Mikhail Gorbachev, il calcio e la Nazionale CSI agli Europei del 1992

Alla fine del 1991, qualche anno dopo la Perestrojka e il Glasnost', l'Unione Sovietica si dissolse. Nel calcio occorse aspettare qualche mese in più.

Quello tra Mikhail Gorbachev e il calcio è stato un rapporto di influenza indiretta, anche se inevitabile. In realtà l’ultimo segretario del PCUS, morto poche ore fa a Mosca, non si è mai davvero autodenunciato come tifoso o appassionato di calcio: c’è una vecchia leggenda sul fatto che fosse un fan del Wigan, ma solo perché assistette a una partita della squadra inglese nel 1970; qualche giornale russo, invece, racconta di una sua passione mai resa pubblica per la Juventus, che nel 2008 lo avrebbe anche invitato per seguire dal vivo una gara di Champions League contro lo Zenith San Pietroburgo. Gorbachev, però, è stato il fautore – seppur involontario – della nascita della Nazionale CSI, acronimo di Comunità degli Stati Indipendenti, che ha partecipato agli Europei del 1992. Il processo politico di questo cambiamento, ovviamente, era iniziato molto tempo prima: con le politiche attuate a partire dalla sua elezione a segretario del PCUS e capo dell’Unione Sovietica (1985), le universalmente celebri Glasnost’ e Perestrojka, Gorbachev diede impulso alle spinte indipendentiste che il governo centrale – e autoritario – di Mosca aveva represso o comunque nascosto al resto del Mondo. La dissoluzione dell’Unione, tra dichiarazioni unilaterali d’indipendenza e colpi di stato falliti, si consumò a cavallo tra il 1990 e la fine del 1991: alle 18:35 del 25 dicembre 1991, la bandiera sovietica sopra il Cremlino fu ammainata e sostituita con il tricolore russo; poche ore prima, Gorbachev si era dimesso da presidente dell’Unione Sovietica e aveva dichiarato abolito l’ufficio. Da alcuni giorni, precisamente dall’8 dicembre 1991, la firma dell’Accordo di Belaveza – sottoscritto dai Capi di Stato di Bielorussia, Russia e Ucraina – aveva dato formalmente vita alla CSI, una sorta di Commonwealth a cui furono invitate – e a cui avrebbero aderito – anche tutte le altre repubbliche autonome nate dalla dissoluzione dell’URSS.

In tutto questo, il calcio aveva continuato a vivere, a scorrere: la Nazionale sovietica, ancora potenzialmente formata da atleti russi, ucraini e georgiani, da giocatori provenienti dalle nazioni baltiche come dal Turkmenistan e del Kazakistan, aveva conquistato la qualificazione agli Europei che si sarebbero svolti in Svezia nell’estate 1992. Nel girone di qualificazione, la vittima dell’URSS fu l’Italia di Vicini e poi di Sacchi: gli Azzurri pareggiarono due volte contro i sovietici, ma vennero sopravanzati in classifica a causa di altri due pareggi nefasti contro Norvegia e Ungheria. Fu un risultato deludente ma non clamoroso: in fondo l’URSS era una potenza del calcio europeo e mondiale, la Nazionale maggiore era reduce dal secondo posto a Euro 88 e quelle giovanili avevano vinto gli Europei del 1990 e avevano conquistato l’oro alle Olimpiadi di Seul del 1988.

Anche il calcio sovietico, però, fu inevitabilmente travolto dalla dissoluzione dell’Unione: a Mosca, nel gennaio 1992, esistevano due Federazioni che proponevano soluzioni molto diverse per continuare a scendere in campo, sia per i club che per la Nazionale. La prima idea fu quella di far sopravvivere il campionato dell’URSS, sostituendolo semplicemente con una lega della CSI. In pochi mesi, però, tutti si resero conto di quanto questa ipotesi fosse impraticabile, anche perché le velleità indipendentistiche dei vari Paesi spingevano anche sul calcio, sulla creazione di propri tornei domestici, per affermare la propria identità. Per quanto riguarda la Nazionale, invece, venne creata una selezione parallela composta solo da atleti russi, ma alla fine il presidente uscente della Federcalcio sovietica, Vyacheslav Koloskov, optò per creare una Nazionale della CSI, così da poter disputare il Campionato Europeo. Il fatto che Koloskov fosse ancora formalmente riconosciuto dall’UEFA come referente per l’intero sistema calcistico sovietico, lo aiutò sicuramente a portare a termine quest’operazione.

Le prime partite della Nazionale CSI risentirono molto delle idee anti-isolazioniste – e diciamo pure pacifiste – di Gorbachev: anche per motivi simbolici, l’esordio fu un’amichevole contro gli Stati Uniti giocata a Miami il 25 gennaio del 1992. In occasione della prima gara, come riporta questo articolo di QCodeMag, la nuova rappresentativa scese in campo esibendo la bandiera dell’Unione Sovietica e facendo risuonare il vecchio inno nel rituale prepartita: non c’era stato il tempo di pensare e preparare un’alternativa. Nei mesi successivi, la Nazionale CSI avrebbe giocato altre gare amichevoli, ma nel frattempo gli altri Paesi ex-URSS avevano già messo su le loro Nazionali: Georgia e Lituania si erano già scontrate tra di loro, poi toccò all’Ucraina.

La CSI si presentò agli Europei con una rosa composta in maggioranza da calciatori russi, 13 su 20. Il resto dell’organico, affidato al ct di origini russe-ucraine Anatoly Byshovets, era composto da cinque giocatori ucraini, un bielorusso e un georgiano. La bandiera con falce e martello fu sostituita da uno stendardo bianco con la scritta CIS, e la stessa intestazione fu ripresa sulla maglia – rimasta rossa come ai tempi dell’URSS. Quando partirono gli inni la sorpresa fu ancora più grande. Nessuna “unione indivisibile di repubbliche libere unite per sempre”, ma la Nona Sinfonia di Beethoven. Le prime tre gare del girone eliminatorio, contro Germania e Olanda, finirono con due buoni pareggi (1-1 e 0-0); agli ex sovietici sarebbe bastato battere la Scozia per raggiungere le semifinali, e invece l’ultima partita finì 0-3 in favore della squadra britannica. Quella contro la Scozia fu l’ultima partita giocata dalla Nazionale CSI. E non solo a livello senior: la Nazionale Under 21 non si era infatti qualificata agli Europei di categoria del 1992, e quindi non poté partecipare neanche alle Olimpiadi di Barcellona. Al termine di quell’estate, la rappresentativa venne sciolta e ai calciatori fu data la possibilità di scegliere per quale Paese giocare. Alcuni di loro scelsero la Russia pur avendo altre origini, ma questa è un’altra storia.