Gli acquisti più costosi delle Big Six inglesi sono andati tutti molto male, o quasi

L'unico immune al sortilegio è Virgil van Dijk, le ultime vittime sono Pépé e Ndombélé.

Nelle ultime due settimane Tanguy Ndombélé e Nicolas Pépé hanno lasciato, rispettivamente, il Tottenham e l’Arsenal con la formula del prestito: il primo si è spostato in Italia, al Napoli, mentre il secondo è tornato in Francia, al Nizza. Entrambi i due giocatori hanno fatto questa scelta, ovviamente insieme ai loro club, per cercare di recuperare – almeno in parte – il loro status dopo tre stagioni interlocutorie nel Nord di Londra: si sono trasferiti in Inghilterra nel 2019, rispettivamente dal Lione e dal Lille, e da allora non sono mai riusciti davvero a imporsi come titolari e come leader tecnici, alternando buone prestazioni a periodi anonimi per non dire mediocri. Oltre che questo percorso comune, Ndombélé e Pepé condividono anche un’altra condizione: sono stati e sono ancora gli acquisti più costosi nella storia di Tottenham e Arsenal. Gli Spurs per Ndombélé hanno speso 70 milioni di euro, mentre i Gunnersi investirono 84 milioni di euro per rilevare il cartellino di Pepé dal Lille.

A conti fatti, non si può dire che i due giocatori abbiano ripagato le spese fatte perché si trasferissero in Inghilterra. Per ironia della sorte, è una situazione che riguarda anche gli altri colpi di mercato più costosi delle Big Six della Premier League – Manchester City, Manchester United, Liverpool, Chelsea, Arsenal e Tottenham. Tutti tranne uno: quattro anni e mezzo fa, infatti, il Liverpool ha speso 88 milioni di euro per comprare Virgil van Dijk dal Southampton. Inutile aggiungere altro, inutile ricordare quanto quel rinforzo sia stato decisivo per i successi della squadra di Klopp in patria e in Europa.

Il resto di questi affari top, però, ha seguito un copione simile a quelli di Ndombélé e Pepé. Nel caso del Manchester United, per esempio, Paul Pogba – per lui la Juventus ricevette 105 milioni di euro sei estati fa – non si è mai espresso ad altissimi livelli se non a sprazzi, e questa estate è tornato a Torino a costo zero. Ancora più negativa, se possibile, l’esperienza di Romelu Lukaku al Chelsea: un anno fa i Blues versarono 115 milioni nelle casse dell’Inter per riprendere il centravanti belga, che poche settimane fa ha rifatto lo stesso percorso all’inverso, con la formula del prestito. Nella sua unica stagione a Stamford Bridge, Lukaku ha segnato 15 gol in 44 partite di tutte le competizioni: non pochissimi, ma sicuramente meno di quanto si aspettassero i dirigenti dei Blues.

L’ultimo caso che resta da analizzare è quello di Jack Grealish, passato dall’Aston Villa al Manchester City un anno per 117 milioni di euro: il fantasista della Nazionale inglese ha vinto il titolo nazionale ma non ha vissuto una grande stagione, né a livello realizzativo – sei reti in 39 gare complessive – che dal punto di vista delle prestazioni individuali. Il giudizio su di lui resta inevitabilmente sospeso, visto che è rimasto a Manchester e che Guardiola sembra voler puntare su di lui, avendolo schierato titolare in tre gare su quattro in questo avvio di stagione. Visto com’è andata a tutti gli altri acquisti più cari delle Big Six, un miglioramento delle prestazioni sarebbe un’eccezione importante, l’interruzione di quello che sembra un vero sortilegio.