Nella foto che vedete in apertura c’è il capitano della Nazionale italiana di pallavolo, Simone Giannelli, che esulta e sorride e indica la faccia di suo compagno di squadra. Giannelli ha giocato una partita e un torneo sovrannaturali, non a caso ha vinto il titolo di miglior giocatore dei Mondiali, in finale ha trascinato gli Azzurri con la sua qualità fuori scala, la sua leadership, un carisma percettibile in ogni momento positivo o negativo della serata. Quello che sta indicando in foto non è nemmeno Daniele Lavia, il giocatore che ha segnato più punti (19) nella meravigliosa finale contro la Polonia giocata a Katowice, in casa della Polnia, davanti a 13mila tifosi bardati di bianco e rosso, un pubblico caldissimo ma non ostile nei confronti degli avversari – una grande lezione di civiltà per chi segue molti altri sport. Il volto che Giannelli sta indicando è quello di Alessandro Michieletto, schiacciatore, figlio d’arte – suo padre Riccardo ha vinto due scudetti con Parma all’inizio degli anni Novanta – e uomo-simbolo del nuovo corso del volley italiano.
No, nessuna esagerazione: anche se Alessandro Michieletto è nato il 5 dicembre 2001 – tre anni dopo l’ultimo titolo mondiale vinto dagli Azzurri – e quindi non ha ancora compiuto 21 anni, è da considerare come uno dei migliori giocatori della squadra più forte del mondo. E come uomo-copertina del volley del futuro, già oggi. Sono tutti dati oggettivi, lo dicono gli albi d’oro degli ultimi anni: la vittoria dell’oro iridato tra i grandi ha permesso a Michieletto di completare uno storico en plein, composto da Campionato Mondiale Under 19 (conquistato nel 2019) e Campionato Mondiale Under 21 (conquistato nel 2021). Solo altri quattro giocatori, in tutta la storia della pallavolo, sono riusciti a compiere la stessa impresa: si tratta di Nalbert Bittencourt e Leandro Vissotto, brasiliani, e dei polacchi Jakub Kochanowski e Bartosz Kwolek. A questi successi, Michieletto può aggiungere anche il titolo europeo conquistato un anno fa, sempre all’arena Spodek di Katowice.
L’importanza di Michieletto per la Nazionale, quindi per tutto il volley italiano, va oltre questi dati freddi. È una prossimità tecnica e persino generazionale, se vogliamo: contro la Polonia, esattamente come nelle gare precedenti, lo schiacchiatore di Trento è stato bravissimo a capitalizzare occasioni difficili con colpi potentissimi, al punto da far dimenticare – o quasi – l’unico difetto significativo del suo gioco, ovvero i movimenti non sempre perfetti a muro. Inoltre è sempre stato efficace pure in ricezione, un fondamentale su cui ha lavorato nella prima parte della carriera, vissuta da libero. Nella pallavolo di De Giorgi un giocatore di questo tipo riveste un ruolo fondamentale, è una specie di rifugio, un asso nella manica cui aggrapparsi nei momenti di maggiore difficoltà.
Gli highlights della finale, con un bel po’ di cose di Alessandro Michieletto
E poi, come detto, la sua figura è totemica per gli Azzurri, per un gruppo giovanissimo – tutti coloro che hanno iniziato la partita avevano un’età pari o inferiore ai 26 anni – che doveva avviare una transizione e invece ha vinto già moltissimo. Non a caso, viene da dire, è stato proprio Simone Giannelli a parlare di «squadra che si diverte e che può ancora migliorare, considerando quanto siamo giovani: potrebbe essere l’inizio di qualcosa di speciale, qualcosa di grande». Difficile pensare a cosa potrebbe ancora succedere, ma finora Michieletto e i suoi compagni hanno dimostrato di saper andare oltre i limiti, ogni volta di più.