2007 e il 2010 Milano avrebbe conquistato due Champions League, ma era davvero l’ultima propaggine di un calcio che presto sarebbe scomparso.

Ben presto, il calcio italiano si sarebbe riscoperto nudo: il modello economico che per così tanti anni aveva funzionato – ed era stato l’unico immaginabile – non reggeva più. Gli Abramovich, i Mansour, gli Al-Khelaifi avrebbero sconquassato le fondamenta monetarie del nostro calcio, non più in grado di competere con questi Moloch danarosi. Il calcio italiano avrebbe attraversato un periodo di crisi duro e deprimente, lasciando trapelare in tutta evidenza l’incapacità, nel breve periodo, di reagire adeguatamente alle trasformazioni che stavano attraversando l’intero calcio europeo.

Oggi il calcio italiano è rimasto certamente indietro, ma perlomeno in questi ultimi anni ha saputo trovare formule per tornare a esercitare una certa attrattività, sportiva ed economica, come conferma anche l’arrivo di numerosi capitali esteri, ormai in maggioranza, in Serie A. Squadre come Milan e Inter, dopo anni nefasti e per certi versi comici, sono tornate a incarnare la nobiltà del calcio italiano, con benefici per tutto l’appeal del campionato. Dieci anni fa e anche meno, le due milanesi erano ridotte ai minimi termini, con improbabili progetti tecnici, panchine traballanti, punte spuntate. Si è parlato a lungo di “Banter era” per le due squadre, ricordandone i più tragici esiti.

Quella definizione, però, può calzare anche per quel periodo della Serie A all’indomani del tramonto dell’impero costruito nei decenni precedenti: un campionato con scarsissimo appeal, competitività inesistente in Europa, con big sempre meno big, squadre costruite alla rinfusa, campagne acquisti degne della peggior asta di Fantacalcio alcolica, e difensori che decidevano deliberatamente di segnare nella propria porta. Quel periodo, che va subito dopo la vittoria della Champions League da parte dell’Inter e arriva alla prima finale di Champions della Juventus di Allegri (dal 2010/11 al 2014/15, quindi), è a tutti gli effetti la “Banter era” della Serie A. Ve la ricordate? Dovreste, prima di criticare quello che oggi è diventato il nostro campionato, pur con tutti i suoi limiti.

Parmaggedon

Nel 2013/14 il Parma arriva sesto in classifica: è il risultato migliore per gli emiliani in dieci anni, qualcosa che, in una squadra che ha rispolverato per l’ennesima volta il talento di Antonio Cassano, fa presagire orizzonti d’oro. Invece il mancato ottenimento della licenza Uefa per partecipare all’Europa League è il preambolo di una delle baracconate peggiori nella storia del calcio italiano: emergono difficoltà finanziarie enormi, con il presidente Ghirardi che in seguito viene condannato per bancarotta fraudolenta. La squadra stenta, mentre attorno alla società orbitano figure da commediola anni Ottanta, vedi quel Giampietro Manenti con la sua azienda (?) in Slovenia che rilascia memorabili interviste sui soldi che “stanno arrivando”. Non si sa nemmeno se la squadra è in grado di partire per la trasferta successiva, il capitano Lucarelli annuncia che i giocatori copriranno i costi pur di portare a termine uno dei campionati più surreali nella storia della Serie A. Il Parma finisce ultimissimo, fallito e costretto a ricominciare dai dilettanti.

La mano dell’allenatore

L’ultima volta di Alberto Malesani in Serie A: gennaio 2014, il neopromosso Sassuolo pericolante lo chiama per invertire il trend. Malesani riesce a perdere cinque partite su cinque, quindi è esonerato. Il Sassuolo ritorna sui propri passi e richiama Di Francesco, a fine stagione si salva.

Sic transit gloria Sampdoriae

Se il buongiorno si vede dal mattino, il gol di Rosenberg che stoppa proprio all’ultimo la Sampdoria dalla fase a gironi di Champions League è già sufficiente per prevedere il resto. Ovvero: una squadra che dal quarto posto precipita in Serie B in una sola stagione, oltretutto gravata dall’addio di Cassano che aveva mandato a quel paese Garrone per una festicciola a cui proprio non gli andava a genio di partecipare. La Sampdoria del povero Di Carlo si inabissa in classifica, fino a quando viene chiamato Cavasin, che in dieci partite ne vince appena una e ne perde sette. In più il gol che affossa le speranze blucerchiate lo segna Boselli nel derby di Genova, al 97esimo.

L’importante è partecipare

Ottantaquattro: le reti subite in trentotto partite dal Pescara 2012/13.

Gasp!

Il povero Gasperini all’Inter voleva Vidal, Nainggolan, Palacio e Sanchez. Non gli presero nessuno, gli resero la vita impossibile e dopo quattro partite (e zero vittorie) lo rispedirono a casa nonostante un contratto biennale. Post scriptum: quei quattro giocatori avrebbero davvero vestito la maglia dell’Inter in seguito.

Non sono stato io

Dopo le barzellette di Totti, le scuse di Mazzarri. «Abbiamo sbagliato l’approccio, poi oggi era anche il compleanno di Cavani», dopo Napoli-Viktoria Plzen 0-3. «Era normale che la squadra calasse in dieci e poi è anche iniziato a piovere», dopo Inter-Verona 2-2. «Giovedì faceva molto freddo, qui invece abbiamo trovato un clima estivo», dopo Palermo-Inter 1-1. E poi certo: «Bisognerebbe cambiare un po’ le regole: ogni tot angoli battuti, ogni tot pali, dovrebbe essere assegnato un gol».

Nell’angolo viola

Avete mai visto un allenatore prendere a pugni un proprio giocatore nel bel mezzo di una partita? Sì, certo che lo avete visto, era proprio in Serie A, Delio Rossi versus Adem Ljajic in Fiorentina-Novara del 2012.

Per un pugno di dollari

«Andava fuori, Andre», gli dice Gillet. Andrea Masiello ha appena infilato la sua stessa porta: è il derby di Puglia tra Bari e Lecce, è il gol del 2-0 dei giallorossi. Il Bari è già retrocesso dopo una stagione anomala: calciatori in fuga, infortuni sospetti, difensori che esultano dopo aver incassato un gol. “Andre” sapeva che quel pallone andava fuori, ma è intervenuto, come avrebbe detto agli inquirenti, “per poter cristallizzare definitivamente l’esito di sconfitta per il Bari e per poter ottenere il pagamento promessomi”. È il caso più clamoroso di un’inchiesta che solleva un’ondata di partite truccate tra Serie A e Serie B.

Un allenatore al giorno toglie il medico di torno

Altra squadra capace di capitomboli repentini: il Palermo di Zamparini. Dal quinto posto del 2009/10, finale di Coppa Italia l’anno seguente alla retrocessione del 2012/13. Con ben quattro cambi di allenatore: Sannino dalla prima giornata alla terza, Gasperini dalla quarta alla ventitreesima, il buon Malesani parcheggiato per tre giornate, quindi ancora Gasperini per due giornate, il ritorno di Sannino per lo sprint finale.

Proprio loro

C’è gente che ancora ritiene che Cristiano Ronaldo non sia stato all’altezza della Juventus, ma nella Banter Era – dove pure i bianconeri erano l’indiscussa squadra di riferimento ai vertici – pure la squadra campione d’Italia non si faceva mancare i cosiddetti colpi a effetto: quella Juve poteva vantare nel reparto d’attacco una potenzialmente micidiale coppia Bendtner-Anelka. Undici partite in due in campionato, zero gol. Miglior marcatore a fine stagione: Arturo Vidal, un centrocampista.

La calda estate del presidente De Laurentiis

Certo, il sorteggio dei calendari è sempre un bel momento, tensione, curiosità, e poi l’idea che il campionato stia davvero per iniziare. Ma poi? Puff, finisce lì. Ci vorrebbero più momenti alla Aurelio De Laurentiis che urla “siete delle merde” e poi fugge in motorino, anno di grazia 2011. Qualche settimana prima aveva presentato Gokhan Inler, il colpo dell’anno – siamo pur sempre in piena Banter Era – mettendogli una maschera da leone in testa.

Iturbe psichiche

Ai tempi, per giocatori come lui, si costruivano imperi e si disfacevano regni. Antonio Conte, che non lo aveva ottenuto, decise di andarsene. A Roma si profetizzavano meraviglie in serie. Lui era Juan Iturbe, il giocatore attorno a cui si accanirono i club più importanti della nostra Serie A. Nell’estate 2014 Iturbe era un gradino sotto Messi. Nelle stesse ore, in Germania, il Wolfsburg acquistava con qualche euro in meno Kevin De Bruyne.

La dura legge del gol

Di capitoli bui, in questi anni, il Milan ne ha scritti eccome, ma il peggio l’ha dato nella ricerca dell’attaccante: Matri, Pazzini, Destro, Niang, Torres, un flop dietro l’altro. Tra il 2013/14 e il 2014/15, tutta questa potenza di fuoco ha prodotto dieci gol complessivi in campionato.

Ghostbusters

Agli oppositori del Var, tecnologie assortite, pseudomoviole eccetera: il gol fantasma di Muntari in Milan-Juventus. Più Banter Era di così.

Ahi serva Italia

Nel 2013/14 Alessio Cerci, con la maglia del Torino, è un’iradiddio in grado di essere il benchmark di tutti gli esterni di piede sinistro al mondo: del resto, in molti, assistendo alle prestazioni appena discrete di un tale Arjen Robben, sostengono che quell’olandese lì ricorda molto Cerci. Salutato il Toro, Cerci va a Madrid, sponda Atlético, e la sua fidanzata troneggia: «Andiamo nel calcio che conta».

Tutto a metà prezzo

Il 2014/15 confeziona un orribile ottavo posto di un’orribile Inter protagonista di un orribile mercato. Arrivi: Francesco Bardi, Vid Belec, Tommaso Berni, Raffaele Di Gennaro, Andrea Bandini, Simone Benedetti, Cristiano Biraghi, Mirko Crociati  , Dodô, Marco Ferrara, Matteo Frigerio, Jacobo Galimberti, Eloge Yao, Ibrahima Mbaye, Simone Pasa, Giorgio Piacentini, Matías Silvestre, Lukas Spendlhofer, Nemanja Vidić, Giovanni Zaro, Rodrigo Alborno, Niccolò Belloni, Marco Benassi, Daniel Bessa, Mattia Bonetto, Lorenzo Crisetig, Alessandro Cannataro, Alfred Duncan, Gianmarco Gabbianelli, Assane Gnoukouri, Diego Laxalt, Gary Medel, Yann M’Vila, Joel Obi, Ezequiel Schelotto, Andrea Romanò, Stefano Tonsi, Ishak Belfodil, Riccardo Bocalon, Bocar Djurmo, Adama Fofana, Wilfried Gnoukouri, Youssou Lo, Samuele Longo, Davide Mariani, Diego Mella, Pablo Osvaldo, Ismael Sanogo, Tidjane Baldé, Christian Silenzi. Solo in estate. In inverno Lukas Podolski.

Showtime

Un Chievo da grandi emozioni nella stagione 2014/15: ventotto gol realizzati in trentotto partite. Peggior difesa del campionato. Ah: quattordicesimo posto, a +9 sulla zona retrocessione.

Il SottoScala del calcio

Indimenticabile derby di Milano, l’eccellenza del calcio italiano, andato in scena il 23 novembre 2014. Formazioni: Milan: Diego Lopez, Rami, Zapata, Mexes, De Sciglio, Bonaventura, Essien, Muntari (31′ st Poli), El Shaarawy, Menez, Torres (28′ st Honda). Inter: Handanovic, Nagatomo, Ranocchia, Juan Jesus, Dodò, Guarin, Kuzmanovic, Obi (27′ st Hernanes), Kovacic (49′ st M’Vila), Palacio, Icardi (44′ st Osvaldo). Finisce 1-1 con gol di Menez e Obi. Commento tecnico di Sandro Mazzola: «I giocatori dell’Inter non sanno giocare».